La guerra di Gaza
Etgar Keret, Corriere della Sera
Dalle pagine del Corriere della Sera Etgar Keret, una delle voci piu’ significative della letteratura e del cinema in Israele, commenta gli scontri di Gaza prima del ritiro delle truppe israeliane avvenuto al’alba di lunedi 3 marzo. Nell’incursione israeliana, durata appena 50 ore, hanno perso la vita 76 palestinesi uccisi in due giorni e 111 nell’intera settimana di scontri.
La pagina iniziale del mio computer è un sito di notizie e ieri mattina, sabato, ogni volta che mi avvicinavo allo schermo per controllare l'ora non potevo non notare che il numero dei morti nella Striscia di Gaza in seguito all'operazione militare israeliana continuava a progredire a ritmo regolare e desolante, proprio come i minuti dell'orologio.
Dopo un quarto d'ora e altri 6 morti non ce l'ho fatta più e ho portato mio figlio di due anni a fare una passeggiata nel nostro quartiere di Tel Aviv. Il sole che splendeva aveva fatto uscire molti altri bambini e genitori equipaggiati con occhiali da sole, tricicli e passeggini per bambole. Che strano, ho pensato, nonostante Tel Aviv non sia molto distante da Ashkelon e da Sderot, e neppure da Gaza, non riesco a sentire boati di razzi Qassam che cadono sulle città israeliane o il rombo dell'incursione delle forze armate ma solo il cinguettio di uccellini in un'altra giornata primaverile arrivata con un po' di anticipo.
Quando sono tornato a casa lo schermo del mio computer proclamava che 35 palestinesi, 7 dei quali bambini, erano morti, e che Hamas aveva lanciato più di cento razzi sulle città israeliane. Quei 35 morti garantiranno forse la sicurezza delle città israeliane? Ne dubito. E i cento razzi lanciati da Hamas assicureranno la libertà al popolo palestinese? Ipotesi ancora più assurda.
Perché allora le due parti continuano su questa via? Hamas spara razzi per dimostrare ai suoi sostenitori che è attiva, piena di coraggio e di energia di fronte al nemico israeliano. Olmert reagisce aggressivamente per mostrare al pubblico dei suoi elettori che non se ne sta con le mani in mano mentre città israeliani vengono bombardate.
Tutti questi eventi, terribili e insensati, mi ricordano una barzelletta in cui un poliziotto vede un ubriaco che si trascina sotto la luce di un fanale. «Che cosa sta facendo? » gli domanda. «Cerco una moneta che ho perso» risponde l'ubriaco. «E dove l'ha persa esattamente? » insiste il poliziotto. «Sull'altro lato della strada» spiega l'ubriaco. «E allora perché la cerca qui?» si stupisce il poliziotto. «Perché qui c'è luce» replica l'ubriaco con un sorriso trionfante. E io mi domando quanta gente dovrà ancora morire prima che i nostri leader, ubriachi di potere, comincino a cercare la moneta dove c'è buio, nel punto in cui entrambi i popoli l'hanno persa da tempo, e non alla luce di razzi e ordigni esplosivi che non ci portano da nessuna parte e che non garantiranno la nostra sicurezza nemmeno di poco.
Traduzione di Alessandra Shomroni
FONTE: CORRIERE DELLA SERA
PUBBLICATO IL 3 MARZO 2008