Il Mali e la riconquista dell’Africa


Manlio Dinucci - nena-news.globalist.it


Le potenze occidentali, i cui gruppi multinazionali rivaleggiano per accaparrarsi fonti di materie prime, si compattano quando sono in gioco i loro interessi comuni.


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French army troopers arrive at the base camp in Sevare on January 25, 2013. French and Malian troops advanced on the key Islamist stronghold of Gao after recapturing the northern town of Hombori as the extremists bombed a strategic bridge to thwart a new front planned in the east. The French-led assault against the radical Islamists controlling northern Mali entered its third week with a strong push into the vast semi-arid zone amid rising humanitarian concerns for people in the area facing a dire food crisis.  AFP PHOTO / FRED DUFOUR        (Photo credit should read FRED DUFOUR/AFP/Getty Images)

Nel momento stesso in cui il presidente democratico Obama ribadiva nel discorso inaugurale che gli Stati uniti, «fonte di speranza per i poveri, sostengono la democrazia in Africa», giganteschi aerei Usa C-17 trasportavano truppe francesi in Mali, dove Washington ha insediato l’anno scorso al potere il capitano Sanogo, addestrato negli Usa dal Pentagono e dalla Cia, acuendo i conflitti interni. La rapidità con cui è stata lanciata l’operazione, ufficialmente per proteggere il Mali dall’avanzata dei ribelli islamici, dimostra che essa era stata da tempo pianificata dal socialista Hollande.

L’immediata collaborazione degli Stati uniti e dell’Unione europea, che ha deciso di inviare in Mali specialisti della guerra con funzioni di addestramento e comando, dimostra che essa era stata pianificata congiuntamente a Washington, Parigi, Londra e in altre capitali. Le potenze occidentali, i cui gruppi multinazionali rivaleggiano l’uno con l’altro per accaparrarsi mercati e fonti di materie prime, si compattano quando sono in gioco i loro interessi comuni.

Come quelli che in Africa sono messi in pericolo dalle sollevazioni popolari e dalla concorrenza cinese.

Il Mali, uno dei paesi più poveri del mondo (con un reddito procapite 60 volte inferiore a quello italiano e oltre la metà della popolazione sotto la soglia di povertà), è ricchissimo di materie prime: esporta oro e coltan, il cui ricavato finisce però nelle tasche delle multinazionali e dell’élite locale.

Lo stesso nel vicino Niger, ancora più povero (con un reddito procapite 100 volte inferiore a quello italiano) nonostante sia uno dei paesi più ricchi di uranio, la cui estrazione ed esportazione è in mano alla multinazionale francese Areva. Non a caso, contemporaneamente all’operazione in Mali, Parigi ha inviato forze speciali in Niger.

Analoga situazione in Ciad, i cui ricchi giacimenti petroliferi sono sfruttati dalla statunitense ExxonMobil e altre multinazionali (ma stanno arrivando anche compagnie cinesi): ciò che resta dei proventi va nelle tasche dell’élite locale. Per aver criticato tale meccanismo, il vescovo comboniano Michele Russo è stato espulso dal Ciad lo scorso ottobre.

Niger e Ciad forniscono allo stesso tempo migliaia di soldati, che sotto comando francese, vengono inviati in Mali per aprire un secondo fronte. Quella lanciata in Mali, con la forza francese come punta di lancia, è dunque un’operazione a vasto raggio, che dal Sahel si estende all’Africa occidentale e orientale.

Essa si salda a quella iniziata in Nordafrica con la distruzione dello stato libico e le manovre per soffocare, in Egitto e altrove, le ribellioni popolari. Un’operazione a lungo termine, che fa parte del piano strategico mirante a mettere l’intero continente sotto il controllo militare delle «grandi democrazie», che tornano in Africa col casco coloniale dipinto dei colori della pace.

Fonte: http://nena-news.globalist.it
31 Gennaio 2013

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