Insurrezione in Siria
Riccardo Cristiano - Il Mondo di Annibale
Si avvicina dunque il capolinea per un regime irriformabile, che ha ormai dilapidato l’unico “capitale” che poteva salvarlo, il proprio carattere laico.
Oggi l’agenzia di stampa siriana, SANA, si è occupata in particolare dell’apertura del salone turistico. Ma guardando questo video mi sono convinto che i delegati sono stati accompagnati a visitare la moschea degli Umayyadi di Damasco.
Il video non è di qualità eccelsa, ma è incredibile che, come tanti altri girati oggi in Siria, sia su You Tube, è incredibile che sia uscito dalla Siria; è una delle prove evidenti che oggi è cominciata la fine del quarantennale regime tribale familiare degli Assad. Perché la protesta ha coinvolto decine di migliaia di persone in tutte le città siriane, da Daraa, città martire dei giorni scorsi, ai confini con la Giordania, a Damasco, ad Aleppo, a Latakia, a Homs… e poi a tantissime altri città meno note, fino al confine con la Turchia a Nord e con l’Iraq. Proprio da una di città vicina al confine iracheno, Tel Kelakh, viene questo viedeo, nel quale si vede tantisisma gente marciare al grido di “libertà per Siria, da oggi non avremo più paura“.
La ridicola marcia dei volenterosi, alcune centinaia di giovani, che ha avuto luogo verso le 19 a Damasco è la conferma che questa volta il regime sta già vacillando.
Le forze dell’ordine hanno sparato un po’ ovunque, uccidendo quattro manifestanti nella sola Damasco: in molti casi è stato proibito alle ambulanze di soccorrere i feriti. E’ il vero volto del regime di Assad, l’uomo che ieri aveva promesse riforme, aperture.
Si avvicina dunque il capolinea per un regime irriformabile, che ha ormai dilapidato l’unico “capitale” che poteva salvarlo, il proprio carattere laico. Espressione di una piccola minoranza religiosa, gli alawiti (una frangia dell’Islam sciiita), il regime infatti non poteva basarsi sull’adesione religiosa e per questo ha naturalmente protetto le altre minoranze minoranze religiose, purché non si immischiassero con la politica. Ma questo è un tratto scomparso sotto le atrocità.
Nessuno più degli Assad ha infangato il termine “socialista” perseguitando le minoranze etniche, a cominciare dai curdi, gli oppositori, appartenenti a qualsiasi formazione di sinistra o ai fratelli musulmani, gli attivisti per la difesa dei diritti umani, i palestinesi. Questi ultimi in particolare sono stati nemici giurati del regime, che ha torturato tra l’altro l’allora giovane Arafat, perché il delirante nazionalismo degli Assad non ha mai riconosciuto l’esistenza di un popolo palestinese, come di un popolo libanese: sono tutti siriani!
E’ questo il motivo di fondo per cui nel breve volgere di un anno (o poco più) a Beirut sono stati assassinati l’ex primo ministro Rafiq Hariri e 22 persone che si trovavano con lui, uno dei più grandi intellettuali arabi, Samir Kassir, un giovane ministro, Pierre Gemayyel, di un editore, Gebran Tueni, l’ex segretario del Partito Comunista Libanese, Georges Hawi, i deputati Walid Eido e Antoine Ghanem: e gli attentati falliti per miracolo non sono stati pochi.
Accanto a questo “nazionalismo sanguinario” c’è un’ideologia che non si può definire se non di tipo fascista, quella che li ha indotti a governare con il culto della personalità (livelli simili li ha raggiunti soltanto Saddam Hussein) ed i massacri, a cominciare da quello di Hama, quando in un sol giorno furono assassinati 20mila oppositori. Oggi il popolo siriano ha detto no alla paura e si è ribellato al tiranno, ponendo le basi per un radicale cambiamento di tutto il Medio Oriente.
Fonte: www.ilmondodiannibale.it
25 Marzo 2011