L’uragano Wikileaks si abbatte sul mondo
Maurizio Molinari
Fra i diplomatici Usa impegnati nell’operazione antiWikileaks il più esplicito è l’ambasciatore a Oslo Barry White: “Nei documenti ci sono giudizi molto schietti su leader e partiti politici stranieri”.
Politici russi e afghani corrotti, aiuti turchi per Al Qaeda in Iraq, relazioni pericolose con i guerriglieri curdi, giudizi al vetriolo su Israele e opinioni schiette sui leader alleati.
E’ solo l’anticipo di oltre due milioni di documenti Usa top secret che Wikileaks si appresta a pubblicare, ma basta a mettere in subbuglio le cancellerie di mezzo mondo, Italia inclusa.
Tutto nasce da un twitter con cui il sito Internet fondato dall’hacker australiano Julian Assange ha svelato l’imminente pubblicazione di un numero di verbali diplomatici classificati del Dipartimento di Stato «sette volte superiore a quello dei documenti sull’Iraq» che furono oltre 400 mila. La task force del Pentagono che sorveglia le mosse di Assange non ha tardato ad appurare la fondatezza dell’indiscrezione e di conseguenza il Dipartimento di Stato ha iniziato, a partire da lunedì, a contattare «governi partner e alleati per metterli al corrente di quanto potrebbe avvenire» come spiega Philip Crowley, portavoce di Hillary Clinton. Sebbene Washington non abbia idea di quali verbali Wikileaks renderà pubblici «fra la fine di questa settimana e l’inizio della prossima», la scelta è stata di chiamare dozzine di capitali per metterle al corrente dei contenuti più imbarazzanti, in genere scritti dal personale delle ambasciate all’estero. Sono state queste telefonate a innescare il turbine di rivelazioni che ha messo a soqquadro la comunità internazionale perché i contenuti delle conversazioni preventive sono in parte trapelati.
Per il giornale arabo alHayat, di base a Londra, Wikileaks si avvia a svelare che la Turchia ha agevolato i movimenti di Al Qaeda in Iraq mentre gli Stati Uniti hanno sostenuto i ribelli curdi del Pkk in uno scambio di «relazioni pericolose» con movimenti di guerriglia che forse spiegano perché l’ambasciatore Usa a Baghdad, James Jeffrey, si dica «molto preoccupato per la nuova fuga di documenti». Portavoce di Ankara e Washington si sono precipitati a smentire al-Hayat con una foga che ha reso più credibili le indiscrezioni. In Israele è stato Yedioth Aharonot, il giornale più diffuso, a far sapere che il Dipartimento di Stato ha contattato l’ufficio del premier Benjamin Netanyahu per preavvertirlo sui contenuti delle note scritte dall ’ a m b a s c i a t a Usa a Tel Aviv, lasciando intendere che potrebbero contenere giudizi non in linea con le relazioni di alleanza fra i due Paesi.
Ma ciò che Washington sembra più temere sono le rivelazioni sui nomi di politici stranieri di cui si parla nei documenti. Inerenti in alcuni casi a episodi di corruzione, come in Russia, Afghanistan, Pakistan e Asia Centrale. Per il quotidiano moscovita Kommersant i documenti più scottanti riguarderebbero colloqui avuti da diplomatici americani con politici russi fra il 2000 e il 2010 proprio su fatti di corruzione. Altrettanto spinoso è il capitolo dei giudizi espressi sui leader di Paesi alleati. Di questo i diplomatici Usa hanno parlato al telefono con i colleghi di Gran Bretagna, Canada, Australia, Norvegia, Danimarca e anche Italia. «Ci hanno preavvertito sui possibili contenuti, ma non è il caso di fare speculazioni prima della fuga di notizie» ha detto Steve Falde, portavoce di Downing Street, disponendo tuttavia subito appositi briefing per i direttori delle principali testate nazionali al fine di proteggere «l’interesse nazionale».
A Roma il ministro degli Esteri Franco Frattini ha parlato di «possibili ripercussioni negative per l’immagine internazionale sull’Italia» precisando di aver saputo da Washington che «si tratta di migliaia e migliaia di documenti sui quali loro non commenteranno», mentre «il responsabile della fuga di notizie è stato arrestato» nella persona dell’analista di intelligence Bradley Manning. Per Frattini alcuni testi riguarderebbero «scenari» sulla politica italiana. L’ambasciata Usa a Roma ha confermato i contatti intercorsi fra il Dipartimento di Stato e Frattini ripetendo il copione delle altre sedi diplomatiche, protagoniste di un’offensiva di «pr preventive» nel tentativo di neutralizzare in anticipo il nuovo siluro in arrivo da Assange, le cui ultime tracce vengono dalla Svezia dove è inseguito da un nuovo mandato di cattura per stupro, molestie sessuali e coercizione illegale di terzi.
Fra i diplomatici Usa impegnati nell’operazione antiWikileaks il più esplicito è l’ambasciatore a Oslo Barry White: «Nei documenti ci sono giudizi molto schietti su leader e partiti politici stranieri». E forse è proprio questa verità nascosta che preoccupa così tanti alleati di Washington.
Fonte: La Stampa
27 novembre 2010