La Tavola della Pace: via le truppe da Kabul


Umberto De Giovannangeli - L'Unità


Lotti: “Meno soldati e più cooperazione”. Salta la Perugia-Assisi.


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Una sfida a tutto campo. Progettuale, non ideologica. Fatta di proposte, non di anatemi. Una sfida alla politica ma anche alla società civile. «Tagliare la spesa militare e investire sulla cooperazione a tutti i livelli». Ritirare le truppe italiane in Afghanistan «ora e non nel 2014 per risparmiare 1.500 milioni di euro da destinare in parte alla società civile afghana». Ed ancora, «impedire la prossima guerra in Medio Oriente attorno all’Iran» e «modificare la legge delega di riforma dello strumento militare». Sono alcuni capisaldi dell’Agenda per la pace, presentata ieri a Roma dalla Tavola della pace, e rivolta al mondo della politica. «Serve un cambiamento profondo – rimarca il coordinatore nazionale della Tavola, Flavio Lotti – che può avvenire solo attraverso un cambiamento politico. In vista delle prossime elezioni politiche chiediamo un confronto con tutti coloro che si candidano a cambiare il nostro Paese». L’agenda della Pace, sostiene Lotti, servirà per aprire un dibattito con «persone diverse, che vogliono seriamente» prenderla in considerazione: «Ci rivolgiamo a tutti i partiti e agli attori nuovi senza distinzioni, purchè ci tengano veramente a questi temi».

Tra gli altri punti in agenda anche l’intervento diplomatico in Siria. La Tavola della pace, ha poi aggiunto Lotti, «quest’anno non organizzerà la marcia Perugia Assisi, ma andrà in missione di pace in Israele e Palestina, per dire all’ Italia che quei fatti ci riguardano direttamente». Una politica di pace all’altezza dei tempi significa anche ripensare il modello di difesa, l’idea stessa di sicurezza. La legge delega di riforma dello strummento militare «va modificata», perchè «è una riforma falsa e rischia di essere fatta per salvaguardare i privilegi delle gerarchie militari», sottolinea ancora Lotti. La riforma, aggiunge, «preoccupa, però, al momento, di più il ministro della Difesa Giampaolo Di Paola. A quanto apprendiamo – spiega – ci sarà una spending review numero tre che conterrà tagli anche per la difesa, che speriamo siano più alti di quelli che colpiranno gli altri settori. Quello che rimane, comunque tantissimo, non può essere usato per una falsa riforma».
Lotti ha quindi fatto presente che «la partita degli F35 è congelata, perchè non ci sono i soldi per portarla avanti. Oggi o i militari cambiano approcci o la guerra, come la intendono loro», proprio a causa della mancanza di fondi «non potranno più farla».
A «scrivere» l’Agenda è un arco amplissimo di associazioni, gruppi di base, sindacati, Ong: dall’Arci alle Acli, dalla Cgil alla Legambiente, dall’Assopace al Cipsi: la migliore espressione di un pacifismo consapevole, capace di coniugare idealità e concretezza. Alla base c’è la convinzione che «Non c’è pace senza una politica di pace. «Molti problemi – rimarca “l’appello al popolo della pace” – sono fuori dalla nostra portata. Ma quello che non possiamo fare in prima persona lo può e lo deve fare il nostro paese, l’Italia e l’Europa. L’Italia e l’Europa devono essere pienamente consapevoli delle sfide che ci investono a partire dal Mediterraneo e dal vicino Oriente e devono assumere una politica di pace e fratellanza, di disarmo e cooperazione fondata sulla promozione dei diritti umani, coerente con il progetto iscritto nella nostra Costituzione e nelle carte fondamentali dell’Europa e delle Nazioni Unite.
L’assenza di questa politica, il ripiegamento dell’Italia e dell’Europa ci stanno esponendo a seri pericoli e ci stanno facendo perdere grandi opportunità. Non ce lo possiamo permettere. Una fase della nostra storia deve essere chiusa per cominciarne un’altra. Costruirla dal basso è un dovere che ci dobbiamo e vogliamo assumere». Un impegno che chiama in causa la responsabilità personale. Nessuno può
chiamarsi fuori. «Istituzioni deboli e governi irresponsabili – rimarca ancora l’appello – lasciano sempre più soli davanti a problemi internazionali sempre più gravi e complessi. La crisi della politica e delle istituzioni, unita alla crisi dell’Europa e del modello economico neoliberista ci costringe ad accollarci una responsabilità maggiore. Se davvero vogliamo la pace dobbiamo essere disponibili a fare la nostra parte, con generosità e competenza. Partire da noi, da quello che possiamo fare in prima persona, nell’ambito delle nostre possibilità, ci consente di esigere con ancora più forza e autorevolezza il cambiamento che è sempre più urgente».
L’altra convinzione è che la pace è un bene prezioso, un bene comune, irrinunciabile e indivisibile. «O c’è per tutti o non c’è per nessuno. L’illusione di poter difendere la nostra “pace” negando o fregandosi di quella degli altri ci impedisce di agire insieme come dovremmo. Siamo ormai parte di una comunità europea, mediterranea, globale. Non ci sono più i “fatti nostri” e quelli “degli altri”. Per questo – ribadiscono le organizzazione che ogni anno danno vita al- la marcia Perugia-Assisi – dobbiamo impedire che la crisi ci renda ciechi e sordi davanti alle grandi sfide comuni che incombono. Per rispondere positivamente ai problemi delle persone bisogna agire contemporaneamente a livello locale e a livello mondiale. Altrimenti non ce la faremo». La sfida è lanciata. Sta ora ai partiti alle istituzioni, al Governo mostrare all’altezza.

Fonte: L’Unità
27 Settembre 2012

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