600mila afghani cacciati sotto le bombe Nato
Emanuele Giordana
Espulsi dal Pakistan in 6oomila in un Paese – il loro, che in molti non vedono da quarant’anni o non hanno mai visto – dove l’ennesimo raid aereo della coalizione alleata al governo di Kabul ha ucciso almeno 18 persone. Civili. In maggioranza donne e bambini.
Espulsi dal Pakistan in 6oomila in un Paese – il loro, che in molti non vedono da quarant’anni o non hanno mai visto – dove l’ennesimo raid aereo della coalizione alleata al governo di Kabul ha ucciso almeno 18 persone. Civili. In maggioranza donne e bambini.
Tra le due notizie, che hanno un tragico nesso, è difficile stabilire qual è la più grave: da una parte il Pakistan continua il suo programma di rimpatrio forzato di un milione di afgani, dall’altro, in Afghanistan, si continua a morire mentre il comandante della Nato e delle truppe Usa nel Paese, il generale statunitense John Nicholson, invoca più truppe – Nato e americane – e accusa Russia e Iran di appoggiare i talebani. Il risultato è quello di un innalzamento dei toni in questa guerra silente che nel 2016 ha mietuto più vittime da quando la missione Onu a Kabul (Unama) ha iniziato nel 2009 a tenerne il bilancio.
Ed è proprio un rapporto preliminare di Unama ad esprimere «grave preoccupazione» per i raid aerei che, tra il 9 e il 10 febbraio, avrebbero ucciso almeno 18 persone nel distretto di Sangin (Helmand); Resolute Support, la missione Nato in Afghanistan, avrebbe aperto un’inchiesta. Altre sette civili sarebbero invece stati uccisi dai talebani l’11 febbraio durante un attacco a militari afgani a Lashkargah, capitale della provincia. Sangin è una delle aree più guerreggiate e nel solo 2016 l’Helmand ha visto morire 891 civili, una delle percentuali più elevate della guerra. In un Paese dove l’anno scorso le vittime civili sono state oltre 11mila: 3512 morti (tra cui 923 bambini) e 7.920 feriti (di cui 2.589 bambini) con un aumento del 24% rispetto al periodo precedente.
Secondo Unama il raid è stato condotto da forze internazionali ma un ufficiale Usa confida ad Al Jazeera che i raid aerei sono peculiarità americana. Un altro funzionario afgano dice invece che i morti sarebbero molto più di 18, dopo un attacco iniziato alle tre del mattino (la stessa ora del famoso raid di Kunduz sull’ospedale di Msf) con un bombardamento «indiscriminato» in un’area densamente abitata. I raid della scorsa settimana in Helmand sarebbero stati una trentina. Nel suo ultimo rapporto sulle vittime civili, Unama indicava che i bombardamenti aerei – afgani e internazionali – sono responsabili del 5% delle vittime nel 2016 ma, rispetto al 2015, la cifra è raddoppiata: 250 morti e 340 feriti, il bilancio più elevato dal 2009. Forse per difetto.
E’ questo dunque il Paese della guerra infinita dove stanno tornando i rifugiati afgani che, dalla guerra contro l’Urss negli anni Ottanta, avevano cercato asilo nel Paese vicino. Ieri Human Rights Watch – la campagna di monitoraggio internazionale – ha denunciato che la campagna di espulsioni, iniziata nel luglio scorso, è già arrivata a quota 600mila e ha diffuso un video – con testimonianze agghiaccianti e postato qui sotto – di quest’esodo di massa che Islamabad vorrebbe completato in pochi mesi sino a raggiungere un milione di espulsi.
(a sinistra nell’immagine, un grafico che mostra il flusso di profughi afgani espulsi dalle autorità pachistane dal 2009. Fonte Hrw).
Ma il fatto già grave di per sé, lo è ancora di più dal momento che tra questi 600mila – in teoria afgani senza documenti quindi “illegali” – ci sarebbero 365mila profughi con lo status di rifugiati: «La più ampia campagna di espulsione di rifugiati – dice Hrw – degli ultimi anni». In un rapporto di 76 pagine – Pakistan Coercion, UN Complicity: The Mass Forced Return of Afghan Refugees – si documentano gli abusi di Islamabad ma anche «il ruolo dell’Unhcr nel promuovere l’esodo … che ne fa un complice degli abusi pachistani». L’Unhcr avrebbe pattuito 400 dollari a testa per “ritorni volontari” ma, dice Hrw, in una situazione di completa insicurezza. La stessa che si trovano ad affrontare gli afgani espulsi dall’Europa.
Intanto è stata resa nota la seconda iniziativa russa sull’Afghanistan, che si tiene a Mosca il 15 febbraio: è un incontro tra India, Russia, Iran, Pakistan, Cina e Afghanistan. E’ il secondo incontro ma al primo Kabul non era stata invitata. Sebbene i rapporti tra Trump e Putin sembrino ottimi, la notizia ha sollevato le ire americane, in particolare del generale Nicholson che, qualche giorno fa, ha detto al Congresso che Iran e Russia sostengono i talebani e che Mosca sta lavorando a «legittimarli». Il generale ha anche detto, riportava la stampa afgana, che occorrono più truppe perché la guerra in Afghanistan è a un punto morto e, per rompere il cerchio, dovrebbero essere dispiegati in Afghanistan migliaia di nuovi soldati americani e della Nato. Trump, che ha appena avuto una seconda telefonata col presidente afgano Ghani – e che in campagna elettorale era per il ritiro – potrebbe ascoltarlo.
Fonte: http://emgiordana.blogspot.it
14 febbraio 2017