Israele costruisce a macchia d’olio
Paola Caridi - invisiblearabs.com
Israele decide 1600 nuovi appartamenti a Gerusalemme est e 600 insediamenti nei pressi di Bisgat Ze’ev: imbarazzo diplomatico con il vicepresidente americano in visita.
1600 unità immobiliari non sono poche. Sono molte, poi, se la loro costruzione viene approvata dentro Gerusalemme est, la parte occupata dal 1967 da Israele. Sono ancora di più se si ha la pazienza di andare a guardare dov’è Ramat Shlomo, l’insediamento dove le 1600 unità immobiliari saranno costruite. A pochi passi da Shua’fat e Bet Hanina, già chiuse dalla parte opposta dai due grandi insediamenti di Pisgat Zeev e Neve Yakov. E i due quartieri palestinesi saranno dunque chiusi dentro un panino.
Il progetto di Ramot Shlomo è del 2008, ed è stato costruito su di una zona precedentemente destinata a green area, un’area verde che avrebbe dovuto preservare la sua diversità ecologica. Poi, come succede spesso, l’area verde è divenuta tutto d’un tratto edificabile per israeliani, non per palestinesi. Come successe nel caso ancor più evidente di Har Homa, in origine Jabal Abu Ghneim, al centro di un altro episodio imbarazzante tra l’allora governo Netanyahu, tra 1996 e 1997, e l’allora amministrazione Clinton. A subire l’imbarazzo, allora, fu Madeleine Albright.
I 1600 appartamenti hanno ricevuto l’approvazione del ministero dell’interno, guidato dal leader dello Shas, Eli Yishai, e sono diventati di dominio pubblico proprio mentre il vicepresidente americano Joe Biden atterrava in Israele. Pochi giorni dopo la svolta nella difficilissima impresa americana di far di nuovo dialogare, seppur in colloqui indiretti, israeliani e palestinesi. Biden arriva in Israele, per rassicurare gli israeliani, e deve subito esprimere una dura, inusuale “condanna” per la decisione israeliana di costruire 1600 unità immobiliari a Gerusalemme est. Il cuore, il simbolo e il nodo del conflitto.
“I condemn the decision by the government of Israel to advance planning for new housing units in East Jerusalem. The substance and timing of the announcement, particularly with the launching of proximity talks, is precisely the kind of step that undermines the trust we need right now and runs counter to the constructive discussions that I’ve had here in Israel. We must build an atmosphere to support negotiations, not complicate them. This announcement underscores the need to get negotiations under way that can resolve all the outstanding issues of the conflict. The United States recognizes that Jerusalem is a deeply important issue for Israelis and Palestinians and for Jews, Muslims and Christians. We believe that through good faith negotiations, the parties can mutually agree on an outcome that realizes the aspirations of both parties for Jerusalem and safeguards its status for people around the world. Unilateral action taken by either party cannot prejudge the outcome of negotiations on permanent status issues. As George Mitchell said in announcing the proximity talks, “we encourage the parties and all concerned to refrain from any statements or actions which may inflame tensions or prejudice the outcome of these talks.”
Chissà se la diplomazia americana reagirà come quella turca, dopo l’evidente e conclamato imbarazzo di ieri. I giornali israeliani, tutti, da Yediot Ahronot a Haaretz si interrogano sul perché il governo Netanyahu abbia voluto imbarazzare in modo così forte e chiara il vicepresidente americano Joe Biden, considerato un ottimo amico di Israele. Lo schiaffo diplomatico verso gli Stati Uniti va ben oltre la sedia più bassa su cui il vice ministro degli esteri Danny Ayalon fece accomodare l’ambasciatore turco qualche settimana fa, ha fatto notare un deputato di Kadima, Yoel Hasson. Stavolta, a essere colpita è stata l’immagine e la sostanza degli americani come parte in causa di un qualsiasi avvicinamento tra israeliani e palestinesi. Gli americani perdono credibilità nei confronti dei palestinesi, perché non riescono a bloccare gli insediamenti, neanche durante una visita diplomatica così importante: questo è quello che si pensa, e non solo nella strada palestinese. Come riusciranno a mediare tra i due contendenti?
Fonte: Lettera22, blog di Paola Caridi
10 marzo 2010
Paola Caridi nel suo blog fa una digressione su “L’unica soluzione di cacciare Battista”: “Schiaffo al vicepresidente americano Biden, accolto in Israele con le decisione di costruire 1600 nuovi appartamenti nel cuore di Gerusalemme est.
Alaa al Aswany racconta, mirabilmente, la cacciata di Mr Battista da una casa del Cairo, e ne fa una parabola politica.
Tempi duri per la letteratura araba in traduzione inglese: la crisi americana colpisce anche le case editrici!”.
