La rivolta delle feluche: Farnesina a rischio smantellamento
Umberto De Giovannangeli - L'Unità
I diplomatici confermano lo sciopero contro i tagli previsti dalla manovra. Il pericolo sedi, carriere e formazione: per noi risorse da Terzo mondo.
Farnesina in lotta. Il malessere si è trasformato in rabbia. La rabbia in sciopero. Il giorno è lunedì prossimo. Alla vigilia della VII Conferenza degli Ambasciatori nel mondo: una vetrina che rischia di trasformarsi nel «funerale della Farnesina». «Questa manovra è solo l’ultimo atto di anni di attacchi alle risorse della Farnesina. Perché già da diverse Finanziarie c’erano state imposte, come ministero degli Esteri, riduzioni considerevoli di risorse umane ed economiche, Il che ha significato negli anni la riduzione delle sedi all’estero», dice a l’Unità la ministra plenipotenziaria Cristina Ravaglia, presidente del potente Sndmae (Sindacato nazionale dipendenti ministero Affari esteri). Uno smantellamento camuffato da «razionalizzazione». «Noi siamo in linea di principio favorevoli all’ammodernamento della rete diplomatico-consolare all’estero – rileva Ravaglia – ma un ammodernamento vero, fondato su due criteri-guida: un piano razionale, che insieme a delle chiusure – che possono essere diventate opportune per il mutare delle situazioni geopolitiche – presenti delle aperture, reali e non solo annunciate, nei nuovi centri di interesse, come ad esempio la Cina, della nostra azione di politica estera». La realtà, però è un’altra. In ballo – rimarca in un documentato articolo il Cosmopolita (Agenzia di informazioni a cura della Fp Cgil Coordinamento Esteri – vi sono «questioni che riguardano il qui ed ora e non solo dei funzionari diplomatici (che avrebbero dovuto svegliarsi qualche anno fa…) ma di tutti i lavoratori degli Esteri condannati dalla “riforma” – e dalla Finanziaria – ad un declassamento di ruolo, di opportunità professionali e di remunerazioni del tutto ingiustificato perfino alla luce del concretamente misurabile apporto (con i visti) alle casse dello Stato. Così mentre il “mantra” del sistema Paese copre una ristrutturazione assurda e sgrammaticata ,singole professionalità vengono “liquidate” all’insegna della sostenibilità”. Accade così che vengano chiusi di fatto gli Uffici commerciali delle Ambasciate (i soli enti pubblici in grado di sostenere gli scambi e l’internazionalizzazione della nostra economia) ed il personale qualificato a questi addetto venga dislocato al “vistificio”». La mortificazione delle risorse umane. Altro capitolo dolentissimo. Spiega la presidente del Sndmae: «Essendo la carriera diplomatica per l’appunto una carriera, come tale ha bisogno di nuove assunzioni regolari, per far sì che ci possano essere progressive partenze per l’estero e rientri a Roma. Invece negli ultimi tempi i concorsi diplomatici non hanno avuto la necessaria cadenza annuale e adesso ci troviamo nella situazione che su posti vacanti all’estero, in particolare per giovani diplomatici, ne rimangono moltissimi deserti perché il numero dei possibili richiedenti è di gran lunga inferiore a quello dei posti disponibili…». Di male in peggio. Questa manovra – denunciano compatti i sindacati di categoria – taglia ulteriormente le risorse del Mae (Ministero Affari Esteri). «C’è un taglio lineare per tutti i ministeri – rileva Ravaglia – senza tener conto del fatto che ci sono strutture, come quella degli Esteri, che sono già ridotte al minimo ed efficienti…». Le cifre lo dimostrano senza ombra di dubbio: «Nell’ultimo quindicennio – rileva la Fp Cgili Coordinamento Esteri – l’Amministrazione degli Esteri ha visto scendere il già magro bilancio dallo 0,5% allo 0,2% in rapporto al totale della spesa pubblica, il che ci colloca non più ad un terzo dei Paesi sviluppati (con cui una volta si competeva) bensì al di sotto dei livelli di molti Paesi in via di sviluppo..». Incalza la presidente del sindacato delle feluche: «Siamo di fronte alla riduzione del 50%, rispetto al 2009, delle spese di missione. E per un’amministrazione come quella degli Esteri, le missioni sono