Il presidente bombardiere
Francesco Peloso
L’Italia parteciperà ai bombardamenti Nato sulla Libia. Lo ha annunciato il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in una telefonata al Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama.
L’Italia, si apprende da una nota di Palazzo Chigi, “ha deciso di aumentare la flessibilità operativa dei propri velivoli con azioni mirate contro specifici obiettivi militari selezionati sul territorio libico, nell’intento di contribuire a proteggere la popolazione civile libica. Con ciò, nel partecipare su un piano di parità alle operazioni alleate, l’Italia si mantiene sempre nei limiti previsti dal mandato dell’operazione e dalle Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”.
Dunque, in quest’ ennesima trasformazione della sua allucinante personalità, Berlusconi è diventato anche bombardiere. Certo, dichiara guerra a cose praticamente fatte; è nello stile dell’uomo accodarsi ai vincitori del momento, quale che sia il loro volto. Dai dittatori nordafricani ai nuovi governi post-rivoluzionari, dalla santa alleanza con George W. Bush alle telefonate con Obama. Del resto fino a ieri l’invincibile sembrava il raiss di Tripoli: da qui baciamano, ricevimenti, fiumi di dollari per un piano d’investimenti ventennale, hostess e sceneggiate varie. Era solo il settembre scorso, ricordate?
Poi ha cercato di capire che piega prendevano gli avvenimenti, ha visto le controffensive delle truppe di Gheddafi e subito ha preso le distanze dalla coalizione e dalle operazioni militari pronto a riaprire un impossibile tavolo col colonnello. Infine, seguendo le ultime pieghe degli avvenimenti, ha compreso che tutto era davvero perduto. Così, nei giorni scorsi, l’ineffabile Frattini – l’uomo che, giova ricordarlo ancora, additava Gheddafi a modello e faro per tutto il Medio Oriente solo nel gennaio scorso – ha aperto una linea di dialogo con gli insorti. E ora ecco la svolta, Berlusconi è pronto a bombardare. E che importa se l’incredibile giravolta compiuta in meno di un anno polverizza la credibilità di tutto un Paese. Intanto i leghisti hanno cominciato a urlare, c’è da capirli: si annunciano barconi su barconi, frontiere nel caos mentre urge una politica europea; peccato che il governo in camicia verde ha passato gli ultimi anni a tuonare contro le burocrazie di Bruxelles e a dar man forte alle motovedette italiche che pattugliavano il canale di Sicilia. I sogni isolazionisti crollano in questo subbuglio mediterraneo e mondiale.
Ma c’è anche un’altra ragione, più prosaica, per l’ultima uscita del premier, come sempre del resto. Questa volta gli serve qualcosa di grosso per evitare il crollo, l’implosione del suo stesso sistema di potere che da più parti si annuncia a cominciare dalle prossime amministrative milanesi. E allora cosa c’è di meglio di un bel polverone guerresco? Tentativo a dir la verità un po’ disperato. Nello stesso senso, del resto, vanno letti i tentativi di svuotare i referendum di giugno su acqua e nucleare, il vero obiettivo è che non si voti sul legittimo impedimento. Vasto programma si dirà, ma questa è l’Italia di oggi nel contesto internazionale.
Fonte: Articolo21, blog: il mondo di Annibale
26 aprile 2011