Intercettazioni: Caselli: “Dietrofont sulla legge bavaglio. Avanti march!”
Marialaura Carcano
Giancarlo Caselli, Procuratore della Repubblica di Torino: “non sono chiari i tempi in cui si inserisce l’udienza filtro, quella del Gip presenti le parti, nella quale si stabilisce se le intercettazioni siano pubblicabili o meno”.
“Anche sul piano del diritto di cronaca, francamente, quello che ho letto sui giornali stamane mi sembra ancora troppo incerto. C’è l’intenzione di fare un passo avanti, è evidente, ma la misura, la sua messa in pratica bisogna valutarla . Per esempio non sono chiari i tempi in cui si inserisce l’udienza filtro, quella del Gip presenti le parti, nella quale si stabilisce se le intercettazioni siano pubblicabili o meno". Ad affermarlo in un'intervista ad Articolo21 è Giancarlo Caselli, Procuratore della Repubblica di Torino.
Le intercettazioni rilevanti si potranno pubblicare. Un emendamento del governo modifica il ddl intercettazioni , emendamento che ha deluso Berlusconi ma che piace ai finiani. Insomma sembra un punto a favore per chi si oppone a questa riforma e ai suoi effetti liberticidi: il diritto di cronaca è più garantito, ma sul piano delle indagini questo provvedimento non cambia….
“Anche sul piano del diritto di cronaca, francamente, quello che ho letto sui giornali stamane mi sembra ancora troppo incerto. C’è l’intenzione di fare un passo avanti, è evidente, ma la misura, la sua messa in pratica bisogna valutarla . Per esempio non sono chiari i tempi in cui si inserisce l’udienza filtro, quella del Gip presenti le parti, nella quale si stabilisce se le intercettazioni siano pubblicabili o meno.
Non è chiaro se le intercettazioni allegate ad un provvedimento di custodia cautelare potranno essere riprodotte e saranno utilizzabili o se dovranno essere valutate nell’udienza filtro, quindi portate a conoscenza delle parti.
In sintesi sembra nelle intenzioni un passo avanti ma poi è tutto da vedere, testo alla mano, se il meccanismo che viene introdotto non sia un po’ troppo barocco, complicato, con il risultato, addirittura, di rallentare i tempi del processo. Insomma non ho capito l’udienza filtro: la fa il collegio di tre magistrati competente sulle intercettazioni o il gip cui normalmente il pm si rivolge per i provvedimenti di custodia cautelare?
Insomma, bisogna valutare questa modifica tecnicamente, sotto il punto di vista dei tempi, dei modi, della snellezza o delle lentezze che introduce nella macchina della giustizia. L’intenzione sembra buona ma bisogna vedere la sua traduzione in cifra operativa…”
Quella vinta ieri dagli oppositori di questa legge, come sintetizza Repubblica, è una battaglia di libertà ma non per la legalità. Lei condivide questa impostazione del problema?
“Questo ddl rimane un siluro sotto la linea di galleggiamento delle investigazioni e rimane tale nel senso che le intercettazioni, indispensabili per scoprire la verità, funzionano se il meccanismo che le regolamenta è agile, chiaro e incisivo. Per autorizzare le intercettazioni ci vorrà un collegio di tre giudici, oggi basta il pm da solo con un provvedimento motivato. Domani ai giudici competenti si dovrà inviare l’intero fascicolo e questi tre giudici chiamati a decidere saranno chiamati a farlo per l’intero distretto. Domani per esempio Novara, Verbania, Cuneo, Casale, tutte queste città faranno riferimento all’unico giudice collegiale di Torino, capoluogo del distretto giudiziario. Tradotto: sarà un continuo sfrecciare per le strade del Piemonte di furgoni blindati con i fascicoli destinati al giudice distrettuale ammesso che ci siano furgoni, autisti e benzina. Perché il problema è anche questo. Questo potrebbe tradursi in un ritardo nelle decisioni. Potrebbe tradursi in qualcosa di non rapido, non snello. Oggi per fortuna è stato rimediato a quello che era un profilo inaccettabile del testo licenziato dalla Camera, quello per cui fuori dall’ambito della mafia e del terrorismo ci volevano sufficienti indizi di colpevolezza mentre adesso, dopo le modifiche, sono sufficienti indizi di reato. Ma anche su questo c’è il rischio che quello che è uscito dalla porta rientri dlla finestra. Perché gli indizi di reato devono essere valutati in base due articoli del codice di procedura penale che di fatto ci riportano al criterio della colpevolezza. Nella migliore delle ipotesi potrebbero esserci forti divergenze interpretative su questi paletti.”
