Il problema della Grecia con le spese militari
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Erano altissime, sono diminuite negli anni ma la questione resta complicata
In questi giorni complicati per la Grecia e l’Unione Europea si è parlato, tra le altre cose, delle spese militari della Grecia, che il governo Tsipras ha ribadito ieri di non voler ridurre. In vari articoli comparsi su giornali internazionali si critica il fatto che la Grecia spenda per le forze armate più di molti altri paesi in Europa e che il budget militare sia stato largamente risparmiato dai tagli imposti o accettati invece in altri settori. In realtà la storia è un po’ più complicata di così.
Di cosa si è parlato negli ultimi giorni
Nelle trattative ancora in corso negli ultimi giorni in Grecia la questione delle spese militari è stata citata sia dai creditori internazionali che dal governo greco. Nella lettera scritta da Tsipras, pubblicata dal Financial Times e inviata poco prima che venisse annunciata la decisione del referendum, tra le altre misure, si propone di «ridurre il tetto per le spese militari di 200 milioni di euro nel 2016 e di 400 milioni di euro nel 2017 attraverso una serie di azioni mirate, incluse la riduzione dell’organico e degli appalti».
Mercoledì 1 luglio il governo greco ha però fatto sapere di non avere piani per abbassare il limite di spesa in questo settore: «Non c’è, non c’era e non ci sarà mai una proposta del governo greco per tagliare le spese della difesa». Reuters ha scritto di questa contraddizione e ha ipotizzato che l’ultima dichiarazione si debba alla contrarietà del ministro della Difesa Panos Kammenos, leader di ANEL (Greci indipendenti), il partito nazionalista e di destra con cui Syriza ha raggiunto un accordo dopo la vittoria per avere la maggioranza in parlamento.
Le spese militari della Grecia
Secondo lo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), un istituto internazionale indipendente col compito di condurre ricerche scientifiche in materia di conflitti e cooperazione, la Grecia è uno dei paesi che tra il 2013 e il 2014 ha avuto la maggior riduzione delle spese in campo militare, dopo Albania e Portogallo.
La diminuzione delle spese militari della Grecia è stata costante negli ultimi anni, come mostra questo grafico. Per i dati più aggiornati c’è questa tabella del SIPRI.
Se in termini relativi le spese per la difesa sono state ridotte, la percentuale di spesa in questo settore riportata al PIL del paese resta comunque piuttosto alta, così come resta alta la quota di personale militare impiegato in Grecia rapportata alla popolazione. Nel 1980 in Grecia la spesa media militare era del 6,2 per cento del prodotto interno lordo, contro una media europea del 2,9 per cento; tra il 2000 e il 2010 è stata abbassata al 3 per cento contro una media UE del 1,6 per cento. Tra il 2010 e il 2014 è stata ridotta ancora passando dal 2,7 al 2,2.
Perché?
Secondo alcuni analisti il budget impiegato dalla Grecia per la difesa è alto per diversi motivi: le elevate spese di retribuzione del personale, innanzitutto. Solo altri sei paesi che fanno parte della NATO hanno costi del personale superiori a quelli della Grecia. La NATO ha stimato che il 73,3 per cento del budget del 2015 per spese militari della Grecia sarà impiegato per spese del personale. A questo si potrebbe aggiungere il rischio di mandare a casa migliaia di giovani soldati che andrebbero a incrementare il numero di disoccupati, che è già in proporzione tra i più alti d’Europa.
Ci sono poi questioni storiche: l’influenza politica delle forze armate in un paese che è stato governato a lungo da una giunta militare e il pericolo percepito dalla vicina Turchia, su cui le società produttrici di armi hanno sempre fatto leva. Sebbene sia la Turchia che la Grecia siano membri della NATO e siano dunque tecnicamente alleati, i due stati sono in competizione sulla questione di Cipro.
Cipro, la terza isola più grande del Mar Mediterraneo, ottenne l’indipendenza dal Regno Unito nel 1960, ma quattro anni più tardi cominciarono dei violenti scontri tra i greci ciprioti (la maggioranza) e i turchi ciprioti. Gli scontri provocarono grosse tensioni tra Turchia e Grecia, risolte temporaneamente dalla mediazione dell’allora presidente statunitense Lyndon Johnson. Nel 1974 la Guardia Nazionale cipriota e la giunta militare al governo in Grecia (più conosciuta come il “regime dei colonnelli”) organizzarono un colpo di stato a Cipro e fu proclamata la Repubblica Greca di Cipro. In risposta al colpo di stato, il 20 luglio 1974 la Turchia invase Cipro e l’isola fu divisa in due parti dalla cosiddetta “Linea verde” (che divide in due anche Nicosia). Quella della divisione di Cipro in due è una delle più lunghe e complicate crisi degli ultimi cinquant’anni in Europa. I negoziati sono in corso da tempo senza che siano stati fatti grandi passi in avanti, soprattutto a causa del mancato accordo sulle risorse di petrolio e di gas nel Mediterraneo. Le trattative sono comunque ricominciate lo scorso maggio con maggiori speranze di trovare finalmente una soluzione perché è stato eletto come leader turco-cipriota Mustafa Akinci, esponente della sinistra moderata.
Pressioni esterne
L’ultima ragione che potrebbe giustificare l’alta spesa militare della Grecia riguarderebbe le pressioni esterne che il paese avrebbe ricevuto negli ultimi anni: e c’entra anche la Germania.
Circa il 15 per cento delle esportazioni tedesche di armi, scrive per esempio il Guardian in un articolo del 2012, sono state inviate alla Grecia, e quasi il 10 per cento di quelle francesi: l’anno di riferimento di questi dati è il 2012. Secondo lo Stockholm International Peace Research Institute, la Grecia ha continuato a comprare grandi quantità di armi da entrambi i paesi anche tra il 2010 e il 2014, gli anni peggiori della sua crisi economica. Durante questo periodo, il governo di Atene ha acquistato attrezzature militari per un valore pari a 551 milioni di dollari dalla Germania e pari a 136 milioni dalla Francia.
Già nel 2010 un articolo sul Wall Street Journal sosteneva che Francia e Germania avessero imposto l’acquisto di sottomarini, navi, elicotteri e carri armati come condizione per sbloccare il piano di aiuti alla Grecia: non emersero prove e i governi smentirono rapidamente queste voci. Quello che è noto è che dal 2004 al 2009, durante il governo di Kostas Karamanlis del partito di centrodestra Nuova Democrazia, la Grecia acquistò dalla Germania 170 carri armati panzer Leopard per 1,7 miliardi di euro e 223 cannoni dismessi dalla Bundeswehr, la Difesa tedesca. Prima della fine del suo mandato Karamanlis ordinò anche 4 sottomarini prodotti dalla ThyssenKrupp. Il successore di Karamanlis, il socialista Papandreou, congelò l’acquisto e rifiutò di farseli consegnare: dopo aver ordinato una perizia tecnica sui sottomarini, che evidenziò problemi strutturali, a marzo del 2011 fu costretto a trovare un accordo che impose l’acquisto di due sottomarini al prezzo di 1,3 miliardi di euro e di altri 223 carri armati panzer per 403 milioni di euro.
Il Guardian, accusando la Germania di una sorta di ipocrisia, scrive: «Dietro le frequenti esortazioni che la Grecia deve contenere la spesa dopo aver vissuto per lungo tempo “al di là delle proprie possibilità” – ammonimenti fatti più volte da Merkel e dal suo ministro delle finanze Wolfgang Schäuble – c’è un’altra realtà che dipinge la Germania in una luce meno lusinghiera».
Fonte: www.dirittiglobali.it
2 luglio 2015