"In cammino 365 giorni all’anno"
Don Luigi Ciotti
L’appello di Luigi Ciotti sul palco a Napoli in occasione della XIV Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime delle mafie. Ai camorristi: Convertitevi, siete condannati a vita. Alle istituzioni: nessuno usi la legalità per calpestarla.
Voi l’avete capito che questo non è un evento, non è una manifestazione, non è un corteo qualsiasi. Questo è stato ed è un camminare insieme, per impegnarci di più tutti; tutti per costruire legalità diritti pace, verità e giustizia nel nostro paese. E avete sentito che ad aprire questo camminare insieme centinaia, centinaia di familiari delle vittime della violenza criminale delle mafie. Ma vogliamo anche ricordare qui tutte le vittime del dovere e le vittime del terrorismo non ci sono morti di seria “A”, di serie “B”, di serie “C”. Sono tutti morti per la democrazia per la giustizia, per il bene del nostro paese e noi vogliamo ricordarli tutti, sempre e sempre di più. E allora non è un evento perché le persone che sono venute qui, sentono prepotente dentro di loro che ci si deve impegnare 365 giorni all’anno.
Questi amici, questi familiari chiedono coerenze, credibilità e soprattutto la continuità delle nostre scelte e dei nostri impegni, è questo il senso di esserci qui. Esserci, camminare insieme per cambiare: la normalità del bene ed il coraggio dovrebbe essere la vera ossatura di tutta la nostra società. E allora aveva ragione Pippo Fava quando diceva: «A che serve essere vivi se non si ha il coraggio di lottare». Già, a che serve essere vivi se non si ha il coraggio di lottare, ognuno per la propria parte, per il proprio ruolo, per le proprie competenze. Noi chiediamo allo Stato e alle istituzioni che facciano il loro dovere fino in fondo. Noi vogliamo essere una spina propositiva al fianco delle istituzioni per chiedere quello che è giusto: la verità, i diritti, la giustizia sociale che guarda caso incomincia con quell’articolo 1 della Costituzione che dice che questa è una repubblica fondata sul lavoro: lotta alla mafia incomincia dal lavoro, dalla dignità delle persone, dal creare quelle condizioni affinché le persone non devono essere private della loro libertà e della loro dignità. Abbiamo bisogno che i diritti non siano scritti solo sulla carta, non siano solo enunciati ma che i diritti siano carne, siano vita. Abbiamo bisogno di creare queste condizioni come ci ricordava Carlo Alberto dalla Chiesa: che lo Stato dia come diritto ciò che le mafia danno come favore.
Allora questo è il grido che noi ancora lanciamo e lo abbiamo lanciato pochi giorni fa a Casal di Principe camminando per quelle strade dove qualche anno fa, quando camminavamo nel ricordo di don Peppino Diana, le finestre erano chiuse e anche le porte. Ma l’altro giorno le finestre erano aperte e le porte erano aperte grazie a voi, grazie a tutti voi, nessuno escluso. Quando civiltà e coerenza è possibile cambiare allora non dobbiamo arrenderci, non dobbiamo abbassare la testa, dobbiamo ancora continuare a camminare insieme dobbiamo essere cittadini in cammino 365 giorni all’anno. Poi abbiamo scelto: che ci sia un giorno, il giorno della memoria e dell’impegno, meglio dell’impegno e della memoria. Il primo giorno di Primavera per fare in modo di potervi abbracciare tutti e di ricordare a voce alta alle nostre coscienze. Ma anche un pugno nello stomaco a quelli che stanno alla finestra a guardare e che godono di tutto questo, che quei nomi non ci abbandoneranno mai, ed essere un richiamo delle nostre coscienze ad essere persone che si devono sporcare tutti i giorni le proprie mani per costruire questi percorsi.
