Ispettori Onu al lavoro a Damasco


Michele Giorgio - Near Neast News Agency


Verificheranno, mentre si combatte tra ribelli ed esercito, siti e stoccaggi. Sull’Iran Netanyahu minaccia «Pronti a colpire da soli».


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(UPI)- Opposition fighters and civilians stand near members of a United Nations (UN) delegation as UN arms experts inspect the site where rockets fell in Damascus' Eastern Ghouta suburb on August 28, 2013.  Rebels who control the area said the inspectors travelled in a six-vehicle convoy to investigate a suspected chemical weapons strike on August 21.      UPI/Mohammed Al-Abdullah -  {TM News - Infophoto}

Citazione obbligatoria   {TM News - Infophoto}
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DAMASCO: DELEGAZIONE ONU ISPEZIONA SITI COLPITI PER SOSPETTO ATTACCO CHIMICO

La risoluzione sulla Siria del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, ieri è entrata nella fase operativa. Una squadra di esperti internazionali per il disarmo è arrivata a Damasco per iniziare a lavorare sullo smantellamento dell’arsenale chimico siriano. È una fase delicata. Si vivrà con il pericolo costante delle «inadempienze»: quelle vere che potrebbe commettere il regime siriano e quelle fasulle create per dimostrare «l’inaffidabilità» di Bashar Assad e l’inevitabilità di un intervento militare internazionale.

Proprio mentre il versante iraniano torna a surriscaldarsi. Perché Netanyahu ieri all’Onu ha scagliato un duro attacco all’iniziativa diplomatica del presidente iraniano Rowhani: Israele «è pronto ad agire da solo», ha avvertito con chiaro riferimento a un attacco militare alle centrali atomiche di Tehran. Per Netanyahu l’ex presidente iraniano, Ahmadi Nejad, era un lupo vestito da lupo, invece Rowhani sarebbe un lupo vestito da agnello per liberare l’Iran dalle sanzioni internazionali senza rinunciare al programma nucleare.

Tornando alla Siria, è la prima volta che all’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac) viene chiesto di distruggere l’arsenale chimico di un Paese durante una guerra. La Siria ha ribadito la sua volontà di rispettare la risoluzione dell’Onu, ma per l’Opac non sarà un compito facile da portare a termine anche perchè, come ha comunicato il ministro degli esteri siriano Walid al Moallem, sette dei 19 siti di armi chimiche dichiarati dal suo governo il mese scorso si trovano in aree di conflitto.

Gli ispettori dell’Opac dovranno inquadrare e supervisionare la distruzione delle armi chimiche – 1.000 tonnellate, di cui 300 tonnellate di gas mostarda – da parte di Damasco entro il primo semestre del 2014. Un rischio all’orizzonte è la mancanza di fondi. Per Assad la distruzione delle armi chimiche costerà alla Siria circa un miliardo di dollari. Gli ispettori sono tutti volontari, in gran parte ex militari specializzati nelle armi chimiche, ingegneri e specialisti paramedici. In un primo tempo verificheranno i siti che figurano nella lista trasmessa da Damasco e si assicureranno che i siti di produzione di armi saranno inutilizzabili prima di fine ottobre-inizio novembre, facendo, si dice, uso di carri armati ed esplosivi. Poi saranno usati metodi più appropriati e di lunga durata per portare a termine il processo di distruzione dei siti di produzione e degli stock di armi chimiche. I russi avranno «parte attiva» tra gli ispettori in tutte le fasi di attuazione del programma.

Il tutto mentre ribelli e truppe governative continueranno a combattersi. Nel bagno di sangue che dura da oltre due anni sono rimaste uccise almeno 115 mila persone, almeno dai dati dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, con sede a Londra e vicino all’opposizione. La maggior parte delle vittime però sono combattenti dei due fronti e non civili. Tra i morti ci sarebbero 47.206 militari e combattenti fedeli al presidente Bashar Assad e 23.707 ribelli. Tra i primi, 28.804 erano soldati regolari, 18.228 miliziani pro-regime e 174 membri del movimento sciita libanese Hezbollah. Sul fronte dei ribelli, 17.071 vittime erano civili che avevano preso le armi contro Bashar Assad, 2.176 disertori dell’esercito e 4.460 jihadisti stranieri uccisi in battaglia. 41.533 civili hanno perso la vita in guerra, tra i quali 6.087 bambini e 4.079 donne. Tra questi ci sarebbero anche le sedici persone, in maggior parte studenti e insegnanti, uccise qualche giorno fa, pare, in un raid dell’aviazione governativa a Raqqa, una città nelle mani dei ribelli nel nord della Siria.

Secondo l’organizzazione Human Rights Watch, le Forze armate siriane in questi ultimi tempi avrebbero fatto uso anche di bombe termobariche, ordigni costituiti da un contenitore di liquido altamente infiammabile.

Intanto 17 Paesi si dicono pronti ad aprire le frontiere a 10 mila profughi siriani. Lo ha annunciato ieri a Ginevra Antonio Guterres, Alto commissario Onu per i rifugiati. Fra di essi figurano diversi Stati europei ma non l’Italia. E il Programma alimentare mondiale (Pam), punta a far salire a 4 milioni il numero di beneficiari di aiuti alimentari in Siria. «Lavoriamo nei 14 governatorati della Siria nelle zone controllate dal governo e in quelle controllate dall’opposizione», ma ci sono «zone che non possiamo raggiungere», ha detto Muhannad Hadi, rappresentante Pam in Siria. L’Onu stima che 6,8 milioni di siriani hanno bisogno di aiuti umanitari, tra i quali circa 4,25 milioni di sfollati interni e 2,1 milioni di profughi esterni.

Fonte: Nena News

2 ottobre 2013

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