La data fatidica


Santo Della Volpe - articolo21.org


Entro il 2011 gli americani ed ogni altro soldato straniero lasceranno l’Iraq agli iracheni: peccato che questa sia solo la proposta degli iracheni nel serrato confronto tra Baghdad e Stati Uniti.


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La data fatidica

Il premier iracheno Al Maliki ha rotto gli indugi e forzando la mano alla Casa Bianca ha rivelato la data fatidica. Entro il 2011 gli americani ed ogni altro soldato straniero lasceranno l’Iraq agli iracheni: peccato che questa sia solo la proposta degli iracheni nel serrato confronto tra Baghdad e Stati Uniti. Che infatti si sono affrettati a smentire dicendo che  non esiste nessuna intesa, che quella data è contenuta in una bozza perché, ha subito replicato il portavoce della Casa Bianca, ”non è stato finalizzato un accordo”. E qui , a Baghdad, nel precario equilibrio politico tra le fazioni, sciite, sunnite e curde; mentre la guerra continua, solo pochi giorni fa ci sono stati 25 morti per un’auto bomba con l’agghiacciante scoperta di una ragazzina kamikaze a soli 15 anni, la polemica sul ritiro americano è rimbalzata in una opinione pubblica  sempre più stressata, quasi rassegnata.

La mossa del governo iracheno ha però spiazzato gli americani che pochi giorni fa, qui a Baghdad con Condoliiza Rice, avevano dato l’annuncio a sorpresa di un primo ritiro nel giugno 2009, prima data ufficiale accettata dalla Casa Bianca. Ma era solo l’annuncio di un ritiro dei 160mila soldati americani nelle loro basi in Iraq, lasciando il pattugliamento delle città agli iracheni. Per il ritiro totale, forse il 2013 e solo dopo una accurata ricognizione dei pericoli, dicevano. Cioè nessuna data certa per far tornare a casa tutti gli americani.

Al Maliki non  ci sta, non vuole un annuncio ad effetto solo elettorale americano, dicono i collaboratori del premier iracheno. E così è uscito alla scoperto costringendo il Pentagono e la Casa Bianca ad una immediata smentita.

In realtà i problemi aperti sono ancora tanti, soprattutto sul tema spinoso dell’immunità dei soldati americani per i reati commessi in Iraq che il governo di Al Maliki non vuol concedere, pressato com’è dal  Parlamento iracheno. Gli americani, però, su questo punto hanno detto che non cederanno mai, così come di fronte alla richiesta delle autorità irachene di essere preventivamente  avvisati  per un parere vincolante, ogni qual volta gli americani volessero muovere i loro soldati dalle basi per operazioni di ogni genere.  

E poi ci sono i “contractors”, cioè i soldati mercenari che oggi in Iraq sono più numerosi dei 160mila soldati Usa: anche per loro gli americani hanno chiesto  l’immunità, cosa che non è piaciuta al Parlamento iracheno. Che fare? La casa Bianca anche se ha fretta di dare in pasto agli elettori una data di ritiro che smorzi la campagna elettorale  dei democratici, non può che smentire ogni accordo.

 E così le date si moltiplicano come le polemiche , mentre la legge sul petrolio è ancora da venire e l’unico accordo duraturo di sfruttamento petrolifero per ora stilato dal governo di Al Maliki  è stato sottoscritto pochi giorni fa ma con i cinesi e per ben 3 miliardi di dollari.

 La base nella base
“Cosa penso del ritorno a casa dei soldati americani? Spero che sia vero, ma non credo che avvenga presto. C’è ancora molto da fare” Base americana  di Prosperity nel cuore di Baghdad, il soldato Anderson si toglie  la pesante “armatura” difensiva e ci parla, a fatica, delle date del loro disimpegno dall’Iraq, ora in mano alla diplomazia ed alla politica: qualcosa cambierà  con il nuovo presidente? Gli chiediamo prendendola alla lontana: Anderson sorride, lui si sente autorizzato a parlare perché è del Delaware, lo stato del senatore Biden, il vice scelto da Obama.

Per il sergente Bryan, cambierà poco, il soldato  resta soldato, “noi facciamo il nostro lavoro”, dice; ma per il soldato Brown, che è  di pelle nera, il sorriso che copre la fatica parla più del suo disimpegno dalla domanda.”Chissà quando torneremo, ma prima o poi dovremo tornare a casa” chiude con filosofia. Poi salta sul suo MRAP da 600mila dollari l’uno, corazzato ed armato da ogni lato. La colonna riparte per il pattugliamento .

Inutile insistere con le domande:  ogni giorno muoiono in Iraq da 2 ad 3 soldati Usa, per loro la vita resta una lotteria. Ogni soldato spera che  non tocchi a lui: ma la guerra continua e la statistica allunga la lista dei morti.

Ci sono voluti 4200 soldati statunitensi morti per capire che bisogna comunque  chiudere questa tragedia. E chi sa  mai quando si arriverà al ritorno a casa da un lato, alla fine degli scontri tra milizie e delle auto bomba dall’altro .E ci sono più di 500mila civili iracheni morti che pesano su questa guerra che aspetta ora che la diplomazia metta una data limite alla scia di sangue nella polvere.

Fonte: Articolo21

4 settembre 2008

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