L’addio a Vik, per restare umani
La redazione
Si è trasformato in una manifestazione laica l’ultimo addio a Vittorio Arrigoni. Le parole della madre e il testo letto e sottoscritto da diverse organizzazioni italiane e internazionali durante il funerale.
Il funerale: In centinaia nella palestra dedicata a don Guanella, in centinaia fuori sul prato. Si è trasfomato in una manifestazione laica l'ultimo addio a Vittorio Arrigoni, il pacifista dell'International Solidarity Movement rapito e ucciso a Gaza. Una manifestazione partecipata, commossa e composta. La Protezione civile è dovuta intervenire per distribuire l'acqua: il sole ha baciato per tutta la giornata il paesino nel lecchese. Fuori dalla palestra sono stati sistemati altoparlanti per permettere a tutti di seguire la cerimonia. Concelebrante l'arcivescovo di Gerusalemme Hilarion Capucci. "Per noi Vittorio è un martire, un eroe e un santo, come un vescovo che ha difeso il suo gregge e il suo gregge era il popolo palestinese", ha detto a conclusione del rito religioso dei funerali di Vittorio Arrigoni. "Porto il cordoglio del presidente palestinese – ha aggiunto – In questo momento in Palestina per Vittorio si stanno celebrando due messe solenni".
Pullman sono partiti da varie parti d'Italia, ma nel paesino originario di "Vik utopia" sono arrivati anche i suoi amici da Francia, Irlanda, Inghilterra. E tantissimi palestinesi, soprattutto giovani come lui – Arrigoni aveva 36 anni – che hanno voluto rendere omaggio a una voce libera e forte, che aveva fatto della Palestina la sua ragione di vita. Dentro alla palestra, dove si sono svolte le esequie religiose, soltanto la bandiera della pace. La famiglia aveva già detto che Vittorio non avrebbe voluto nessuna bandiera sulla sua bara. Sul feretro c'erano solo il suo cappello, un ramoscello d'olivo e una copia del manifesto. Ma fuori, nel cortile antistante la palestra, sventolano a decine le bandiere palestinesi. E sono anche tanti gli striscioni. Il più grande, scritto a mano, porta la frase che Vittorio aveva detto avrebbe voluto vedere sulla sua lapide "quando morirò, tra cento anni". E' una frase di Nelson Mandela: "Vincitore è il sognatore che non smette di sognare".
Le parole della madre: Neanche una autorità ha partecipato al funerale di Vittorio, rapito e ucciso da un gruppo estremista. Come non era presente alcuna rappresentanza orgnizzata della sinistra o del sindacato. Per quanto riguarda le istituzioni, la presenza si è fatta sentire soltanto a livello locale: dal prefetto a tutti i sindaci dellza zona, che hanno raccolto l'invito della famiglia e invece di inviare fiori hanno raccolto soldi per aiutare la popolazione palestinese, in particolare è stato "adottato" un asilo di Gaza. Alla fine della cerimonia, la parola è stata presa da Egidia Beretta Arrigoni, la mamma di Vittorio – è anche sindaco di Bulciago – che in questi giorni è stata la voce forte e ferma della famiglia, composta anche dal padre Ettore e dalla sorella Alessandra: "Gaza è stato l'ultimo approdo di Vittorio – ha detto – ma la Palestina lo aveva chiamato da molto tempo. A ogni ritorno cresceva l'indignazione ma anche la consapevolezza che la sua casa era là. Quando Israele gli impedì di rientrare da terra lui ci tornò via mare e ci rimase per essere la voce dei senza voce. Non è un eroe né un martire, è un ragazzo che credeva davvero che i diritti umani sono universali e che l'ingiustizia va raccontata perché nessuno di noi, persi nel mezzo delle nostre comode vite, un giorno possa dire io non c'ero, io non sapevo. La sua è una scelta radicale e non violenta che spinge tutti noi a diventare attivisti. Noi non immaginavamo, non sapevamo in quanti di voi lo amaste in tutte le latitudini. Siete stati l'inaspettato sollievo ai nostri cuori feriti. Vi abbraccio tutti, in particolari i figli della Palestina. Restiamo umani”.
Fonte: il Manifesto
24 aprile 2011
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"Questa è la lotta che ci hai insegnato"
Ecco il testo letto e sottoscritto da diverse organizzazioni italiane e internazionali, durante il funerale di Vittorio Arrigoni, che si è tenuto sabato 23 aprile a Bulciago.
Da Il Profeta di Gibran Khalil Gibran: “Salì sulla collina oltre le mura della città e guardò verso il mare; e vide la sua nave risalire nella nebbia. Allora gli si aprirono le porte del cuore e la sua gioia volò lontano sopra il mare. Ma discendendo la collina una grande tristezza cadde su di lui e pesò nel suo cuore: “ Come andarsene in pace e senza pena? Ahimé, non lascerò questa città senza piaga nell’anima. Lunghi furono i giorni sofferti tra le sue mura, lunghe le solitarie notti; e chi senza rimpianto potrà lasciare la sua pena e la sua solitudine? Troppi brani nello spirito ho seminato in queste vie, troppi fanciulli se ne vanno nudi agli altipiani, e io non posso abbandonarli senza peso e dolore. Io non rifiuto un ornamento ma strappo una pelle con le mie stesse mani. Io non lascio dietro di me un pensiero, ma un cuore dolce di fame e di sete. Eppure più a lungo io non potrò tardare. Il mare che vuole ogni cosa mi chiama, e devo imbarcarmi. Con me vorrei portare ogni cosa, ma come potrò farlo? Non può una voce trascinare con sé la lingua e il labbro che le diedero le ali. Da sola dovrà varcare il cielo. E sola e senza nido volerà l’aquila nel sole. Così, quando raggiunse i piedi del colle si volse ancora verso il mare, e vide la sua nave avvicinarsi al porto e sulla prua i marinai, gli uomini della sua terra. E la sua anima disse loro a gran voce. “Figli della mia antica madre, cavalieri dell’onde, quanto a lungo veleggiaste nei miei sogni. Ora approdate al mio risveglio che è il mio sogno più profondo. Sono pronto a salpare e il mio desiderio in attesa è la vela spiegata sotto il vento. E sarò tra voi, navigante in mezzo ai naviganti”.
