La guerra del convoglio al passo di Khyber
Emanuele Giordana - Lettera22
Il punto di non ritorno è stato scatenato da un raid di elicotteri della Nato in territorio pachistano che, due giorni fa, ha ucciso alcune guardie di frontiera nella località di Mand-to-Kandao, ferendone diversi altri.
Il titolo dell'editoriale del quotidiano pachistano The Nation parla chiaro: “Per aiutare l'America, il Pakistan uccide se stesso”. La storia è antica e data dal 2001 quando Bush chiese a Musharraf, allora a capo del Paese, che il Pakistan prestasse agli Stati uniti lo spazio aereo per attaccare l'Afghanistan. Ma il tradimento da molti mai perdonato, storia infinita che sta per compiere undici anni, sembra in questi giorni arrivato al punto di non ritorno.
Il punto di non ritorno è stato scatenato da un raid di elicotteri della Nato in territorio pachistano che, due giorni fa, ha ucciso alcune guardie di frontiera nella località di Mand-to-Kandao, ferendone diversi altri. Ennesima violazione dello spazio aereo del Pakistan e, per trasposizione, della sovranità nazionale del Paese, il raid è stato la goccia che ha fatto traboccare il vaso. E che ha fatto decidere le autorità di Islamabad di chiudere nientemeno che il passo di Khyber, transito obbligato dei convogli che, da Peshawar, in Pakistan, portano vettovaglie, lucido da scarpe e carta igienica alle truppe americane e della Nato di stanza in Afghanistan.
La pazienza ha un limite, devono essersi detti a Islamabad prima di decidere una mossa estrema e dagli effetti dirompenti. E, in effetti, il raid era il terzo in una settimana e solo l'ultimo di una ventina compiuti nell'arco di un mese. Ora, i razzi intelligenti sparati dagli aerei intelligenti e senza pilota che vengono inviati dai conducenti telematici dal territorio dell'Afghanistan a far pulizia nei santuari di Al Qaeda o dei talebani nella “tribal belt” pachistana (l'area tribale della provincia settentrionale di Pakhtunkhwa, la vecchia Provincia della Frontiera del Nord-Ovest ribattezzata qualche mese fa in lingua pashtu), sbagliano spesso mira. A pagare di solito sono i civili. Ma questa volta si è andati oltre e il “fuoco amico” ha ucciso militari dell'esercito nazionale. Ma non è tutto. Non era un drone questa volta: non era il solito aereo intelligente ma senza pilota. Era un elicottero, o più elicotteri, con insegne Nato e con tanto di piloti intelligenti. Che hanno sbagliato mira.
La Nato promette un'inchiesta ma i pachistani non sembrano volerla aspettare.
Chiudere il passo di Torkham è un colpo basso ed è una coltellata che fa male. Certo non è un pugno di ore di chiusura che può mettere in crisi la Nato, ma Torkham è la iugulare attraverso cui passa la linfa vitale per i soldati, il grosso del trasporto “non letale”, come si dice in gergo, dalla carta igienica al lucido da scarpe appunto. Una chiusura di una settimana, per dirne una, metterebbe in seria difficoltà i furieri della Nato che non hanno molte altre strade per fare rifornimento. La via del Sud è una strada maledetta: varcare la frontiera a Spin Boladak è un gioco da ragazzi ma poi bisogna risalire attraverso le aree meridionali dell'Afghanistan, terra, oltre che di talebani, di taglieggiatori e malavitosi che lucrano sulle mazzette che i trasportatori devono pagare per fare arrivare la merce sana e salva. Poi c'è la strada dall'ex Urss ma per ora conta poco. L'Iran è off limits per ragioni ovvie. Dunque: Torkham.
Peshawar e Jalalabad, i due corni pachistano e afgano che si guadagnano transitando dal passo di Torkham, non sono lontane nemmeno cento chilometri: pendii ripidi e impervi ma pur sempre un'autostrada ottima per un tir. Nonostante la via del Khyber Pass, quella il cui baricentro è piazzato a Torkham, non sia delle meno avventurose (talebani e banditi non mancano nemmeno li), al momento rimane però la via maestra. Ecco perché controllare e chiudere il passo è un bel grimaldello. In mano a Islamabad.
Fonte: Lettera22
1 ottobre 2010