L’ultimo giorno a Gaza
Junko Terao
L’esercito israeliano finisce il ritiro lasciando dietro di se 1300 vittime. Roma offre carabinieri per presidiare il valico tra Egitto e Gaza e navi della Marina per pattugliare le acque.
L’ultimo soldato israeliano ha lasciato la Striscia di Gaza all’alba di ieri, il ritiro di Tsahal è completato ma l’allerta rimane alta. Le truppe sono adesso stanziate al di là del confine, pronte a rientrare in azione in caso di nuovi attacchi, gli aerei spia continuano a sorvolare il cielo di Gaza e le imbarcazioni della Marina navigano lungo le coste. Una tregua flebile che per ora tiene, ma che toccherà assicurare. La diplomazia, con a capo l’Egitto, si sta muovendo in questo senso ma l’impegno internazionale, adesso, deve fare i conti anche con la ricostruzione.
“Piombo Fuso” ha lasciato dietro di sé 1300 morti palestinesi, migliaia di feriti, altrettante case distrutte e infrastrutture gravemente danneggiate. Ma “finchè non si permetterà l’ingresso dei materiali edili nella Striscia, non potrà iniziare nessuna ricostruzione”, ha dichiarato il capo dell’umanitario delle Nazioni Unite, John Holmes. Finora Israele ha infatti acconsentito solo al passaggio di beni di prima necessità, come cibo e medicinali, ma calcestruzzo e altri materiali sono ancora banditi. Un appello alla riapertura dei valichi è arrivato ieri a Tzipi Livni dai ministri degli Esteri dell’Ue: “Tutte le cose sono pronte, ma ora abbiamo bisogno di entrare. Questa è la nostra priorità”, hanno dichiarato.
Ieri, da Sharm el Sheik, dove il ministro degli Esteri Frattini ha incontrato il presidente Mubarak, è arrivata la notizia di una conferenza, da tenersi in Egitto in data da destinarsi, che verterà proprio sulla ricostruzione. Frattini ha rivelato che l’Italia sarà tra gli invitati, in quanto presidente di turno del G8. Al summit parteciperanno anche l’Ue, l’Onu, la Banca Mondiale e la Norvegia , coordinatore del gruppo dei donatori per la Palestina. Chissà se ci saranno anche gli Usa di Obama, dopo “l’impegno per la pace” che il neo presidente ha espresso ieri.
Il capo della Farnesina ha discusso con Mubarak del ruolo dell’Italia nel dopo-Piombo Fuso. Carabinieri per presidiare il valico tra Egitto e Gaza e navi della Marina per pattugliare le acque: è quanto offre l’Italia al Cairo, eventualmente nell’ambito della missione europea Eubam, ora sospesa, la cui ripresa sarà possibile “solo se a Gaza torna l’Anp”, ha riferito Frattini, aggiungendo che anche l’ipotesi di una missione Nato a comando italiano è “un’idea su cui si può ragionare”.
Intanto la popolazione, stremata, aspetta e fa i conti con la minaccia degli ordigni inesplosi. Ieri, in un appello diffuso attraverso i media arabi, il portavoce di Tsahal ha raccomandato ai civili di “non avvicinarsi agli oggetti sospetti”. L’esercito israeliano ha anche deciso che non renderà noti i nomi e le foto degli ufficiali impegnati nell’operazione: un tentativo di salvaguardare i suoi, visto che le richieste di processarli per crimini di guerra davanti a un tribunale internazionale sono state avanzate da molte parti. Denunce, per Israele “del tutto prive di fondamento”, sono arrivate anche per il sospetto uso di proiettili all’uranio impoverito: è il contenuto di una lettera che un gruppo di ambasciatori arabi ha consegnato all’Aiea, l’agenzia per l’energia atomica, che, ha fatto sapere, “indagheremo sulla questione”.
Fonte: Lettera22
22 gennaio 2009