Kenya, annunciato il nuovo governo
Massimo A. Alberizzi
Blitz del Capo di Stato, sfuma l’ipotesi si una coalizione di unità nazionale. Il presidente Kibaki nomina tutti i ministri chiave dell’esecutivo. L’opposizione resta esclusa. "Ci provoca"
ELDORET (Kenya) – Il rifiuto del presidente Mwai Kibaki di trattare con l’opposizione per cercare un accordo che permetta al Kenya di uscire dalla crisi, si è materializzato ieri pomeriggio con l’annuncio della formazione del nuovo governo. Raila Odinga, leader dell’Orange Democratic Movement (Odm), furioso, ha definito il gesto di Kibaki «una provocazione» ma il capo dell’opposizione non ha preannunciato quali saranno le sue contromosse.
«SOLUZIONE PIU' LONTANA» – «Questo passo del presidente – hanno commentato i diplomatici occidentali – allontana la soluzione della crisi». Najib Balala, uno dei più stretti collaboratori di Odinga, ha ribadito che l’Odm ha cancellato tutte le dimostrazioni e continua a mantenere quest’atteggiamento per evitare strumentalizzazioni in caso di violenze e per evitare interferenze con le mediazioni intraprese dalla comunità internazionale. «Comunque – ha aggiunto – la nomina del governo è uno schiaffo in faccia ai kenioti e ai diplomatici che si stanno sforzando di trovare una soluzione per uscire dalla crisi».
LE PROTESTE – Subito dopo l’annuncio della formazione del nuovo governo e della nomina di metà dei ministri (l’altra metà, secondo Kibaki, sarebbe stata lasciata all’opposizione, ma si tratta di dicasteri di secondo piano o addirittura senza portafoglio) ieri sera in Kenya sono cominciate le prime proteste. A Kisumu, la città a maggioranza luo (l’etnia di Raila), sono state bruciate case e automobili e piazzate barricate sulle strade. Per disperdere dimostranti la polizia ha sparato in aria. Difficile situazione anche negli slum di Nairobi circondati dalla polizia. A Mathare, una delle baraccopoli, uno dei residenti ha raccontato al telefono al Corriere che si sono sentiti colpi di armi da fuoco, mentre a Kibera, il più grande dei ghetti della capitale, la notte è passata tranquilla.
STRADE SEMIVUOTE – Questa mattina a Nairobi il traffico è quasi normale, ma senza i terribili ingorghi che lo caratterizzano. Pochi i «matatu» (parola swahili che significa “pericolo”) i minibus privati che assicurano i trasporti pubblici sfrecciando per le via della capitale (spesso provocando incidenti disastrosi, da qui in nomignolo). I negozi in centro non sono tutti aperti. Chi può resta a casa perchè si temono nuovi disordini.
I MINISTERI CHIAVE – Kibaki ha nominato vicepresidente Kalonzo Musyoka, il terzo candidato presidente che nelle elezioni del 27 dicembre aveva raccattato solo il 9 per cento dei voti, e poi i suoi più stretti collaboratori. Per capire come funzionano i balletti nella politica keniota è sufficiente citare il caso di Uhuru Kenyatta, candidato sconfitto alle presidenziali nel 2002 da Kibaki e ora suo nuovo alleato, cui è stato affidato il lucroso dicastero dei lavori pubblici. Comunque i ministeri chiave sono stati assegnati ai più stretti collaboratori del presidente accusato dall’opposizione di aver vinto le elezioni con i brogli. Il gruppo di Kibaki (che alla legislative ha preso solo 43 deputati contro 95 assegnati all’Odm) nonostante le pressioni internazionali, non vuol trattare con quello di Raila. Da qui la precipitosa nomina dei ministri. Martha Karua, rinominata ministro della giustizia, aveva ricordato martedì che l’opposizione può rivolgersi alla Corte Suprema per fare opposizione, sottolineando: «Sono certa che nessun giudice troverà prove che permettano di annullare la vittoria di Kibaki». La Karua si è scordata di aggiungere che il Kenya è uno dei Paesi più corrotti del mondo e che Kibaki un paio di settimane prima delle elezioni si è nominato nella Corte giudici a lui fedeli.
PRESSIONI INTERNAZIONALI – Per uscire pacificamente dalla crisi le pressioni internazionali negli ultimi giorni si sono fatte fortissime. Jenayi Frazer, vice del segratario di Stato Concoleeza Rice con delega per gli affari africani, a Nairobi da qualche giorno, dopo aver incontrato sia Kibaki sia Odinga, ieri mattina sembrava ottimista sull’avvio di negoziati. Ma la parola negoziato è stata cancellata dal vocabolario dell’attuale presidente che rifiuta qualunque mediazione. Gli sforzi per ricondurre Kibaki alla ragione si sono moltiplicati. Ieri a Eldoret sono arrivati quattro ex presidenti africani, Benjamin Mkapa (Tanzania), Joachim Chissano (Mozambico), Katumile Masire (Botswana) e Kenneth Kaunda (Zambia). Dopo aver visitato i campi di sfollati vittime delle violenze etniche sono volati a Nairobi. Nella capitale ieri è arrivato anche il presidente del Ghana e dell’Unione Africana John Kofour. La sua visita era stata cancellata due volte. Kibaki non voleva incontrarlo. Ora l’ha visto, ma prima gli ha fatto lo sgambetto nominando in governo. Come dire: non ho bisogno di te e della tua mediazione.
Fonte: www.corriere.it
09 gennaio 2008