L’Italia dei diritti umani… negati
Bruna Iacopino
Come sta messa l’Italia in materia di difesa e promozione dei diritti umani? Secondo il rapporto elaborato dal Comitato per la promozione e protezione dei diritti umani, si potrebbe senza dubbio affermare: “ per niente bene…”
Come sta messa l'Italia in materia di difesa e promozione dei diritti umani? A scorrere il lungo rapporto elaborato dal Comitato per la promozione e protezione dei diritti umani che aggrega ben 83 membri, (tra ONG e associazioni, tra cui anche Articolo21) e presentato ieri presso la sede della FNSI, si potrebbe senza dubbio affermare: “ per niente bene…” A un anno esatto dal recepimento delle raccomandazioni da parte del Consiglio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani nell’ambito della Revisione Periodica Universale (UPR) , infatti, il nostro paese nulla ha fatto per migliorare la situazione e rispondere almeno in parte alle sollecitazioni. E, questo lassismo, denuncia il Comitato, risulta ancora più grave se si pensa che le stesse raccomandazioni non sono mai state neanche tradotte in italiano… una carenza a cui il rapporto ha cercato di porre rimedio divulgando una traduzione “ non ufficiale”; per la serie: “ qualora ve ne foste dimenticati, ci pensiamo noi!”. E infatti ci pensa il comitato, e il suo team scientifico a enucleare nelle 150 pagine del rapporto in questione i punti deboli di un paese che a breve tornerà a far parte dei 47 Stati membri del Consiglio dell'Onu per i diritti umani per il prossimo triennio, ma che, contrariamente ad altri paesi, non è stato ancora in grado di dotarsi di un organismo indipendente che risponda allo scopo, nonostante le proposte di legge avanzate e pendenti in Parlamento. L'elenco delle carenze è tuttavia lungo, fin troppo per riuscire ad essere condensato in queste poche righe… Fra i capitoli più spinosi vi è senza ombra di dubbio quello riservato all'immigrazione, dalle norme varate in termini sempre più restrittivi, al vuoto legislativo che continua a pesare sui richiedenti asilo, fino ad arrivare ai fenomeni di razzismo e xenofobia, fenomeni rispetto ai quali, ricorda il comitato nel rapporto, il nostro paese aveva adottato nel 2006 un piano d'azione nazionale. Nota a parte quella dedicata a rom e sinti, minoranze di fatto ma mai riconosciute formalmente. E che dire poi delle condizioni dei detenuti nelle carceri italiane? Una situazione esplosiva e rispetto alla quale nulla si sta facendo nel concreto? Anzi, i detenuti che osano protestare in maniera non violenta usando lo sciopero della fame vengono addirittura trasferiti in termini punitivi, ha denunciato nel corso della conferenza stampa, Patrizio Gonnella. E anche qui si introduce però l'ennesimo vuoto legislativo: il codice penale italiano continua a non contemplare il reato di tortura, sebbene un passo avanti sembra essere stato compiuto, come riportato dall'Agenzia radicale, proprio nella giornata di ieri: “…è stato discusso in Parlamento il disegno di legge inerente l’adeguamento delle norme italiane allo Statuto della Corte Penale Internazionale e, su richiesta dei deputati Radicali, è stata accolta all’ordine del giorno la proposta di introduzione nel codice penale del reato di tortura. Di conseguenza, il Governo dovrà predisporre un adeguato disegno di legge in merito, nel più breve tempo possibile.” E come non parlare poi delle discriminazioni di genere o legate a un diverso orientamento sessuale…? Ce n'è insomma per tutti i gusti, fino ad arrivare al capitolo che riguarda più da vicino Articolo 21 nello specifico, rappresentato presso il comitato da Tana De Zulueta. La libertà di informazione nel nostro paese è minacciata da più parti, ricorda il Consiglio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani… conflitto di interessi, concentrazione mediatica e criminalità organizzata sono le spine nel fianco della libertà di informazione, eppure anche rispetto alla protezione dovuta ai giornalisti minacciati nulla ha fatto questo Governo, commenta Roberto Natale. Anzi, sottolinea il presidente della FNSI, è riuscito a fare di peggio stabilendo con una circolare che i giornalisti “non possano entrare nei Cie (Centri di identificazione ed espulsione) e nei Cara (Centri accoglienza richiedenti asilo)…” Un panorama dunque disarmante rispetto al quale però, il Comitato si pone a mo' di sentinella cominciando con l'invitare il Governo a preparare, “seguendo l'esempio di altri paesi dell'Unione Europea, un Rapporto di follow up a medio termine, per poi “inviarlo all'Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani e promuovere così la diffusione in Italia dei contenuti delle raccomandazioni e del meccanismo di Revisione Periodica Universale in modo da informare i cittadini e favorire il dibattito pubblico su questi temi. ” Il rapporto presentato ieri sarà solo il primo di una lunga serie. Il dialogo è aperto, l'interlocutore ( le istituzioni) sarà in grado di rispondere?
Fonte: www.articolo21.info
10 Giugno 2011