Kosovo verso l’indipendenza. L’Italia può fare di più!
Lettera22
Tutto pronto a Tirana. Ma i toni a Pristina restano morbidi. Meno a belgrado che minaccia di rompere coi paesi che riconosceranno la secessione. Stallo all’Onu mentre la Ue "prenderà atto".
E' una giornata di intenso nervosismo quella che una buona metà del mondo ha vissuto ieri, antivigilia della proclamazione di indipendenza del Kosovo. Messaggi più o meno minacciosi tra Belgrado e Pristina, l'irrigidimento della Russia, un nulla di fatto all'Onu e un'attenzione particolare ai dettagli in sede europea quando, lunedì, la Ue dovrà prendere posizione.
I riflettori sono puntati su domani quando, nel pomeriggio, il Parlamento di Pristina si riunirà per proclamare l'indipendenza unilaterale della provincia a maggioranza albanese dalla Serbia. Ma, sintomo evidente delle difficoltà di quest'ultimo inesorabile passaggio, il premier kosovaro Hasim Thaci (nella foto) ha detto che il calendario è fissato, ma non ha voluto presentarne i dettagli. Non solo: Thaci ha voluto ribadire davanti alla stampa internazionale che il Kosovo sarà uno stato democratico e rispetterà i diritti di tutte le minoranze. Nervosismo, riserbo, toni morbidi e accomodanti. Assai meno a Belgrado.
Il neo presidente serbo, Boris Tadic, ha spiegato come la Serbia intenda sanzionare le relazioni diplomatiche con i paesi che riconosceranno l'indipendenza del Kosovo. Tadic, che ieri si insediava ufficialmente, ha voluto chiarire che Belgrado non intende lasciare che le cose vadano avanti senza tentare di ostacolare il processo “illegale” dell'indipendenza del Kosovo: la Serbia chiederà all'Onu di annullare ogni decisione riguardante l'indipendenza anche se ha voluto sottolineare che “la Serbia non farà certo la guerra” se le istituzioni kosovare andranno avanti. In ogni caso «non accetterà mai l'indipendenza» e «non tornerà indietro sulla decisione dell'ingresso della Serbia nella Ue, in favore della quale i cittadini hanno votato». Quanto ai paesi che riconosceranno l'atto unilaterale di Pristina, Belgrado minaccia anche una rottura dei rapporti diplomatici e il ritiro degli ambasciatori.
Alle Nazioni Unite è impasse: il Consiglio di Sicurezza, convocato giovedi su richiesta di Belgrado e Mosca, si è concluso con un nulla di fatto per le posizioni inconciliabili dei paesi che ne fanno parte. Secondo l'agenzia Tanjug, il rappresentante russo nel Consiglio ha detto che solo cinque Paesi dei 15 che fanno parte del CdS – Usa, Francia, Gran Bretagna, Belgio e Italia – hanno appoggiato il piano proposto dall'ex mediatore Martti Ahtisaari che prevede l'indipendenza del Kosovo. Anche se a Mosca come a Belgrado sanno che il fronte pro kosovaro, oltre all'appoggio americano, può contare su un sostegno assai più ampio, specie in Europa. Nelle cancellerie europee si preferisce però aspettare soppesando le parole. L'unica presa di posizione forte è stata ieri quella della Spagna che ha convocato l'ambasciatore russo a Madrid per chiedere «spiegazioni» ed esprimere «sorpresa» dopo le dichiarazioni giovedi di Vladimir Putin, che aveva fatto un parallelo fra l'annunciata imminente proclamazione di indipendenza unilaterale del Kosovo e la situazione spagnola.
Ma a parte le scintille tra Mosca e Madrid, fra gli altri membri si è preferito il silenzio anche se intanto i 27 paesi della Ue si preparavano a dare luce verde al dispiegamento in Kosovo della missione civile Eulex. I ministri degli Esteri dell'Unione si limiteranno a «prendere atto» della dichiarazione di indipendenza lunedì a Bruxelles anche se non si esclude che Italia, Francia, Germania e Regno Unito possano procedere a una «dichiarazione congiunta» di riconoscimento al termine della riunione della diplomazia europea. L'Europa dunque non riconoscerà come Ue l'indipendenza anche perché la materia compete i singoli stati membri e si limiterà a “prenderne atto”. Ma un primo gruppo di Paesi, composto da Italia, Francia, Gran Bretagna e Germania, potrebbe decidere di dichiarare congiuntamente il riconoscimento di Pristina. A oggi 21 paesi su 27 sono favorevoli. Sul fronte del “no” ci sono Cipro, Spagna, Grecia, Romania, Bulgaria e Slovacchia.
Intanto oltre a Pristina anche Tirana si prepara a festeggiare. Il municipio della capitale albanese ha organizzato per domenica una «passeggiata della libertà» e bar e ristoranti di tutto il paese offriranno gratuitamente un bicchiere a chiunque voglia brindare alla secessione.
Fonte: Lettera22
16 febbraio 2008