In crisi finanziaria l’agenzia Onu per i profughi


Michele Giorgio, Il Manifesto


Riduzione dei fondi per la cooperazione internazionale. A farne le spese anche l’Unrwa e i 4,7 milioni di profughi palestinesi.


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In crisi finanziaria l'agenzia Onu per i profughi

Gerusalemme – L’Unrwa boccheggia a causa dei tagli consecutivi delle donazioni internazionali. L’agenzia dell’Onu che da più di 60 anni assiste i profughi palestinesi si prepara ad affrontare un 2011 carico di incertezze. «Quest’anno chiuderemo con un deficit di 30 milioni di dollari» rivela al manifesto Filippo Grandi, il Commissario generale dell’Unrwa – e possiamo lamentarci fino ad un certo punto perché appena qualche mese fa il buco era di 100 milioni». E per il prossimo anno, prosegue Grandi, «si annuncia una ulteriore riduzione dei fondi destinati alla cooperazione internazionale in molti dei paesi donatori». A farne le spese potrebbe essere anche l’Unrwa e, di conseguenza, i 4.7 milioni di profughi palestinesi (erano circa 800mila nel 1948) che, espulsi o fuggiti dalla loro terra dopo la fondazione di Israele, da 62 anni vivono in campi sparsi tra Cisgiordania, Gaza, Libano, Siria e Giordania in attesa di vedere realizzato il «diritto al ritorno» sancito dalla risoluzione
194 dell’Onu. «L’Italia quest’anno ci ha donato 10 milioni di dollari ma non sappiamo ancora nulla sugli impegni per il 2011», aggiunge il Commissario generale che ha trascorso gli ultimi mesi in giro per il mondo a cercare di raccogliere fondi. La questione palestinese non figura più ai primi posti nell’agenda di politica estera di molti governi, inclusi quelli arabi.
Quest’anno a «salvare» l’Unrwa sono state le donazioni straordinarie fatte da Stati uniti (che ieri hanno assicurato anche un versamento da 150 milioni di dollari all’Anp), Unione europea e Gran Bretagna. I regimi arabi dichiarano ad ogni occasione il loro amore per i «fratelli palestinesi» ma poi donano molto poco a favore dei profughi ad eccezione, almeno in questa fase, dell’Arabia saudita che sta contribuendo alla ricostruzione del campo profughi di Nahr el Bared (distrutto nel 2007 dai bombardamenti dell’esercito libanese durante gli scontri con il gruppo qaedista Fatah al Islam). «Ci sono poi situazioni di conflitto, come Gaza, che richiedono interventi straordinari di assistenza ai civili – riferisce Grandi -, nella Striscia nel 2009 l’Unrwa ha investito nei programmi di emergenza 300 milioni di dollari ricevuto poi una copertura dai donatori, vicina all’80%, invece quest’anno le donazioni hanno coperto solo il 40%».
E’ sempre aperto il dibattito sul ruolo delle Nazioni unite nella questione palestinese e nella condizione di un popolo che affronta emergenze, anche umanitarie, non provocate come in altre parti del mondo da catastrofi naturali ma dalla guerra e dalle politiche dell’occupazione israeliana. E non sono mancate in questi anni critiche anche all’Unrwa, peraltro bersaglio, proprio in questi giorni, di rivendicazioni dei suoi dipendenti palestinesi in Cisgiordania, in sciopero da circa un mese. Senza dimenticare le proteste provocate dalle dichiarazioni fatte il mese scorso dal direttore dell’agenzia negli Usa, Andrew Whitley, sulla non applicabilità del diritto al ritorno per i rifugiati palestinesi. Ma l’Unrwa era e resta essenziale per l’assistenza, scolastica e sanitaria prima di tutto, di milioni di profughi in continuo aumento (3% annuo). All’enorme deficit politico dei negoziati israelo-palestinesi che dal 1991 ad oggi non hanno prodotto alcun risultato per i rifugiati in
linea con le risoluzioni internazionali, si aggiunge ora anche il deficit finanziario dell’Unrwa.
Le conseguenze della mancanza di fondi per i civili nei campi per rifugiati potrebbero rivelarsi devastanti. L’Unrwa già ora fatica ad elevare i livelli di istruzione scolastica per i profughi mentre fino a non molto tempo fa raggiungeva punti di eccellenza. Lo dimostra il premio scientifico internazionale vinto prima dell’estate da tre studentesse del campo profughi di Askar (Nablus). Senza dimenticare che nei Territori occupati l’agenzia, con i suoi 6mila dipendenti palestinesi in Cisgiordania e i 10mila a Gaza, è il secondo datore di lavoro dopo l’Anp. E una fonte importante di occupazione lo è anche per migliaia di rifugiati in Libano. «Nel ridimensionamento dell’Unrwa – spiega Filippo Grandi – i profughi leggono il disinteresse del mondo verso la loro condizione e i loro diritti».

Fonte: il Manifesto

18 novembre 2010 

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