In piazza la rabbia della comunità marocchina un corteo dal Politeama fino al municipio


Valentina Cucinella


Un migliaio di persone è sceso in strada poche ore dopo la morte di Noureddine Adnane. Non solo immigrati, ma anche venditori ambulanti extracomunitari e tanti palermitani, esponenti di gruppi e movimenti della società civile.


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In piazza la rabbia della comunità marocchina un corteo dal Politeama fino al municipio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Palermo è scesa in piazza con il cuore colmo di rabbia per onorare Noureddine Adnane, il giovane marocchino di 27 anni, morto con la sola colpa di aver provato a vivere dignitosamente. Alle 16, piazza Politeama era piena: c'era la comunità marocchina, la comunità tunisina, i comitati antirazzisti, i sindacati, i rappresentanti del movimento socialismo rivoluzionario (tra i promotori), rifondazione comunista, e il coordinamento anarchico palermitano. E poi, ancora, uomini, donne e bambini. "È la folla di Palermo che piange un suo figlio", prova a spiegare uno degli organizzatori. C'è un dolore soffocato in piazza. Un dolore che si trasforma in un grido straziante, quando, all'improvviso, una voce si leva dalla folla e qualcuno grida: "Dio è grande". Una preghiera che accompagna il defunto perché, spiegano i musulmani ai passanti, quando un uomo muore inizia il suo viaggio verso Dio. È un attimo. Tutti si uniscono al coro e la preghiera si trasforma in un lamento di dolore.

"Siamo qui per l'anima di Noureddine – dice Sorj Assia, 41 anni, marocchina – questo ragazzo si è bruciato per noi immigrati e la sua anima chiede giustizia". Lei ha 41 anni, lavora come collaboratrice domestica e conosceva Noureddine da dieci anni: "Non ci lasciano vivere in pace – continua, con il tono della voce che si fa sempre più forte – non ne possiamo più. Basta". Alle 16,30, il corteo si muove. "I diritti non hanno colore", "La legge brucia la vita", sono alcuni dei tanti striscioni che i manifestanti reggono.

Sono oltre un migliaio i manifestanti, riempiono le strade e la rabbia cresce ad ogni passo. La folla sfila in via Ruggero Settimo, davanti allo sguardo commosso dei passanti. "Siamo tutti figli di Dio – grida Magda Elkarkouri – basta con il razzismo. Mio fratello è un venditore ambulante, è stato arrestato e picchiato senza alcun motivo. Noi vogliamo solo tranquillità". Sono stanchi, arrabbiati. "Non è giusto – dice Ciccio Soufi, 21 anni, cugino di Noureddine – lui voleva solo lavorare. I vigili urbani sequestrano la merce e poi la rivendono. In questo modo, non possiamo lavorare". Scoppia in lacrime. Non riesce a parlare oltre e la folla applaude.

"Questo non è solo un atto di solidarietà – afferma Pietro Milazzo, responsabile regionale Cgil per gli immigrati, in testa al corteo – ma è anche l'inizio di una lotta che porteremo avanti per cercare di scoprire la verità. Stiamo preparando un esposto assieme a diverse associazioni che presenteremo alla magistratura per accertarci che non ci sia stata un applicazione impropria delle ordinanze comunali. Chiederemo anche al Comune di indire un lutto cittadino per i prossimi giorni".

Intanto, il corteo prosegue lungo via Maqueda tra lamenti, preghiere e cori di indignazione.

La sofferenza si sente, si avverte, è nell'aria. Ma è la rabbia che invade le strade e che esplode con tutta la sua forza, perché questo, dicono, è il giorno in cui bisogna respingere con forza il razzismo. Non c'è posto, dunque, per la disperazione. "È un razzismo latente e serpeggiante quello che ha ucciso Noureddine", dice Antonella Monastra, consigliera comunale del gruppo Un'altra Storia: "Noureddine è una vittima del razzismo ed è il simbolo della lotta per i diritti civili degli immigrati che dobbiamo portare avanti tutti insieme".
Durante il corteo, da un gruppo di giovani palermitani partono insulti verso i vigili urbani che diventano il bersaglio di invettive indiscriminate. Gli agenti incassano. Poi, sottovoce, qualcuno prova a dire la sua: "Ho indossato la divisa con dignità e spirito di servizio, capisco il dolore ma quello a cui ho assistito è sconcertante per i toni e le forme".

Gli immigrati prendono il megafono e gridano che gli agenti della polizia municipale non sono tutti uguali e che la loro rabbia non è rivolta all'intero corpo della polizia municipale. È un modo per placare gli animi e non esasperare una tensione palpabile. Alle 19, il corteo raggiunge Palazzo delle Aquile e la comunità si raccoglie per pregare ancora una volta. Poi la polemica si riaccende: "Siamo nella piazza della Vergogna – dicono – perché è vergognosa la latitanza del Comune e del Sindaco". Nella piazza si leva un lungo applauso. I manifestanti rivendicano "libertà e dignità". Gli immigrati invocano il permesso di soggiorno per tutti. Chiedono giustizia. Poi, un ultimo appello alla città: "Palermo, piangi con noi".

Alla fine, il corteo si scioglie. Molti dei manifestanti raggiungono l'ospedale Civico per dare l'ultimo saluto a Noureddine che si prepara a tornare nel suo paese. "Noureddine che va incontro a Dio", mentre la città torna silenziosa. 

Fonte: http://palermo.repubblica.it

20 febbraio 2011

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