La fine dell’era Gbagbo vista dagli africani
Misna
I titoli della stampa africana rispecchiano bene i due sentimenti dominanti: “La corsa è terminata” per il maliano ‘Le Républicain’ e “Fine del regno per Gbgabo” secondo il quotidiano di Algeri ‘El Watan’.
Gioia e sollievo sono senz’altro le due parole che tornano con maggior frequenza sulla bocca degli africani a tre giorni dalla cattura del presidente uscente ivoriano Laurent Gbagbo che da più di quattro mesi non si era rassegnato alla sua controversa sconfitta elettorale a favore dello storico rivale, Alassane Dramane Ouattara.
“A Ouagadougou l’annuncio del suo arresto è stato accolto con un’esplosione di gioia, concerti di clacson e grida per le strade. Ci sono più di tre milioni di burkinabé che vivono in Costa d’Avorio. Ora speriamo che i prezzi alimentari e dei beni di prima necessità comincino a diminuire” dice alla MISNA padre Isidore Traogo, segretario generale della Caritas Burkina Faso. Da Cotonou, un esponente di spicco della società civile beninese, Urbain Amegbédji, riferisce di “un sentimento diffuso di sollievo tra la gente per una crisi che ha tenuto tutti col fiato sospeso. Sono in molti ad avere famigliari stabili nel paese del cacao, alcuni sono rientrati in patria senza niente e ora sono disoccupati. Il conflitto post-elettorale in Costa d’Avorio ha rappresentato per i paesi dell’Africa occidentale un peso oltre che economico anche umano”.
I titoli della stampa africana rispecchiano bene i due sentimenti dominanti: “La corsa è terminata” per il maliano ‘Le Républicain’ e “Fine del regno per Gbgabo” secondo il quotidiano di Algeri ‘El Watan’.
Per altri l’uscita di scena di Gbagbo rappresenta una buona notizia per la democrazia in Africa. “In futuro nessun capo di stato africano potrà azzardarsi a respingere il verdetto delle urne. Se avessimo accettato di mantenere Gbagbo al potere, non sarebbe nemmeno più valso la pena organizzare elezioni sul continente” ha detto il presidente senegalese Abdoulaye Wade, 85 anni, salito al potere nel 2000, come il suo omologo ivoriano. Per la ‘Dépèche diplomatique’ dopo la Tunisia, l’Egitto e la Libia, ora la Costa d’Avorio, “un segno che l’Africa dei presidenti è fallita” ma anche una manifestazione “dell’incapacità dell’Unione africana a fare rispettare i suoi principi”.
L’arresto di Gbagbo costituisce, secondo il governo di Gaborone, “un messaggio forte che ricorda che i crimini contro l’umanità non saranno più tollerati”.
Se in molti, come il sito ‘Guinee Conakry.info’, riconoscono che a provocare la ‘fine’ di Gbagbo sia stata “la sua stessa ostinazione a rimanere al potere”, per altri ‘Gbagbo il ragazzo di Gagnoa’ (sua città di origine, ndr) è “diventato il simbolo della resistenza alla comunità internazionale e alla Francia” scrive in Benin ‘La presse du jour’. Queste considerazioni aprono la porta a valutazioni positive o polemiche sull’intervento armato ad Abidjan di Parigi, presente nell’ex-colonia con 17.000 uomini della ‘Licorne’, il nome della missione di sostegno all’Onu dispiegata dal 2002.
Tra i difensori del sostegno dato dai francesi alle forze di Ouattara c’è il quotidiano burkinabè ‘l’Observateur Paalga’ che titola ‘Gbgabo arrestato, poco importa da chi’; seppur riconoscendo che “bisognava trovare una soluzione rapida a una situazione insostenibile, per alleviare le sofferenze degli ivoriani”, il giornale di Ouagadougou avverte che a 50 anni dall’indipendenza “si sta già manifestando il nuovo volto della Franciafrica”, cioè la stretta rete di rapporti più o meno leciti e trasparenti tra Parigi e le sue ex-colonie. Dello stesso parere è in Repubblica democratica del Congo il noto ‘Le Potentiel’ per il quale è in atto “un tentativo di ricolonizzazione dell’Africa” con mire economiche dell’Occidente sulle risorse naturali e con l’obiettivo di contrastare le potenze emergenti come Cina e India. Il ‘Cameroonvoice’ ricorda invece che dagli anni dell’indipendenza, tra il 1958 e il 1961, Parigi è intervenuta militarmente sul continente ben 40 volte.
Dal passato al futuro della Costa d’Avorio, i media africani tracciano un cupo ma realista ritratto del paese del cacao, individuando tra le sfide principali del neo-presidente Ouattara “la ricomposizione di un paese diviso dal potere uscente in tanti clan, tutto da riunificare e riconciliare” secondo il camerunense ‘Mutations’. Per altri come ‘Republic of Togo’, sito d’informazione governativo, urge “ristabilire l’autorità dello Stato, esercitare la giustizia in tutta serenità e ricostruire l’economia” messa in ginocchio da più di quattro mesi di crisi post-elettorale e dal precedente conflitto risalente agli anni 2002-2007. Però, secondo ‘l’Observateur Paalga’, uno dei prezzi da pagare per Ouattara è quello di “essere arrivato al potere grazie alla forza Licorne (…) in qualche modo Ouattara dovrà servire gli interessi francesi impersonati da multinazionali come Total, Bouygues e Bolloré: questa è la Françafrique!”.
Fonte: Misna.org
15 aprile 2011