Kenya, la parola torna alla strada


Irene Panozzo, Lettera 22


Dopo il fallimento della mediazione di John Kufuor, presidente del Ghana e presidente di turno dell’Unione Africana, l’opposizione di Raila Odinga ha annunciato ieri tre giorni di proteste in trenta tra città e villaggi in tutto il paese. A iniziare da mercoledì prossimo.


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Kenya, la parola torna alla strada

Nella crisi post-elettorale keniana la parola torna alla strada. E alla folla chiamata a manifestare a Nairobi e nelle altre città del paese per protestare contro i brogli che, secondo l’opposizione e molti osservatori internazionali, hanno permesso al presidente Mwai Kibaki di essere rieletto. Ad annunciarlo ieri a Nairobi in conferenza stampa c’erano il segretario generale del Movimento democratico arancione (Odm) keniano, Anyang Nyong’o, e il suo leader Raila Odinga, il candidato presidenziale uscito sconfitto dalle contestate elezioni del 27 dicembre.
Se mai ce ne fosse stato bisogno, la decisione dell’Odm ha sancito ufficialmente la morte dei tentativi negoziali dei giorni scorsi. “I dialoghi tra l’Odm e l’altra parte [il presidente Kibaki, ndr.] sono falliti per il rifiuto dell’altra parte a negoziare con noi”, ha detto Nyong’o ai giornalisti. “Abbiamo lavorato sodo, assieme ad altri partiti, per trovare una soluzione giusta”, ma, sostiene l’opposizione, non è stato possibile. E quindi, chiusa la parentesi negoziale, si torna al braccio di ferro per le strade di trenta tra città e villaggi in tutto il paese. Per tre giorni, da mercoledì a venerdì della prossima settimana.
Una prova di forza non indifferente, che potrebbe far riesplodere la violenza. Tanto più che il clima nel paese rimane estremamente teso e il capo della polizia, Mohammed Hussein Ali, ha già fatto sapere che nessuna di queste manifestazioni sarà autorizzata dal governo. Perché le proteste “non sono appropriate al momento” e perché “le restrizioni che abbiamo attuato per le manifestazioni post-elettorali restano in piedi”, ha spiegato. Dal canto suo, l’entourage del presidente Kibaki ha risposto alla mossa dell’opposizione per bocca di Uhuru Kenyatta, figlio del padre della patria Jomo Kenyatta e leader della Kanu, il partito che dall’indipendenza al 2002 ha retto le sorti del paese. Secondo Kenyatta la parola “dialogo suggerisce che le differenze siano risolte pacificamente, attorno a un tavolo, non distruggendo proprietà e uccidendo keniani innocenti”.
Kenyatta ha parlato in qualità di ministro per il governo locale del nuovo gabinetto che Kibaki ha inaugurato nei giorni scorsi. Una mossa, quella del presidente, che ha colto di sorpresa tutti, a iniziare dall’opposizione, e che ha avuto un effetto molto negativo sui tentativi di dialogo. Martedì scorso, mentre il presidente del Ghana e presidente di turno dell’Unione Africana, John Kufuor, stava per arrivare in Kenya per fare da mediatore tra i due avversari, Kibaki ha annunciato di aver nominato una parte dell’esecutivo e ha reso immediatamente pubblica la lista di nuovi ministri. Come buttare benzina sul fuoco, visto che l’elenco comprendeva solo uomini chiave in posti chiave: la vicepresidenza, assegnata al terzo classificato nella corsa presidenziale, Kalonzo Musyoka, e il ministero andato a Kenyatta dati a partiti dell’opposizione diversi da quello di Odinga, i posti da ministro degli esteri, dell’energia, della giustizia, della sicurezza interna e dei trasporti andati invece a fedelissimi del Partito di unità nazionale (Pnu) del presidente.
Con queste premesse, la “missione impossibile” di Kufuor non poteva che fallire. Perché appena venuto a conoscenza della decisione di Kibaki, Odinga ha chiarito che non avrebbe accettato né di incontrare di persona il presidente né di entrare a far parte di qualsiasi governo di unità nazionale, in cui all’Odm, che nella consultazione elettorale del 27 dicembre ha ottenuto la maggioranza in Parlamento, sarebbero rimaste solo le briciole. A nulla sono serviti i tentativi del presidente della Ua di riportare i due avversari a più miti consigli. Kufuor ha lasciato il Kenya giovedì sera dicendo che “lo sforzo negoziale passerà a un panel di eminenti personalità africane” guidato dall’ex segretario generale dell’Onu Kofi Annan, ammettendo così la sconfitta.
L’incarico di Annan non inizia certo sotto i migliori auspici. C’è da sperare che, più che una vera e propria prova di forza, la decisione dell’Odm sia una tattica usata per mostrare all’occorrenza che l’opposizione è capace di fare marcia indietro, annullando le manifestazioni e lasciando spazio ai negoziati. Di nuovo.

Fonte: Lettera22

12 gennaio 2007

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