Vittorio raccontava: “Mia madre spesso mi parlava di sua zia Stella che, sotto il fascismo, guidò le donne di Lecco nella marcia per il pane davanti al podestà e per questo fu imprigionata. Ci furono notti in cui Stella, con i pescatori, attraversava il lago silenzioso per portare cibo e indumenti faticosamente raccolti ai partigiani che si nascondevano sui monti. Si trattava di un’altra occupazione, quella italiana nazifascista. Per cui nel mio dna, nel mio sangue, ci sono delle particelle che mi spingono a combattere per la libertà e i diritti umani”. Diceva Che Guevara, “Siate sempre capaci di sentire nel più profondo qualunque ingiustizia commessa contro chiunque in qualunque parte del mondo”.
Mentre il mondo osservava inerme la popolazione di Gaza sotto assedio tu ti sei fatto scudo umano contro i cecchini israeliani per permettere ai marinai di Gaza di pescare nelle proprie acque, hai detto: “Ci sono persone che sono pronte a spendere la vita a dispetto dei governi compiacenti e complici del governo sionista israeliano per venire ad abbracciare i fratelli palestinesi. Persone come me, dell’ISM, che devono venire qui per fare da scudi umani e porsi quali forze di interposizione, facendo ciò che dovrebbero fare le Nazioni Unite perché il diritto internazionale venga rispettato”. Dicevi al mondo il vero, Vittorio, e le tue parole molto spesso rimanevano inascoltate, in Italia come nel mondo ma tu le ripetevi, instancabile, raccontavi dell’occupazione, della pulizia etnica, dell’apartheid, dei crimini di guerra portati avanti dal governo israeliano giorno dopo giorno contro la popolazione indigena palestinese innocente.
“Se la verità è la prima vittima di una guerra non è mai stato così vero come a Gaza”, dichiaravi, e nel tempo dell’inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario1. Durante l’operazione Piombo Fuso sei rimasto sotto le bombe, insieme alla popolazione di Gaza, dichiarando che la tua vita non aveva valore maggiore di quella di un uomo palestinese. Pochi telegiornali italiani ti hanno dedicato uno spazio perché tu, unico testimone italiano, potessi raccontare ciò che realmente stava accadendo a Gaza in quei giorni, pochi i giornali capaci di esibire le tue parole di verità, ciò che i tuoi occhi raccoglievano nelle dure ore spese a contare i feriti, i morti, gli offesi. Tante le menzogne raccontate al loro posto.
“Come andarsene in pace e senza pena? Ahimé, non lascerò questa città senza piaga nell’anima. Lunghi furono i giorni sofferti tra le sue mura, lunghe le solitarie notti; e chi senza rimpianto potrà lasciare la sua pena e la sua solitudine?”. Sei tra noi,Vittorio, navigante in mezzo ai naviganti. I tuoi sogni avranno in noi una voce. Porteremo avanti la tua lotta di libertà, salperemo sulle navi della Freedom Flotilla, appoggeremo tutte le iniziative per rompere l’assedio di Gaza, continueremo con forza sempre rinnovata la campagna che avevi abbracciato anche tu e che non ti stancavi mai di sostenere per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni contro Israele, dicevi: “Come è possibile dialogare mentre uno dei due dialoganti punta una pistola alla tempia dell’altro? Israele deve essere “costretto” a mollare quella pistola, e davvero sono convinto che il boicottaggio sia l’arma dei pacifisti, dei non violenti, l’arma più efficace.” Invocheremo l’unità nazionale in Palestina, in sostegno del movimento del 15 marzo contro la corruzione che soffoca lo slancio sincero di un popolo verso la dignità, rilanceremo iniziative volte alla conoscenza approfondita del movimento sionista e dell’ideologia razzista e colonialista che ne sta alla base. In Italia e nel mondo occidentale ci spenderemo affinché la Palestina sia liberata, dal fiume sino al mare. Perché l’ingiustizia palestinese porta in sé il germe di qualsiasi ingiustizia sappiamo che il tuo sogno è il fiore della coscienza.
Facciamo appello affinchè si uniscano a noi sempre nuove persone, perché rileggano i tuoi articoli, guardino i tuoi video e agiscano. “Dam Victor mish rhis. Ya Victor Irtah Irtah ua ehna nuasil alkitha”. “Il sangue di Vittorio è prezioso” gridavano in questi giorni centinaia di Palestinesi scesi nelle strade in tuo onore. “Vittorio riposa! Noi continueremo la lotta”. Oggi, alle soglie della festa della Liberazione, la nostra responsabilità è anche una promessa: ehna nuasil al qitah. Noi continueremo la lotta: la lotta del povero, del debole, dell’oppresso, del contadino, la lotta della Palestina verso la libertà. Laddove non arrivano i governi, dicevi, può agire la popolazione civile. Questa è la lotta che tu ci hai insegnato. E che possa, la tua voce in noi, varcare il cielo.
Fonte: NenaNews
25 aprile 2011