La bufera birmana si abbatte (anche) sull’Italia


Emanuele Giordana - Lettera22


Continua la protesta dei monaci buddisti birmani che ieri hanno marciato sotto la pioggia a Rangoon. Ma un tifone d’altro tipo si abbatte su Roma quando si viene a sapere che il nostro paese, in barba alle raccomandazioni dell’Unione europea, ha organizzato e finanziato la partecipazione di funzionari birmani a un corso di formazione in diritto umanitario e diritti umani a Sanremo. Che ora la Cisl chiede di sospendere con urgenza

Nella foto Than Shwe, il capo della giunta birmana.


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La bufera birmana si abbatte (anche) sull'Italia

Mentre al terzo giorno della loro protesta non violenta almeno un migliaio di monaci hanno marciato ieri sotto la pioggia per le strade di Rangoon, una bufera birmana ha investito il governo italiano. Bufera politica ovviamente e originata, paradossalmente, da una cosa buona: la mozione votata alcuni giorni fa al Senato di condanna della giunta birmana. Ma che nascondeva una pessima notizia: e cioè che l'Italia, in barba alle raccomandazioni dell'Unione europea, ha organizzato e finanziato, per il prossimo ottobre, la partecipazione di funzionari birmani a un corso di formazione in diritto umanitario, diritti umani e diritto dei conflitti armati presso l'Istituto Internazionale di Diritto Umanitario di Sanremo.
Apriti cielo quando la sindacalista della Cisl Cecilia Brighi, uno dei più accreditati cani da guardia sulle nefandezze della giunta birmana, legge il resoconto dell'intervento al Senato del sottosegretario Donato di Santo in cui si dà conto dell'appuntamento di Sanremo. Brighi prende carta e penna e scrive a Gianni Vernetti, responsabile politico per l'Asia alla Farnesina: “sconcerto e sorpresa” per le parole pronunciate dal collega. Sia per la richiesta di “indebolimento di parti politicamente importanti della bozza di mozione” (presentata da Albertina Soliani e da altri settanta senatori e la cui approvazione viene comunque “molto apprezzata” dalla Cisl), ma soprattutto per quel passaggio sul “corso di formazione in diritto umanitario” a cui funzionari della giunta sono stati invitati. Secondo la Cisl dunque, nelle parole dell'emissario del governo, non c'era solo una “valutazione riduttiva della gravità della situazione” in Birmania che, a parere del sindacato, la Farnesina sembra “trascurare”, ma una patente “violazione” dei “principi e dello spirito” della posizione comune europea. E' facile immaginare che Brighi si riferisca alle sanzioni decise tra l'altro già diverso tempo fa e che prevedono, se non ricordiamo male, il divieto ad ospitare nei paesi Ue funzionari della giunta militare con un grado superiore a caporale. E' facile immaginare che quelli invitati a Sanremo abbiano un profilo un tantino più elevato. E infatti la lettera firmata dalla responsabile Asia del dipartimento internazionale della Cisl chiede che “in considerazione dei tempi stretti e della gravità della situazione” venga sospesa con urgenza organizzazione e finanziamento da parte dell’Italia “di qualsiasi programma di formazione di funzionari della giunta militare”.
La protesta dei “mantelli porpora” intanto continua nella Birmania dei governanti in divisa che, nei giorni scorsi, non hanno esitato a usare i gas e a caricare ed arrestare alcuni monaci che, da lunedi, hanno iniziato in varie città e centri minori del paese una sorta di “boicottaggio” del regime, attuato con preghiere e sfilate pacifiche che coinvolgono però migliaia di monaci a cui si associano, sempre di più, anche normali cittadini. Il sito della rivista Irrawaddy – sempre ben informato sulla situazione nel paese di cui è al corrente da fonti dirette – testimoniava ieri di un'ennesima marcia a Rangoon, la città più importante del paese. Almeno un migliaio di mantelli porpora hanno sfilato nel centro circondati da un cordone di studenti e cittadini che, tenendosi per mano, facevano da “servizio d'ordine” – diremmo noi – per proteggere i sacerdoti del verbo buddista. Durante la manifestazione, che si è conclusa senza incidenti nel pomeriggio, i monaci hanno esibito bandiere religiose ma anche ciotole per l'elemosina rovesciate, a significare che i monaci non vogliono nessun supporto da un regime che non riconoscono come governo legittimo e che l'altro ieri, in un discorso pubblico davanti a diecimila persone, un monaco di Rangoon ha accusato di essere “retrogrado” e responsabile della sofferenza e della povertà dei birmani. La marcia, iniziata alla pagoda di Shwedagon, si è conclusa, passando sotto le ex ambasciate di Stati Uniti e Regno Unito, alla grande pagoda di Sule. Mascherati tra la folla o passeggeri di auto civili, le forze di sicurezza si sono limitate a filmare e scattare fotografie.

Pubblicato il 21 settembre 2007 su www.lettera22.it e sul Manifesto

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