La lobby delle armi
Mosaico di pace
Prosegue il nostro viaggio tra le violenze ingiustificate che negli Stati Uniti uccidono senza ragione. Chi muove le fila delle armi di piccolo calibro e del loro uso crescente?
Paul Arpaia (Storico, docente presso l’Indiana University di Pennsylvania)
La NRA (National Rifle Association, cfr box) e le altre lobby delle armi fanno magie, dentro e fuori i corridoi del potere politico. A spingere un uso ingiustificato delle armi, il loro commercio e la diffusione di una cultura di violenza sono palesemente le lobby, di varia natura, delle armi.
È molto probabile che tali lobby pro-armi abbiano cominciato, infatti, proprio con l’idea di promuovere una nuova cultura basata sulle armi e il loro uso per fare mass-marketing e per ampliare il mercato. Hanno cominciato con la strategia commerciale di produrre armi più letali e più economiche. Ma, creata l’offerta, avevano poi bisogno di crea-re la domanda.
Era una questione economica. Nel 1980, infatti, hanno sfruttato le paure della popolazione bianca dell’America nera e urbana, quella che Ronald Reagan chiamava la “bestia nera”, e che considerava la chiave di svolta per la sua coalizione di capitalisti di Wall Street, di conservatori bellici e di evangelici sostenuta dai bianchi poveri negli Stati del Sud e dell’Ovest. Insieme con la rivoluzione reaganiana, i film polizieschi e gli show televisivi hanno giovato alla strategia di marketing delle lobby delle armi. In più, queste ultime hanno usato molte astuzie pubblicitarie ideate ad hoc: hanno creato appositamente nuove linee di pistola per i bambini e per le donne; hanno pagato i produttori di videogiochi per far apparire le loro mercanzie nei videogames violenti; hanno convinto i proprietari di club sociali di fans di armi di mettere l’obbligo dell’iscrizione alla NRA per accedere ai loro clubs; hanno offerto gratuitamente l’iscrizione alla NRA agli agenti di polizia locale e polizze di assicurazione sulla vita a prezzi speciali ai poliziotti; hanno sponsorizzato squadre sportive; hanno sottoscritto concorsi di bellezza e indetto gare di auto da corsa; hanno creato legami stretti con le organizzazioni nazionali di ex-soldati; hanno distribuito adesivi che permettono ai soci di autoidentificarsi facilmente con altri membri della NRA. Hanno fatto sì che la NRA fosse una presenza riconosciuta anche nei posti più sperduti d’America.
Negli USA, soprattutto nelle zone rurali, questo ha contribuito a una vera trasformazione culturale delle armi e della violenza. Circa un secolo fa, gli americani, e soprattutto i bianchi poveri, hanno cominciato a fornirsi di armi in casa che, molto meno letali di quelle moderne, servivano per la caccia, per proteggere la produzione agricola e per sfamarsi. Così l’uso delle armi ha rafforzato un forte senso d’indipendenza e il mito dell’individualismo statunitense. Dalla fine degli anni Sessanta, tuttavia, le lobby pro-armi hanno seminato una nuova cultura moderna che si fonda proprio sulle armi, trasformandone il senso da un oggetto utile per la vita rurale in simbolo di pace, di patriottismo e di valori conservatori. Secondo questa nuova cultura, le armi sono diventate garanzia di ordine sociale. Inoltre, la minaccia del ricorso alle armi per risolvere i problemi, incluso quello della violenza estrema, è diventato, per i conservatori, una vera strategia per impedire che la sinistra politica riduca il campo di azione delle armi, ad esempio, approvando un divieto legislativo di armi semiautomatiche.
Il mito di un dio violento
È emersa una nuova cultura della violenza “giusta” che attribuisce un valore morale alle armi e considera legittimo il loro uso per difendere l’ordine sociale contro una minaccia democratico-liberale che, secondo questa nuova cultura, preserva i diritti dei criminali mentre ostacola quelli dei cittadini. Produttori d’armi hanno sollecitato i consumatori a esercitare il loro diritto costituzionale di portare armi con sé, per proteggere le loro famiglie dai criminali, il più delle volte, identificati nella psiche pubblica come neri e ispanici poveri provenienti dalle città.
Ancora più allarmante è il dato che, in questa nuova pseudo-cultura, le armi fanno parte di una fusione tossica dell’evangelizzazione cristiana – o di aree fondamentaliste del cristianesimo in America – con l’antistatalismo, il razzismo, il darwinismo sociale, il messianismo americano. Il diritto costituzionale di portare le armi si è trasformato, in senso religioso, in un dono della provvidenza divina per aiutare i cristiani a proteggersi dai criminali e dagli atei. Questa nuova religione laica sostiene che gli Stati Uniti avranno un ruolo centrale nell’avvento apocalittico di Cristo. Così, appartenere a un club sociale di fans di armi, partecipare a gare specifiche con gli amici e fare la caccia sono i nuovi riti di una strana forma di cristianesimo in cui un dio, iracondo e violento, come descritto qualche volta nel Vecchio Testamento, sostituisce Gesù Cristo, e il semiautomatico sostituisce la croce.
Si può trovare questa cosiddetta “America cristiana” in quasi tutti gli Stati statunitensi. Un’America che respinge l’altra, impersonificata da donne di sinistra (questo modello include le suore cattoliche dedicate al Vangelo sociale e le donne che lottano per l’accesso universale alla contraccezione), da persone di colore come Barack Obama, e dalla società statunitense urbana. Un’America pacifica considerata, invece, dall’America violenta solo una miscellanea di neri, di ispanici e di asiatici; di gay, di atei e di liberali; di classi colte e di umanisti laici.
Dopo la strage di Sandy Hook, Barack Obama ha coraggiosamente preso di mira questa cultura della violenza. Il primo passo, senz’altro, è quello di ridurre il gran numero di armi in America (ci sono tante armi in circolazione in America quasi quanti sono i suoi cittadini!). Ma non sono sicuro che ci possa riuscire. La minaccia di violenza da parte delle persone di estrema destra sta crescendo e la loro determinazione è forte. Ho paura che la memoria degli americani per ciò che è accaduto a Sandy Hook e ciò che sta accadendo nelle strade statunitensi, ogni giorno, avrà vita breve. Quanto tempo ci vorrà prima che svanisca il ricordo di questa strage, come sono svaniti i ricordi delle violenze perpetrate a Columbine High School (Colorado), a Virginia Tech University, in un tempio sikh a Oak Creek (Wisconsin), in un cinema ad Aurora (Colorado), in un angolo di strada in Tucson (Arizona), lungo il lago Ontario nella città di Webster (New York) e in innumerevoli altri luoghi a causa della violenza commessa con le armi in America?
I leaders della NRA hanno dichiarato, in alcuni dei loro incontri recenti, che contano sulla sparizione di Sandy Hook dalla nostra memoria collettiva. E il massacro dell’innocenza continua, e alcuni di noi si chiedono “Fino a quando, Signore, continuerai a dimenticarmi?”.
Fonte: www.mosaicodipace.it
luglio 2013