Israele al voto: Netanyahu più a destra della destra radicale
Michele Giorgio - Near Neast News Agency
Annuncio del programma del suo “nuovo” governo. Niente Stato di Palestina, nuove colonie a Gerusalemme Est.
Urne aperte in Israele. Circa sei milioni di elettori sono chiamati oggi a scegliere i 120 membri della Knesset, il Parlamento, e più di tutto a dire se vogliono ancora come premier Benyamin Netanyahu. Le legislative, volute in anticipo proprio dal primo ministro, si sono trasformate in un referendum. Netanyahu pensava di vincerle agevolmente e di formare una nuova coalizione persino più spostata a destra di quella uscente ma i sondaggi nelle ultime settimane lo hanno visto inseguire il suo principale rivale, il laburista Yitzhak Herzog, leader della lista “Campo Sionista”. Sarà decisiva l’affluenza alle urne. Nel 2013 era stata del 67,8%. Gli esperti questa volta si attendono un dato più alto e un lungo testa a testa.
Peseranno i voti di coloro che fino a qualche giorno fa si proclamavano indecisi. Netanyahu facendo appello al “voto utile”, ha usato nelle ultime ore un tono ancora più nazionalistico escludendo categoricamente, in caso di vittoria, la creazione di uno Stato palestinese e promettendo un ulteriore sviluppo della colonizzazione ebraica nella zona araba di Gerusalemme. A questo tentativo estremo di catturare i voti della destra più radicale, ha risposto l’alleata di Herzog, l’ex ministra centrista Zipi Livni annunciando la sua rinuncia alla carica a rotazione di primo ministro. Falco che ha partecipato da ministra a tre offensive contro la Striscia di Gaza ma che in qualche occasione ha indossato gli abiti della moderata, Livni gode di stima e consensi nella classe media di origine ashkenazita ma è guardata con diffidenza dagli israeliani meno abbienti che vivono nelle periferie, una parte di elettorato ai quali si rivolge Herzog per conquistare voti che di solito vanno al Likud.
Herzog, privo di carisma e con una vocina che si sente appena, di mandare a casa Netanyahu e di mettere fine al suo lungo regno. Puntando sui temi economici e sociali e favorito dalla voglia di cambiamento di una porzione significativa della popolazione – non voglia di sinistra o di pace con i palestinesi, è bene sottolinearlo –, Herzog ha prima raggiunto nei sondaggi il premier e leader del partito Likud, quindi l’ha superato ed è stato poi in grado di conservare un vantaggio intorno ai 3-4 seggi. Netanyahu che aveva provato a dare slancio alla sua campagna elettorale tutta puntata sui temi della sicurezza e non aveva esitato ad attaccare davanti al Congresso Usa la politica di Barack Obama di compromesso con l’Iran, ha capito troppo tardi di aver fatto un buco nell’acqua. Per il primo ministro l’assalto ai voti della destra radicale è l’ultima speranza di evitarea sconfitta.
Se il raduno di migliaia di coloni, attivisti e simpatizzanti della destra domenica sera in Piazza Rabin a Tel Aviv è stato, di fatto, il megafono dell’appello di Netanyahu a votare per il Likud e non per gli altri partiti della destra, il discorso pronunciato ieri dal primo ministro durante la visita nell’insediamento colonico di Har Homa, un mostro di cemento armato che lacera il territorio palestinese occupato tra Gerusalemme Est e Betlemme, è stato l’annuncio del programma del “nuovo” governo. L’unità di Gerusalemme, ha proclamato Netanyahu, sarà mantenuta «in tutte le sue parti», quindi niente restituzione ai palestinesi della zona araba occupata, così come si continuerà «a costruire e fortificare» la città per impedire ogni sua futura divisione. Dichiarazioni che si aggiungono a quelle al sito Nrg che, se rivincerà le elezioni, si opporrà alla nascita di uno Stato palestinese. Parole che rappresentano non solo l’ennesima negazione di diritti palestinesi sanciti da innumerevoli risoluzioni internazionali ma anche uno schiaffo in faccia all’Amministrazione Obama che, tra mille ambiguità e il rinnovarsi dell’alleanza strategica con Israele, afferma il suo sostegno a uno Stato di Palestina.
Se produrrà dei frutti questo spostarsi di Netanyahu verso posizioni ancora più estreme, lo vedremo questa sera quando, alla chiusura delle urne, saranno resi noti i primi exit poll. Certo è che regna un clima di forte apprensione nel Likud dove cominciano ad affiorare malumori verso la linea adottata da “Bibi” (il nomignolo di Netanyahu) poco attenta alle difficoltà economiche di tante famiglie israeliane. Un tema sul qualche al contrario ha battuto Herzog e ancora di più il leader del partito Kalanu (destra sociale), Moshe Kahlon, che ha portato via al Likud parecchi voti. Anche la denuncia di Netanyahu di un “complotto internazionale” per mandarlo a casa non avrebbe convinto tutti i dirigenti ed attivisti del partito e ancora meno l’elettorato. Il Jerusalem Post ieri riferiva che mentre all’inizio del mese il 60 per cento degli israeliani pensava che Netanyahu guiderà il prossimo governo, la settimana scorsa la percentuale è bruscamente calata al 49,6 per cento. La percentuale di quanti ritengono che il nuovo esecutivo sarà guidato da Herzog è balzata al 20 al 30 per cento. Un segnale delle tensioni interne al Likud è stata anche l’apertura su Facebook di una pagina dal nome “Gideon Saar alla guida del Likud”. Saar è un ex ministro che mesi fa ha lasciato la politica in polemica con Netanyahu.
I palestinesi seguono con indifferenza le elezioni israeliane. Nelle strade dei Territori occupati si tende ad escludere un cambiamento positivo della loro situazione in caso di vittoria di Herzog e si guarda con un certo interesse solo al risultato della Lista Araba Unita che, per la prima volta da decenni, mette insieme tutte le forze politiche palestinesi in Israele. Ben diversa è la posizione dell’Autorità nazionale palestinese. Il presidente Abu Mazen in pubblico non esprime alcun giudizio ma in privato, riferiscono a Ramallah, spera nella sconfitta di Netanyahu che, ritiene, potrebbe aprire di nuovo la strada al negoziato mediato dagli americani che la destra israeliana ha chiuso lanciando una massiccia campagna di espansione delle colonie israeliane.
Fonte: http://nena-news.it
17 marzo 2015