Intervento di Napolitano alla VIII Conferenza degli Ambasciatori italiani nel mondo


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“La tradizione della diplomazia italiana ha rappresentato un fattore fondamentale di costruzione e consolidamento del ruolo e del prestigio internazionale dell’Italia unita”.


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Intervento di Napolitano alla VIII Conferenza degli Ambasciatori italiani nel mondo

"Vi ho visto all'opera visitando in questi quasi sei anni decine di paesi ; e desidero esprimervi il mio sincero, convinto apprezzamento, anche per le condizioni difficili, spesso ardue e non esenti da rischio, in cui svolgete il vostro compito, tra limiti e recenti ristrettezze". Così il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, si è rivolto agli Ambasciatori italiani riunitisi alla Farnesina in occasione della Ottava Conferenza. "Vi ho visto – ha aggiunto il Capo dello Stato – al di là del chiuso degli uffici, cercare una continua osmosi con la società civile, con gli operatori economici, con i giovani, con il mondo culturale e scientifico, prestando attenzione a ogni cambiamento e a nuove linee di tendenza che emergono nei paesi dove operate. Quel che ho potuto ben cogliere, al di là delle missioni e della qualità dei singoli è un comune imprinting, fatto di motivazione nazionale e professionale, di senso dello Stato e di spirito di servizio, e anche di stile e finezza personale. E' la tradizione della diplomazia italiana, che ha rappresentato un fattore fondamentale di costruzione e consolidamento del ruolo e del prestigio internazionale dell'Italia unita a partire dalla seconda metà dell'Ottocento. Contano le persone, e conta la struttura, l'Amministrazione degli Esteri. Abbiamo bisogno del massimo sforzo ed apporto di ciascuno di voi, per meglio conoscere il mondo in cui ci muoviamo, nelle sue accelerate e incessanti trasformazioni".

Riprendendo i temi trattati nel corso delle due giornate della Conferenza, il Presidente Napolitano ha rilevato: "Un importante nodo problematico mi pare oggi quello del rapporto – nella nostra visione e azione internazionale – tra l'impegno in Europa e l'impegno (per dirla in modo un po' spicciativo) nel resto del mondo. Siamo, nella fase attuale, certamente dominati dalla preoccupazione per l'ancora grave crisi dell'Europa, e più in generale per quel che accade in seno all'Europa e per il futuro dell'Unione Europa. Il nostro coinvolgimento nella sfida per salvare l'Euro e con esso le conquiste e le prospettive del processo d'integrazione europea, è totale".

"Siamo ancora immersi in una crisi che è inscindibilmente italiana ed europea – ha aggiunto il Capo dello Stato – nella scia della crisi globale insorta nel 2008. Sappiamo come per l'Italia l'abnorme debito pubblico accumulatosi nei decenni sia divenuto – nel ritardo o nell'insufficienza di politiche capaci di intaccarlo decisamente – un elemento di fragilità tale da esporci al rischio di un drammatico disastro finanziario. E scontiamo anche le conseguenze della contraddittorietà e dell'angustia delle risposte date dall'Unione, nel corso del 2011, alla crisi dell'Eurozona nel suo complesso. Siamo dunque chiamati a fare finalmente scelte severe e coraggiose a casa nostra; e insieme a concorrere a soluzioni organiche di consolidamento della moneta unica, di rafforzamento della governance economica e del potenziale di crescita dell'Unione. Come si è già visto nelle ultime settimane, questo contributo possiamo metterci in grado di darlo effettivamente e di vederlo riconosciuto. Un ritorno autorevole dell'Italia al tavolo delle istituzioni europee e nella cerchia di impegnativi incontri ristretti, è già in atto. Si spiega dunque assai bene il concentrarsi sull'Euro dell'impegno del nuovo governo, particolarmente abilitato nella persona del Presidente Monti e di altri suoi membri a intervenire nel teatro europeo. Ne è parte lo stesso concentrarsi di queste settimane sul varo di un corposo decreto, motivato dalle urgenze del critico contesto finanziario europeo".

Il Presidente Napolitano ha quindi messo l'accento "sul palese ristagnare di una politica estera comune, e sullo stimolo che da parte nostra può venire al rilancio di quello che pure in termini istituzionali aveva rappresentato una delle principali innovazioni e promesse del Trattato di Lisbona. Più in generale ancora, c'è da vedere quanto e come l'avvio di un cantiere inedito come quello dell'annunciato Accordo Internazionale a 17 e forse persino a 26 membri (con la sola eccezione del Regno Unito), può divenire un'occasione non solo per un chiarimento sulla irrinunciabilità del metodo e del quadro comunitario, ma anche per un più coraggioso balzo in avanti – al di là del solo "fiscal compact" – verso un'Unione politica, verso un'Unione più integrata in tutte le sue dimensioni".

Sempre in riferimento alla politica estera comune, il Capo dello Stato si è soffermato "sull'indebolirsi, ormai da tempo, della voce dell'Europa nel dissonante concerto e nell'inconcludente affanno del processo di pace in Medio Oriente". Per il Presidente Napolitano "un qualche rischio può esserci di indebolimento della nostra attenzione e iniziativa, per effetto di quel giustificato, anzi obbligato concentrarsi del nostro impegno nell'arena europea. Non vedo questo rischio per quel che riguarda il nostro fondamentale rapporto con gli Stati Uniti, il nostro sempre essenziale impegno nella NATO, la nostra qualificata presenza e iniziativa nei grandi fori delle Nazioni Unite. Ma una debolezza d'impegno e di dinamismo da parte nostra c'è già stata in anni recenti – sul piano politico, dico, al di à della valutazione da darsi a proposito della presenza economica italiana – verso i grandi paesi emergenti, segnatamente dell'Asia. E' una debolezza da superare decisamente, da non lasciare che si aggravi. E c'è da rilanciare nel rapporto con realtà dell'Africa e dell'America Latina un'iniziativa politica che faccia anche leva sullo strumento di cooperazione allo sviluppo a disposizione del nostro paese. Per altro verso, dobbiamo – mi pare – prestare attenzione alla necessità che il nostro intenso rapporto, anche politico con la Russia, non subisca – oltre che una inevitabile "spersonalizzazione" – un affievolimento, che costituirebbe un errore e un danno, fatto salvo ogni opportuno aggiustamento e adeguamento in rapporto agli aspetti critici che stanno assumendo evidenza nella situazione di quel così rilevante paese".

Il Presidente Napolitano ha quindi fatto riferimento all'impegno della Farnesina "in un processo di riforma e razionalizzazione, anche per il miglior uso di risorse finanziarie scarse e con spirito di sacrificio. Ma non può esserci dubbio – ha affermato – sul fatto che l'Amministrazione degli Esteri, il nostro Corpo Diplomatico, rappresenti in primissimo piano una di quelle strutture portanti dello Stato nazionale, che vanno rinnovate ma non depotenziate e mortificate né in erroneo ossequio all'integrazione europea né in fuorviante aderenza a una falsa concezione di federalismo interno".

Fonte: www.quirinale.it
16 Dicembre 2011

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