Allora forza amici, forza dobbiamo essere più responsabili tutti, meglio, corresponsabili perché noi chiediamo si alle istituzioni di fare la loro parte ma per piacere, per piacere, per piacere, non chiediamo alle istituzioni di fare la loro parte se noi non facciamo innanzitutto la nostra parte fino in fondo con coerenza. Dobbiamo noi essere credibili innanzitutto. E quando chiediamo non ci sia solo la denuncia, giusta doverosa sempre seria e documentata. Ma ci sia sempre anche la proposta. E vi devo dire cari amici che io faccio sempre fatica a guardarvi in faccia e vorrei che tutti sappiano guardarvi nella profondità dei vostri occhi perché quegli occhi parlano. Di fronte a voi credo che dobbiamo stare muti e commossi perché conosco la profondità delle vostre ferite e del vostro dolore. Ma so anche che avete compiuto il faticoso percorso che muove dal dolore e approda all’impegno. Grazie perché siete stati capaci dal dolore dalla sofferenze, vi siete messi in gioco in forme dense e convinte di cittadinanza attiva e di attività sociale culturale. Avete offerto la vostra disponibilità, avete in comune l’esperienza del dolore a portare a nudo le ferite ed i percorsi più faticosi e più intimi. Siete voi i primi testimoni di strema generosità personale e di grande disponibilità sociale.
Hanno camminato con voi nelle prime file gli amici del FAI che Tano Grasso fondò anni fa. Oggi non è qui con noi perché ha avuto un piccolo intervento chirurgico. Vi manda a salutare tutti e noi salutiamo tutti i commercianti, gli imprenditori tutti colore che hanno avuto la forza di dire no di rifiutarsi di pagare il pizzo che con coraggio hanno messo in gioco la loro vita, e allora abbiamo veramente camminato insieme. Nando Dalla Chiesa, figlio di Carlo Alberto ha detto: «mio padre è stato ucciso perché non si è girato dall’altra parte». Noi tutti non dobbiamo mai girarci dall’altra parte, incominciamo dalle piccole cose ma qualche mese fa a Casal di Principe a raffaella, 19 anni, in occasione della festa della polizia, non a caso a Casal di Principe, ha detto: «Noi siamo casalesi e siamo stanchi di doverci vergognare di questo aggettivo; casalesi è il nome di un popolo e non di un clan». E questo vale per Napoli, per la Campania, siamo un popolo e non saranno certamente i mafiosi ad aver il sopravvento.
Ma i giovani che voi avete visto camminare a migliaia oggi per queste vie non sono il futuro come qualcuno dice ma sono il nostro presente e ci chiedono oggi che si facciano delle politiche per le famiglie e ci chiedono che si creino le condizioni di un sano protagonismo e una sana partecipazione. Ci chiedono che oggi questa società li aiuti nel concreto a vivere il passaggio dal sogno al progetto, dall’apprendimento al senso di responsabilità. E allora sono stupendi questi ragazzi che sono venuti da tutte le parti di Italia e da trenta paesi d’Europa. Sono venuti qui a Napoli con la loro passione ed entusiasmo e chiedono agli adulti di essere credibili e dare l’esempio.
E un’altra cosa sì: amici non girarsi dall’altra parte. La Costituzione è il testo fondamentale che ci insegna le regole dell’essere cittadino e che nessuno tocchi quella prima parte della Costituzione italiana, nessuno la tocchi e la nostra Costituzione dobbiamo fare in modo che diventi sempre di più cultura e costume e soprattutto qualcuno non confonda la giustizia con la legalità. La giustizia cioè la realizzazione effettiva dell’uguaglianza dei diritti e le opportunità dei doveri per le persone viene troppo spesso confusa con la legalità, il concetto di legalità tanti lo usano, sono troppi quelli che lo piegano a facili strumentalizzazioni e per legittimare misure e provvedimenti che vanno in direzione contraria a quella della giustizia sociale. Nel nome della legalità c’è chi la calpesta tutti i giorni. Allora aiutiamoci, aiutiamo quei giovani in modo propositivo a distinguere le buone leggi, quelle che promuovono i diritti di tutti i cittadini da quelle cattive fatte nell’interessi di pochi o incapaci di trovare il giusto equilibrio tra sanzione ed esclusione, tra penale e sociale. Non girarsi dall’altra parte deve essere l’impegno di tutti.
