Israele e arabi plaudono al nuovo presidente degli Stati Uniti
Apcom
L’elezione del senatore democratico Barack Obama a presidente degli Stati Uniti ha suscitato diversi apprezzamenti, con motivazioni diverse, in Israele, Palestina e nei Paesi arabi.
Un coro di congratulazioni ha accolto in Medio Oriente l'elezione del senatore democratico Barack Obama a presidente degli Stati Uniti. Tuttavia, con motivazioni diverse, in Israele, nei Territori palestinesi e nei Paesi arabi si guarda con attenzione ai riflessi che avra' nella regione la svolta avvenuta negli Usa. Lo Stato ebraico, che avrebbe preferito una vittoria del candidato repubblicano John McCain, un aperto sostenitore di Israele, teme che la questione del programma nucleare iraniano in cima all'agenda dell'Amministrazione di George Bush, passi ora in secondo piano. Da parte loro i Paesi arabi, per bocca del segretario generale della Lega araba, Amr Mousa, hanno espresso l'auspicio che il presidente eletto agisca in fretta e in qualita' di "mediatore onesto" per risolvere il conflitto israelo-palestinese.
"L'America ha provato una volta di piu' di essere la democrazia piu' grande, e Obama ha dimostrato le sue qualita' di leader", ha dichiarato il premier israeliano (dimissionario) Ehud Olmert facendo gli auguri di buon lavoro ad neopresidente. Ha anche sottolineato come le relazioni fra Israele e Stati Uniti "sono speciali e fondate su valori ed interessi comuni: vogliamo rafforzarle e far avanzare il processo di pace in Medio Oriente", ha aggiunto.
Ma se i rapporti "speciali" tra Washington e Tel Aviv non sono in discussione, i dirigenti israeliani temono che la futura Amministrazione scelga una linea piu' flessibile, piu' politica e meno militare, verso l'Iran e a mezza bocca ricordano che Obama, in campagna elettorale, aveva affermato di essere pronto al dialogo con il presidente iraniano Ahmadinejad che pure ha "annunciato" la scomparsa dello Stato ebraico dalla mappa del Medio Oriente. Secondo il quotidiano Haaretz, a preoccupare in modo particolare Israele e' la possibilita' di un dialogo senza precondizioni tra Washington e Teheran. In Israele si ritiene inoltre che la crisi economica, l'Iraq, l'Afghanistan e i rapporti con la Russia, saranno le priorita' di Obama, a discapito del negoziato israelo-palestinese ripreso un anno fa ad Annapolis.
"E' meglio non illudersi – ha avvertito l'analista Gerald Steinberg del Centro studi strategici Besa di Tel Aviv, intervistato oggi da Apcom – Obama avra' ben altre priorita' rispetto a questo piccolo lembo di terra mediorientale. Probabilmente nominera' un inviato Usa per il Medio Oriente ma solo fra qualche mese capiremo se il neopresidente assegnera' piu' importanza al dossier israelo-siriano o al conflitto israelo-palestinese".
Steinberg, peraltro, non crede nelle possibilita' di Obama di incidere, almeno nei prossimi anni, sui nodi principali del negoziato israelo-palestinese. "Ci sono questioni molto complesse alle quali solo il tempo potra' dare una soluzione e Obama non potra' risolverle in un paio d'anni", ha affermato l'analista in apparente riferimento alla forza del movimento islamico Hamas che controlla Gaza e alla debolezza dell'Autorita' nazionale palestinese di Abu Mazen.
Tra i palestinesi, o almeno quelli che si sentono rappresentati dall'Anp, invece si nutre qualche speranza dopo la vittoria di Obama. "Per noi la fine dell'era Bush e' stato uno sviluppo fondamentale", ha spiegato ad Apcom Hafez Barghouti, direttore del quotidiano al-Hayat al Jadida di Ramallah, "non ci attendiamo cambiamenti radicali ma auspichiamo un atteggiamento diverso, piu' bilanciato di Obama in Medio Oriente dopo otto anni di appiattimento totale di Bush sulle posizioni di Israele". In riferimento alle prossime elezioni israeliane (10 febbrario), Barghouti si e' detto convinto che "l'ascesa di Obama negli Stati Uniti, influenzera' tanti israeliani, inducendoli a votare per le forze disposte al dialogo di pace che fanno capo (al ministro degli Esteri e leader del partito Kadima) Tzipi Livni, a danno della destra di Benyamin Netanyahu (Likud) ora in vantaggio nei sondaggi".
Secondo l'esperto libanese Saad Kiwan non si prevedono cambiamenti anche nella posizione degli Usa sul Paese dei cedri. "Obama, incontrando di recente una delegazione libanese, ha ripetuto che salvaguardera' la sovranita' del nostro Paese e sviluppera' le relazioni bilaterali". Tuttavia, ha aggiunto Kiwan, "molto dipendera' anche dagli sviluppi del negoziato israelo-siriano (indiretto e al momento sospeso, ndr). E' chiaro che se Damasco mostrera' un atteggiamento flessibile nei confronti di Israele, Washington potrebbe mostrarsi altrettanto flessibile verso gli interessi siriani in Libano". Kiwan ha infine indicato nell'accordo di cooperazione di sicurezza che Iraq e Stati Uniti stanno negoziando, un test importante per la politica estera che Obama svolgera' nella regione. "Quell'intesa dira' molto sulle intenzione future degli Usa in una regione, peraltro, ricca di risorse energetiche come quella che vada alla Siria al Golfo. Il presidente eletto dovra' dimostrare di voler cambiare registro rispetto a Bush", ha detto.
Estremisti arabi e fondamentalisti islamici da parte loro si mostrano indifferenti verso l'elezione di colui che ha messo fine all'era della dottrina Bush della guerra preventiva e senza quartiere contro il terrorismo. Hamas si e' limitato ad invitare Obama a "trarre le conseguenze dagli errori delle precedenti Amministrazioni", e in particolar modo di quella guidata da George W. Bush, commessi nei confronti del mondo arabo e musulmano.
Fonte: Apcom
7 novembre 2008