Uno dei problemi sollevati dai magistrati riguarda il limite temporale delle intercettazioni. Anche qui le modifiche sembrano più contentini che soluzioni.
“Di fatto le intercettazioni a Torino mediamente durano 36 giorni, quelle di mafia 56 giorni. Siamo comunque sempre sotto i 75 giorni nella media e quando si va oltre non è per capriccio ma per necessità. Prevedere che oltre i 75 giorni si debba bloccare significa dettare delle norme in astratto, introdurre elementi di rigidità che non tengono conto delle esigenze investigative e il problema non lo risolve la modifica della proroga di 15 giorni anziché 72 ore, non è questo che risolve il problema.”
Insomma lei non pensa che questo provvedimento renderà più agile la giustizia?
“Basta dire che per mandare in galera una persona e condannarla all’ergastolo oggi basta un giudice singolo, per autorizzare le intercettazioni ci vorranno tre giudici. Questo dimostra che in realtà l’obiettivo è mortificare questo strumento.”
Fonte: Articolo21
22 luglio 2010
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Intercettazioni: un passo avanti e due questioni aperte
Federazione Nazionale della Stamp, 20 luglio 2010
Evidentemente avevano fondamento le proteste e le richieste formulate nei mesi scorsi da tanta parte dell’opinione pubblica, e con essa dalle rappresentanze dei giornalisti e dei magistrati. L’udienza-filtro,la cui introduzione anche la Fnsi ha sollecitato per lungo tempo, entra finalmente nei testi proposti dal governo: si è capito, pur tardivamente, che è in questo strumento il giusto equilibrio fra il diritto alla riservatezza, il diritto-dovere di informare e il diritto dei cittadini a conoscere le vicende di rilevanza pubblica. E’ un importante passo avanti, che va ascritto non soltanto al dibattito tra le forze politiche ma anche alla possente mobilitazione che ha caratterizzato la vita pubblica italiana di questo periodo.
Restano però aperte due questioni di assoluta rilevanza, che il sindacato dei giornalisti chiede vengano prese in esame nel prosieguo della discussione parlamentare alla Camera. La prima è l’assenza di un termine certo entro il quale l’udienza-filtro debba svolgersi: se manca questa indicazione vincolante, si rischia che il segreto sulle intercettazioni duri per mesi o anni; il bavaglio, rimosso in linea di diritto, verrebbe ripristinato nei fatti. La seconda è il permanere dell’obbligo al riassunto: non se ne comprende la ragione, una volta che l’udienza-filtro abbia escluso le parti delle intercettazioni prive di rilevanza pubblica. Ribadiamo la richiesta che il riassunto venga eliminato: a garanzia della nostra autonomia professionale (deve essere il giornalista a scegliere se e quanto sintetizzare, dopo che il rischio di intrusioni nei fatti privati è stato risolto alla radice); a garanzia dei cittadini e del loro diritto ad una informazione completa; a garanzia anche di soggetti a vario titolo presenti nelle inchieste giudiziarie. La recente vicenda che ha avuto come protagonista e vittima il Presidente della Giunta regionale della Campania, Stefano Caldoro, ne è un chiaro esempio: a far emergere la macchinazione ai suoi danni ha contribuito anche la possibilità che l’informazione italiana ha avuto di pubblicare per esteso i testi delle intercettazioni. I riassunti rischiano di essere terreno di allusioni, messaggi cifrati, segnali in codice. Non ne ha bisogno l’informazione, non ne ha bisogno la società.