Il governo si spacca su Kabul. La Lega contro gli alleati
Umberto De Giovannangeli - L'Unità
Ministri che precisano. Ministri che rilanciano. Ministri che frenano. Interventisti contro «dietrofrontisti». Imbarazzante. Inquietante…
A scatenare la bagarre è Umberto Bossi: fosse per il leader leghista i soldati italiani impegnati in Afghanistan dovrebbero tornarsene a casa: «Io li porterei tutti a casa. Visti i risultati e i costi ci penserei su. Io sono per spendere il meno possibile anche se so che c'è un problema internazionale che non è semplice risolvere», afferma il ministro delle Riforme. Che affronta lo scottante tema nell’ambito più consono (si fa per dire): a Motta Visconti, in una calda sera d’estate per la selezione di Miss Padania.
Il rompete le righe sconcerta i vertici dell’esercito, sgomenta gli alleati. E divide il Governo. «La presenza dei nostri militari in Afghanistan è imprescindibile. Lasceremo il Paese solo quando saranno garantite le condizioni di sicurezza», puntualizza il ministro della Difesa, Ignazio La Russa. «Torneremo indietro – aggiunge il ministro della Difesa – quando avremmo concluso l'obiettivo della missione che è dare all'Afghanistan la possibilità di gestire autonomamente il territorio, consentendo condizioni di sicurezza non solo in Afghanistan, ma anche per quella parte del mondo che vuole combattere il terrorismo. L’esatto opposto di quanto esternato dal Senatur. La Russa s’avventura in una riflessione psicoanalitica: ritirare le truppe italiane dall’Afghanistan? «Se pensassimo da papà, come ha fatto Bossi, questo sarebbe il primo sentimento. Ma se parliamo da ministri sappiamo che quello che stanno facendo i nostri ragazzi in Afghanistan è un compito importante,imprescindibile, irrinunciabile», dice il titolare della Difesa.
In trincea scende anche Renato Brunetta: «In Afghanistan si gioca anche la nostra libertà», ecco perché «non sono affatto d'accordo con il collega Bossi», dichiara il ministro della Pubblica Amministrazione. Silente il titolare della Farnesina. Ma Franco Frattini aveva consegnato il suo bellicoso pensiero al Corriere della Sera: contro quella che «è visibilmente un'escalation», «aumenteremo i Predator e la copertura dei Tornado, in funzione non solo di ricognizione, ma anche di vera e propria copertura», afferma il ministro degli Esteri. Rafforzare la nostra presenza sul campo (e in cielo). L’esatto opposto di quanto sostenuto dal ministro Bossi.
Non è ministro, ma nella disputa imbarazzante non poteva mancare la voce di Maurizio Gasparri: «La missione in Afghanistan che si sta rivelando, come purtroppo abbiamo sempre immaginato, densa di rischi e di pericoli, non può essere messa in alcun modo in discussione», sentenzia il presidente del gruppo Pdl al Senato, sostenuto da Italo Bocchino, vice presidente dei deputati del Pdl. «I ragazzi italiani che ogni giorno rischiano la vita hanno diritto di vedere dei ministri che non litigano tra di loro; di sentirsi coperti da un Governo che, nell'ambito del mandato parlamentare, li tutela», osserva il segretario del Pd, Dario Franceschini. Parla Bossi. Lo contesta La Russa. Rinfocola Frattini. Si schiera Brunetta. Nel caos afghano in cui precipita il Governo, si staglia un silenzio pesante. Quello del presidente del Consiglio.
Qualcuno avrà informato il Cavaliere dell’uscita del ministro-papà?
Fonte: l'Unità
27 luglio 2009