Kerry a colloquio con Netanyahu e Abbas


Sonia Grieco - Nena News


Il segretario di Stato Usa prova a riaprire un negoziato mai realmente iniziato, ma in Israele è il dossier Iran a tenere banco più della pace con i palestinesi.


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abbaskerrynetanyahu

Iran e processo di pace. Di questo parlano oggi John Kerry e il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, nel corso dell’ottava visita da febbraio nella regione del segretario di Stato Usa che incontrerà anche il presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), Mahmoud Abbas.

Kerry è in Israele per tentare di dare nuova linfa al negoziato tra israeliani e palestinesi ripreso lo scorso luglio, dopo tre anni di stallo, ma mai realmente ripartito e per molti destinato all’ennesimo naufragio. Tel Aviv non ha mai smesso di progettare nuovi insediamenti sui territori che dovrebbero essere parte della futura Palestina e anche ieri, alla vigilia della visita di Kerry, le ruspe israeliane sono entrate in azione nel villaggio di Mazraa al-Qibliya, 50 chilometri da Gerusalemme. Qui è prevista la costruzione di 255 nuove unità abitative per coloni, parte di un progetto più ampio (800 nuove unità abitative ) annunciato lo scorso ottobre dal governo.

Il negoziato è stato disseminato di annunci di nuovi insediamenti nella Cisgiordania occupata, che hanno reso arduo il compito di Kerry e hanno fatto infuriare i palestinesi. Israele ha fatto marcia indietro su un progetto di 20.000 case nelle colonie dei Territori occupati, che aveva provocato le dimissioni, non ancora accettate da Abbas, dei delegati palestinesi, ma la politica degli insediamenti non si è mai fermata. Il presidente dell’Anp ha avvertito: se la trattativa fallisce, i palestinesi si rivolgeranno agli organismi internazionali per vedere riconosciuti i propri diritti. “L’impegno a non rivolgerci all’Onu termina alla fine dei nove mesi stabiliti per il negoziato”, ha detto ieri.

Ma la pace con i palestinesi in questo momento non sembra in cima alle preoccupazioni di Netanyahu, né è l’argomento che tiene banco in Israele, dove l’attenzione è concentrata sull’Iran: il nemico che per anni si è profuso in dichiarazioni minacciose contro lo Stato ebraico e a cui bisogna impedire di costruire la bomba atomica. Kerry dovrà rassicurare l’alleato sul riavvicinamento tra Washington e Teheran, dopo l’elezione alla presidenza dell’Iran del moderato Hassan Rouhani, uomo dai toni decisamente più pacati rispetto al suo predecessore Mahmud Ahmadinejad. Un clima più disteso ha portato alla firma, lo scorso 24 novembre, di un primo accordo sul programma nucleare iraniano raggiunto a Ginevra tra i Paesi membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu (Usa, Gran Bretagna, Russia, Cina, Francia), più la Germania (P5+1), e la Repubblica islamica: alleggerimento delle sanzioni in cambio di uno stop all’arricchimento dell’uranio.

Un’intesa giudicata uno “storico errore” dal premier israeliano, mentre il ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman, ha suggerito al suo governo di cercare nuovi alleati. Non sono bastate le rassicurazioni di Washington a placare l’irritazione di Tel Aviv che si è riservata i diritto di agire, anche militarmente, se si riterrà minacciata dall’Iran, o meglio dalla possibilità che Teheran si doti della bomba atomica. Israele è l’unica potenza nucleare nella regione mediorientale.

Dall’entourage di Kerry hanno riferito che il segretario di Stato discuterà con il premier israeliano dei prossimi passi per raggiungere un accordo definitivo sul nucleare iraniano, che al momento ha un carattere temporaneo. Per quanto riguarda il negoziato con i palestinesi, invece, Kerry si gioca la carta della sicurezza per riaprire la trattativa. Il quotidiano israeliano Haaretz, ha riferito che Kerry presenterà un piano per la sicurezza di Israele dopo la nascita dello Stato di Palestina, che garantirebbe la presenza di truppe israeliane lungo tutto il fiume Giordano e nei punti di transito per il fiume e il controllo aereo dello spazio aereo sulla Cisgiordania.

Fonte: Nena News

5 dicembre 2013

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