L’altro giorno un tuo assessore di nome Scotti (rivolto al sindaco Iervolino, ndr) ci ha detto no alla legalità sostenibile, quella fatta di mediazioni continue tra lecito ed illecito perché ci sono troppi che nella loro testa pensano che si possa usare la legalità come “bandiera” da sbandierare ma poi si fa l’occhiolino all’illegalità e questo, è il viatico alla camorra e delle mafie. All’apertura dell’anno giudiziario molti presidenti delle corti d’Appello ci hanno ricordato la crescita negli ultimi tempi della criminalità dei colletti bianchi. Scusate, per un prete, è giusto che si chiamino i colletti neri, perché sono nere quelle persone nel senso che veramente calpestano la legalità. Allora forza amici noi abbiamo due nemici: la violenza, la criminalità, le mafie, la corruzione, le illegalità, ma anche la burocrazia e aspettiamo anni per avere la verità. L’ Italia è al 156° posto su 181 paesi del mondo per la lentezza della giustizia nel nostro paese, e che i beni possano essere confiscati in modo veloce. Il 36 per cento sono sotto ipoteche bancarie: che le banche cancellino subito queste ipoteche. Noi stiamo dando una mano alle banche, bene le banche cancellino perché tutti i beni devono essere usati e restituiti alla collettività.
Soprattutto il parlamento italiano, chi fa politica lo faccia, trovi una normativa, se la inventi non porti scuse perché questi familiari hanno trasformato il loro dolore in impegno. Si prendono le ferie, se le bruciano tutte, non hanno più giorni di riposo, ma non lo dico in modo retorico, perché vanno nelle scuole e nelle associazione vanno a portare la loro testimonianza sofferta ma anche per stimolare i nostri ragazzi, e la gente a mettersi in gioco a capire che si può voltare pagina, che è possibile. Allora si riconosca quell’impegno e che uno non debba bruciarsi tutte le vacanze ma sia riconosciuto. E chiedo che tutti i signori deputati del parlamento italiano vadano ad ascoltarli, uno per uno per piacere, perché solo guardandoli in faccia si capisce la violenza criminale e mafiosa nel nostro paese, perché se no parliamo tutti a vuoto. E allora è finito il tempo delle promesse, grazie lo voglio dire ai magistrati e alle forze dell’ordine grazie a quella politica trasparente e diamo insieme una bella pedata a quelli che sono dei mascalzoni e non fanno fino in fondo la loro parte.
E l’ultima cosa la rivolgo a chi è nel crimine a chi è nelle mafie e nella camorra, lo dico a nome di tutti questi familiari, a chi vive nella violenza e nel crimine: fermatevi. Ma che vita è la vostra; ma ne vale la pena? Perché avete carcere che vi aspetta, clandestinità, troppe morti. Se avete dei beni, prima o poi noi ve li confischiamo tutti, ve li portiamo via tutti, fermatevi. Alla fine che cosa vi resta? E soprattutto vi chiedo: fermatevi a riflettere dentro. Non basta ogni tanto pentirsi ma bisogna convertirsi, cambiare dentro. Come giustificate il male che fate agli altri e a voi stessi? la vostra è una condanna alla vita, condannate già la vostra vita, questa non può essere la vita.
Molti di questi familiari vanno nelle carceri minorili consapevoli che bisogna anche saper porgere la mano e costruire le condizioni perché questi ragazzi si possano e riescano a sottrarsi al crimine. Rita Atria, gli hanno ucciso il padre ed il fratello. In un tema d’esame scrisse: “l’ultima speranza è non arrendersi mai, rendere coscienti i ragazzi, che vivono tra la mafie, che al di fuori c’è un altro mondo fatto di cose semplice ma belle, di purezza. Un mondo nel quale sei trattato per quello che sei, non perché sei figlio di questa o di quella persona. Forse un mondo onesto non esisterà mai ma chi ci impedisce di sognare? Forse se ognuno di noi prova a cambiare forse ce la faremo, ce la faremo insieme”.
Fonte: Liberainformazione.it
21 marzo 2009