Khamenei fa il pieno di voti ufficiali. Ahmadi Nejad sempre più isolato
Marina Forti
Al partito della “Guida suprema” vanno tre quarti dei voti, nelle elezioni per il rinnovo del Majlis, il parlamento. il presidente perde anche nelle sue roccaforti. Ma il voto è boicottato dai riformisti.
Le previsioni sono rispettate: le autorità in Iran annunciano che oltre il 65% degli elettori è andato venerdì alle urne per rinnovare il Majlis, il parlamento. La tv di stato ieri ha anche annunciato che dai primi risultati, sebbene parziali, il 75% dei seggi sono andati alla corrente dei «Principlist», o «fedeli ai principi», ovvero il blocco politico fedele al Leader supremo Ali Khamenei. Sconfitto dunque il presidente Mahmoud Ahmadi Nejad, che avrà un parlamento ancora più ostile di quello uscente. E il messaggio è rafforzato da piccole umiliazioni come la sconfitta di sua sorella Parvin Ahmadi Nejad, battuta da un conservatore nella città d'origine, Garmsar. Questa era una consultazione particolarmente importante per il regime, le prime elezioni dopo le presidenziali del giugno 2009, le più contestate nella storia dell'Iran post-Rivoluzione. Un'alta affluenza al voto era il primo obiettivo dell' establishment , che negli ultimi giorni aveva martellato i cittadini con slogan, appelli tv e perfino sms che chiamavano alle urne come una sorta di dovere patriottico. Ora il Consiglio dei Guardiani (l'organismo che ha poteri di controllo sulle cariche pubbliche) annuncia che la partecipazione è aumentata di un 8-9% rispetto alle precedenti legislative. E il regime può annunciare che il boicottaggio delle urne lanciato dall'opposizione riformista è fallito, la nazione è unita e non si piega alle pressioni internazionali. Tutto riassunto nelle parole del ministro dell'interno Mostafa Mohammad Najar: «Il popolo dell'Iran con il suo voto massiccio ha mostrato alle grandi potenze che la loro propaganda anti-iraniana è fallita e che rimaniamo fedeli agli ideali e valori etici della rivoluzione del 1979». Le notizie ufficiali ovviamente sono contraddette da diversi siti d'informazione indipendenti o legati all'opposizione: così mentre le agenzie di stampa ufficiali mostrano foto di code ai seggi, sul web circolano foto e racconti di seggi semideserti. Alcuni giornalisti stranieri ammessi a Tehran per l'occasione sono stati portati in autobus a vedere code di elettori in attesa di votare. Sul web però più che di quanti, si discute su chi è andato a votare. Il Comitato di coordinamento della «via verde della speranza», l'opposizione riformista, aveva fatto appello a boicottare i seggi: come si potrebbero definire «libere» elezioni disputate mentre i leader d'opposizione sono in galera o agli arresti domiciliari, la stampa indipendente è chiusa, attivisti blogger e giornalisti censurati e dietro le sbarre. Venerdì alcuni autorevoli grand ayatollah (le figure più autorevoli della teologia sciita) già noti per la loro critica al regime non sono andati a votare. Ha votato invece Seyyed Hassan Khomeini, nipote del fondatore della Repubblica islamica, che pure ha preso posizione esplicita e pubblica a favore del movimento riformista. Anche l'ex presidente Mohammad Khatami ha votato, e questo ha suscitato una tempesta di critiche. Si può pensare che sia stato costretto è noto che i suoi movimenti non sono liberi. Ma sui siti vicini ai riformisti circolano commenti di fuoco sul suo «tradimento». Zahra Eshraghi, altra nipote di Khomeini (e moglie di Mohammad Reza Khatami, fratello dell'ex presidente e leader del Fronte della partecipazione, il partito riformista sciolto dalle autorità) sulla sua pagina Facebook definisce «un duro colpo» il voto dell'ex presidente e lo sfida: «Questa pagina è a disposizione perché si spieghi». Manovre per dividere l'opposizione? Giorni fa è circolata la notizia che Mojtaba Khamenei, figlio del Leader supremo (e personaggio influente da molti considerato suo delfino) ha visitato il leader riconosciuto del fronte riformista, Mir Hossein Mousavi che da oltre un anno è agli arresti domiciliari (extralegali) con la moglie Zahra Rahnavard e l'altro ex candidato riformista, l'anziano Mehdi Kharroubi. Cosa sia andato a dirgli non è chiaro: si dice che sia stato un appello ad abbandonare la loro opposizione e rientrare nel sistema, in un momento in cui l'Iran è sotto l'attacco delle potenze occidentali con sanzioni e minacce di guerra. Il sito Jaras (riformista) riferisce che Mousavi gli avrebbe detto che risponderà direttamente al Leader, e solo quando gli sarà permesso di rivolgersi alla nazione in diretta tv. Ovvero, che i leader del movimento riformista non cambiano posizione.
Fonte: http://www.ilmanifesto.it/
4 Febbraio 2012