Mentre il vicepresidente americano Biden arriva in Israele…
***
Le autorità israeliane progettano di costruire 600 insediamenti nei pressi dell’insediamento di Bisgat Ze’ev in Gerusalemme occupata
Dichiarazione da:Al-Maqdese for Society Development (MSD)
Fonti israeliane venerdì 26/2/2010 hanno dichiarato che le autorità israeliane hanno pubblicato il loro piano di costruire 600 nuovi insediamenti [1] vicino all’insediamento di Bisgat Ze’ev a nord di Gerusalemme occupata. Questo insediamento è stato costruito sui due sobborghi Palestinesi di Beit Hanina e Hizma. La commissione distrettuale della pianificazione e dell’edilizia della Municipalità di Gerusalemme ovest ha approvato il progetto di costruzione di queste unità sui territori Palestinesi occupati nel 1967. Le autorità israeliane di occupazione si erano appropriate di questi territori agli inizi degli anni 80.
Secondo il quotidiano ebreo Haaretz il piano era stato messo in discussione due anni prima e poi congelato per le dispute sulla proprietà dei territori. Comunque il Dipartimento Territoriale Israeliano presentava ancora una volta il piano alla Commissione Distrettuale della Pianificazione e dell’Edilizia dopo aver ridotto il numero degli insediamenti da 1000 a 600 ed aver escluso un’area di 30 acri dal progetto originale.
Secondo Al-Maqdese questi nuove unità di insediamenti verranno costruite vicino al sobborgo di Hizma per creare un legame geografico tra gli insediamenti di Bisgat Ze’ev e Jacob Prophet e continuare l’anello di insediamenti intorno a Gerusalemme. Esso, inoltre, romperà la continuità tra Ramallah nord e Gerusalemme sud. Il progetto include anche la proposta di costruire servizi infrastrutturali come strade ed edifici pubblici. L’insistenza della autorità israeliana a costruire queste nuove unità di insediamenti si combina con la sua dichiarazione di tre mesi prima di costruire altre unità nell’insediamento di Gilo.
Per andare incontro alla naturale crescita dei coloni, le autorità israeliane pianificano di costruire, nei prossimi anni, centinaia di unità in Gerusalemme Est con il pretesto della disponibilità extra di territori. Comunque, dal punto di vista Palestinese, questi aumenti sono spiegati per fornire ad Israele il pretesto di escludere Gerusalemme dai negoziati per un accordo politico tra le due parti. Contemporaneamente Le autorità Israeliane impediscono ai Palestinesi di costruire nei loro territori in Gerusalemme Est e continuano la demolizione delle loro case con il pretesto di “costruzioni illegali”.
Questo piano ha portato i Palestinesi alla determinazione di fermare le attività delle autorità israeliane di insediamento nei territori Palestinesi occupati. A ciò si aggiunge che il primo ministro israeliano Ben Yamen Netanyahu ha appoggiato il 21/2/2010 l’ordine di unire le moschee Al-Ibrahim in Hebron and Bilal Bin Rabah in Betlemme e le mura di Gerusalemme vecchia ai siti archeologici israeliani.
La costruzione di nuovi insediamenti in Gerusalemme occupata è una violazione della legge internazionale, delle risoluzioni della legge umanitaria internazionale e degli articoli della Carta della convenzione internazionale dei diritti umani. Essa è, inoltre, un vero ostacolo che impedisce la promettente completa soluzione di pace e mette a repentaglio tutti gli sforzi e le iniziative internazionali di trovare una soluzione politica tra Palestinesi ed Israeliani. Dal momento che le autorità israeliane continuano la loro politica nella parte occupata di Gerusalemme minacciando l’esistenza dei Palestinesi e ci sono solo non vincolanti espressioni di rifiuto di questa politica da parte delle autorità internazionali Al-Maqdese chiede quanto segue:
• Le autorità Israeliane fermino l’attività di tutti gli insediamenti in Gerusalemme e rispettino gli impegni definiti nella Carta delle nazioni unite del 1945 e in tutte le convenzioni internazionali per i diritti umani e nella carta della 4° Convenzione di Ginevra e rispettino ed applichino tutte le risoluzioni internazionali riguardanti la questione palestinese.
• Le Autorità Israeliane tornino alla situazione di Gerusalemme precedente l’occupazione senza prendere alcuna decisione che comprometta la situazione eccetto quelle che riguardi le necessità e la sicurezza dei Palestinesi.
• La comunità internazionale, le Nazioni Unite, i menbri della quarta Convenzione di Ginevra onorino gli impegni, assegnati loro dalla Convenzione riguardanti i civili in tempo di guerra e il rispetto dei diritti umani e smettano di sostenere la politica degli insediamenti perseguita nei territori occupati e premano per fermare tale politica e ritornare alla situazione originale.
• Ogni stato membro della 4° Convenzione di Ginevra rispetti gli impegni relativi all’articolo 147 della convenzione di perseguire tutte le persone che commettono gravi violazioni degli articoli della convenzione incluse le distruzioni delle proprietà Palestinesi in Gerusalemme, il trasferimento forzato di civili e la privazione del diritto a giudizi giusti e regolari.
Gerusalemme 1 Marzo 2010
Dal 1967 e fino alla fine del 2008, 56,400 unità di insediamenti sono state costruite in Gerusalemme est ed ospitano 210000 coloni che dicono che il 42% dei territori palestinesi sono stati confiscati a beneficio dei coloni ed dell’espansione degli insediamenti.