Italia-Libia. La Cei attacca: «Preoccupati dall’inerzia del governo»
Roberto Monteforte
Siamo alla guerra aperta agli immigrati. All’inerzia colpevole del governo italiano di fronte al contenzioso che oppone l’Italia alla Libia per l’utilizzo delle acque del Mediterraneo.
Siamo alla guerra aperta agli immigrati. All’inerzia colpevole del governo italiano di fronte al contenzioso che oppone l’Italia alla Libia per l’utilizzo delle acque del Mediterraneo. Non le manda a dire monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo e presidente del Consiglio della Cei per gli Affari giuridici, dopo che una sventagliata di mitraglia è stata sparata da una motovedetta libica contro il motopeschereccio Mazaresi «Ariete».
Per poco non ci è scappato il morto. Il monsignore muove le sue accuse precise e dirette all’esecutivo e non solo a difesa della sua comunità mazarese. «Quello che preoccupa molto è che non ci sia nessuna iniziativa politica che metta mano quanto meno ad affrontare la questione della competenza circa le acque del Mediterraneo» afferma dai microfoni di Radio Vaticana. Per poi aggiungere: «Siamo molto preoccupati per la facilità con cui si mette mano alle armi e si attenta alla vita delle persone». Non convincono, anzi sono considerate un’aggravante, le giustificazioni addotte dal ministro Maroni per giustificare l’attacco libico. «Si immaginava che fosse una nave con degli immigrati. La cosa non è che alleggerisce la gravità dei profili. Se i respingimenti in evoluzione diventano attacco armato – commenta – siamo veramente di fronte alla dichiarazione di guerra contro gli immigrati».
«Veramente c'è da atterrirsi – osserva monsignor Mogavero – . Appena questi poveri disgraziati vengono minimamente intercettati li si fa fuori come se fossero nemico pubblico. Tutto questo è mostruoso». Lo è anche il fatto che si sia sparato «su un peschereccio che era lì per la sua attività, senza che ci sia una ragione valida». E centra il punto: la competenza sulle acque del Mediterraneo. «La Libia rivendica per sè 72 miglia di acque territoriali, il diritto internazionale ne riconosce solo 12 miglia e quindi il problema rimane insoluto perché nessuna delle due posizioni è raccordabile». «Quello che veramente preoccupa molto è che non ci sia nessuna iniziativa politica che metta mano, quanto meno ad affrontare la questione. Assistiamo – aggiunge – a una vera e propria inerzia del governo italiano».
«Questa volta – prosegue – non c’è scappato il morto, non c’e scappato il sequestro, ci sono state le scuse del governo libico, ma tutto questo non ridimensiona la gravità dell’episodio». Mette sotto accusa il trattato di amicizia italo-libico. «Non si è occupato di questo problema, a parte le riparazioni riconosciute dall’Italia per gli anni della colonizzazione, ha come altro punto cruciale la politica dei respingimenti, mentre la pesca è rimasta totalmente fuori». Il governo risponde oggi Muove rilievi precisi a cui il ministro degli Esteri, Franco Frattini preferisce non rispondere. Quello degli Interni, Roberto Maroni, parla di «incidente». Diverso l’atteggiamento del ministro per le Politiche agricole e la pesca, Giancarlo Galan. «Quello che è accaduto è incomprensibile e inaccettabile» commenta, annunciando che ad ottobre affronterà il tema della pesca con le autorità libiche. «Parole incredibili e agghiaccianti» per la Cgil quelle del responsabile del Viminale.
Le opposizioni chiedono al ministro Maroni di rispondere urgentemente in Parlamento. Chiedono di rivedere il trattato di amicizia Italia-Libia del 2008. Il leader Udc, Pier Ferdinando Casini, ha definito l'episodio «grave e inquietante» e «una pagina buia». Dall’Idv, il capogruppo Donadi attacca Maroni che ha parlato di «incidente». Molte le prese di posizione del Pd. «È inammissibile che il governo non tuteli i cittadini e gli interessi italiani» stigmatizza così l’ingiustificato attacco al peschereccio italiano il capogruppo Pd al Parlamento europeo, David Sassoli. «È così che il governo intende tutelare gli interessi del nostro Paese e l'incolumità fisica dei suoi cittadini? Qual è il prezzo che il ministro Maroni – conclude – è disposto a pagare pur di portare avanti la guerra santa, e sbagliata, contro i clandestini?». Sulla vicenda riferirà oggi nell’aula di Montecitorio nel corso del question time delle ore 15 il ministro degli Esteri, Frattini.
Fonte: L'Unità
15 settembre 2010