parte integranti del proprio essere istituzionale». Non basta. «È stata ridotta del 50%, sempre rispetto al 2009, anche la dotazione per la formazione. Non si può – denuncia la ministra Ravaglia – partire per l’altra parte del mondo per lavorarci tre-quattro anni e non avere avuto un minimo di formazione». «Negli ultimi anni è costantemente in calo la percentuale del bilancio dello Stato e del Pil che vengono destinati all’amministrazione del Mae», afferma ancora Ravaglia. I dati sono incontestabili (Fonte: Annuario Statistico del MAE 2009) e tanto più preoccupanti se rapportati ad altri Paesi dell’Ue. Due esempi comparativi: incidenza Bilancio totale dello Stato destinato al Ministero degli Affari Esteri nel 2007: 0,23% (esclusa la Cooperazione allo sviluppo), In quello stesso anno: Francia: 1,01%, Germania: 0,93%, Regno Unito: 0,40%, Paesi Bassi: 0,94%, Spagna: 0,37%. Percentuale del Bilancio del Ministero degli Affari Esteri sul PIL (dato 2009): 0,11%. Confronti con l'estero (dati 2009): USA: 0,28%, Regno Unito: 0,15%, Francia: 0,14%, Germania: 0,13%, Paesi Bassi: 0,17%…, A passarsela male non è solo la «periferia» (le sedi e il personale all’estero», ma anche il «centro». Rileva con pungente precisione Il Cosmopolita: «Quanto al centro, ove con slancio “avanguardista” non già due Direzioni generali bensì cinque (ovvero quasi la metà dell’intera struttura) sono cadute anche in ossequio preventivo alla lungimirante mannaia del Ministro dell’Economia, è facile previsione concludere che neppure il sapiente organigramma che sottende all’intera operazione permetterà di uscirne con il successo auspicato dai “Commissari liquidatori”» E per quanto riguarda le dotazioni «operative» ( consolari, economiche, culturali) queste non raggiungono neppure il 3% dei magri bilanci complessivi: è dunque evidente che ogni servizio dipende dal volontarismo degli addetti..». Il risultato – rileva la Cgil esteri – è che quello che viene dipinto come «rinnovamento coraggioso e sostenibile», « altro non è che una dismissione di finalità, funzioni, professionalità: liquidazione della vera riforma formalmente varata un decennio or sono e mai ossigenata con risorse e talenti e neppure vivificata dall’auspicato e coordinabile decentramento (adottato da tutte le diplomazie moderne), ma – al contrario – mortificata da una velleitaria centralizzazione preoccupata soltanto delle compatibilità esterne, soprattutto quelle di carattere personale…». Dismissione strutturale. Dismissione di funzioni. «La funzione della politica estera – ricorda la presidente del Sndmae – è demandata al Ministero degli Affari Esteri dalla Costituzione, come esercizio della sovranità dello Stato. Il Mae deve essere messo nelle condizioni di poter svolgere questa funzione e di poterlo fare nell’interesse di tutti. Purtroppo sta diventando sempre più difficile». Quasi una «mission impossibile». Lo sciopero del 26 luglio ha tutto questo alla base: rabbia, frustrazione, attese mai ripagate, ma anche dignità e orgoglio di migliaia di persone che cercano ogni giorno di servire al meglio il Paese in ogni parte del mondo. Le feluche «scioperano contro la manovra economica, della quale non possono accettare quei tagli, alle risorse ed al funzionamento della loro carriera di servitori del Paese, che di fatto preludono allo smantellamento della Farnesina. Scioperano, quindi, per gli italiani al cui servizio sono istituzionalmente chiamati a lavorare». Sullo sfondo si «erge» (si fa per dire) la figura del ministro del «vorrei ma non posso», delle promesse non mantenute, dell’indignazione a scoppio ritardato: Franco Frattini. «Diciamo che la reazione dei vertici politici e amministrativi della Farnesina, è stata un po’ tardiva…», rileva, con diplomatica accortezza, la leader del Sndmae. Fuori dall’ufficialità, i giudizi espressi da diplomatici di lungo e breve corso sull’attuale titolare della Farnesina, sono molto più severe. Una bocciatura senza appello. Le promesse, come le bugie, hanno le gambe corte. Lo sciopero delle feluche lo testimonia.
Fonte: l'Unità
22 luglio 2010