Il modello dell’informazione in positivo


Alessio Magro


Alla penultima tappa della Lunga marcia della Memoria -la carovana itinerante che si è svolta dal 16 al 28 luglio in provincia di Reggio Calabria, organizzata da daSud e Libera


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Il modello dell'informazione in positivo

Nessuno in platea. Sedie vuote. Sul lungomare inizia lo struscio delle sere estive. Il 25 luglio si parla di informazione e mafie. Ci sono i giornalisti venuti da fuori. E’ il gelo, ma si va avanti, con la benedizione del sindaco Rocco Femia. Surreale. Ma bastano dieci minuti e le sedie si riempiono. Tanti, tantissimi si fermano ad ascoltare, sul fondo alcuni più interessati degli altri, curiosi e forse anche un po’ preoccupati. Marina di Gioiosa Ionica è anche questo. Dicono che il calabrese deve essere parlato e poi magari ti ascolta. Di certo si deve essere credibili per farsi ascoltare, soprattutto nella Locride. Anche dagli ‘ndranghetisti.

Ha i galloni di caporedattore al Tg3, adesso preferisce il mestiere dell’inviato e l’impegno dal basso. Si parla di informazione in positivo, delle notizie “buone” dell’antimafia. E Santo Della Volpe è a suo agio. Alla penultima tappa della Lunga marcia della Memoria – la carovana itinerante che si è svolta dal 16 al 28 luglio in provincia di Reggio Calabria, organizzata da daSud e Libera – è il momento di indicare una strada. Della Volpe porta le esperienze del giornalismo impegnato: Articolo21 e Libera Informazione. Finestre sulla realtà, sul Paese delle mafie e dell’antimafia, gli approfondimenti sui grandi temi, le campagne civili e le voci dai territori. Una strada in salita: “Non nascondiamoci che anche i giornalisti, soprattutto i giornalisti – ha detto Della Volpe – non hanno tenuto la schiena dritta”. Ma qualcuno deve pur provare a dare un esempio.

Ecco che il confronto si fa vivo: le riforme sul fronte della giustizia, gli attacchi alla magistratura, la questione sicurezza e il nodo dell’informazione manipolata. E poi il tema dei conflitti di interesse. Non solo Mediaset: trust e monopoli si ripetono lungo la penisola, come a Catania – ha ricordato Della Volpe – dove l’editore Ciancio impedisce l’uscita delle pagine palermitane della Repubblica. E la Repubblica ci sta. “Quello degli assetti proprietari è uno dei problemi del giornalismo calabrese – spiega Danilo Chirico, giornalista e portavoce di daSud – solo negli ultimi anni sono nate nuove testate, la pubblicità è concentrata e continuano a mancare le redazioni dei grandi quotidiani nazionali”. Calabria isolata, emarginata e fraintesa: “Gli inviati usa e getta – ha aggiunto Chirico – restituiscono spesso un’immagine parziale e superficiale”. Non resta che “ripartire dal basso, fare memoria, raccontare, impegnarsi”.

C’è poi il nodo della notiziabilità, degli schemi giornalistici che assegnano le priorità alle notizie. E lasciano fuori dai sommari la cronaca dell’antimafia sociale: dalle coop sui beni confiscati (come la Valle del Marro di Gioia Tauro) al lavoro sociale (come quello del Centro don Milani di Marina di Gioiosa) alle amministrazioni che provano a resistere. Lo sottolineano con forza Davide Pati di Libera e Pierpaolo Romani di Avviso Pubblico (la rete di enti locali antimafia): molto si muove, raccontateci.

Raccontare, interpretare, ricordare, in una parola giornalismo. Quello di Pietro Melia, cronista del Tgr Calabria, che da sempre parla delle ‘ndrine locali. E quello di Mario Portanova, scrittore e inviato, che la ‘ndrangheta la sa vedere (da anni) anche a Milano. Ci sono poi le notizie in positivo. La cronaca dell’impegno, come “quel murales dipinto dai giovani del campo internazionale di Libera-Legambiente – ha detto Francesco Rigitano, di Libera Locride, anima della Lunga marcia – e dedicato a Lollò Cartisano. Un murales che il Comune dovrà salvaguardare”. E ci sono poi le storie delle vittime della ‘ndrangheta. La Lunga marcia ha provato a tenere tutto dentro. Stefania con il padre Vincenzo Grasso, Mario con il figlio Gianluca Congiusta, Alfredo Borrelli e Giovanni Tizian con i padri Francesco e Giuseppe, e poi Liliana con Massimiliano Carbone, Deborah e Mimma con Lollò Cartisano. E poi Ciccillo e Mario Gatto. E ancora gli altri, tanti, purtroppo. Stanno tutti lì in piazza Vittorio Veneto a Gioiosa Ionica, dipinti sul murales di Rocco Gatto, restaurato dopo trent’anni e inaugurato nella serata finale della Lunga marcia, il 27 luglio. E’ il Quarto Stato dell’anti-‘ndrangheta, è il murales delle vittime, il murales degli onesti. Di tutti. Si chiude un lungo percorso. Se ne apre un altro. Ancora memoria e ancora impegno.

Fonte: Articolo21 e Liberainformazione

1 agosto 2008

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