Il giovane marocchino scarcerato. Yara, ora altre piste
Rainews24
Al lavoro i carabinieri del Rac per stringere il cerchio sui sospetti. Il giovane marocchino scarcerato. Per tre consulenti la frase intercettata era “perdonami Dio non l’ho uccisa io…”. Altri quattro hanno invece confermato che nella frase non c’era alcun riferimento alla vicenda.
La pista che portava al marocchino Mohamed Kifri e' tramontata in pochi giorni e ora gli investigatori bergamaschi seguono altre ipotesi, peraltro mai accantonate del tutto: quella di due uomini che sarebbero stati visti con Yara il pomeriggio del 26 novembre, quando e' scomparsa. E a Brembate sono arrivati anche i militari del Racs (reparto analisi criminologiche). Il loro compito sara' restringere il cerchio dei sospetti e stabilire se tra di loro ci sia chi ha conosciuto la ragazzina e la sua famiglia. Carabinieri e agenti della Questura, per questo, oggi sono stati a lungo a colloquio con il pm Letizia Ruggeri per elaborare nuove strategie e cercare di risolvere il caso della tredicenne scomparsa da Brembate Sopra ormai da undici giorni.
Per scandagliare nella vita della ragazza, peraltro serena fino a quel drammatico pomeriggio, e' stato anche creato un pool di carabinieri e poliziotti a supporto dei suoi genitori. Intendono aiutarli psicologicamente in questo momento difficile e, allo stesso tempo, ricostruire il piu' dettagliatamente possibile il quadro delle conoscenze della ragazzina e dei suoi famigliari. Questo per aver spunti su chi Yara possa aver conosciuto negli ultimi tempi e possa averla presa intorno alle 18.30 di quel venerdi', dopo che era uscita dal palazzetto dello sport in cui era solita andare per gli allenamenti di ginnastica ritmica. Tornano pesantemente in campo quei due uomini che altrettanti testimoni avrebbero visto parlottare con la ragazzina nei pressi del palazzetto. Con una constatazione: difficilmente Yara si sarebbe messa a parlare con degli sconosciuti.
Le descrizioni fornite sono divergenti e anche piuttosto sommarie (uno dei testimoni parla anche di una Citroen rossa sulla scena) ma possono essere degli spunti investigativi da coltivare. Con due certezze, il passaggio della ragazza nel cantiere di Mapello, evidenziato dai cani degli investigatori e le ore 18.49, quando Yara riceve sul suo cellulare un messaggio dell'amica Martina, "dopodiche' veniva spento", scrivono gli inquirenti. E' l'ultimo contatto. Le ricerche della promessa della ginnastica artistica oggi hanno portato nuovamente a Brembate Sopra. Qui gli agenti della Questura hanno setacciato un'azienda vicina a quella in cui lavora il padre della ragazza. In un deposito di materiale edile, pietre e altro, in un bidone, gli investigatori hanno trovato un telefono cellulare, di vecchi modello e che non appartiene alla ragazza. Rino Roncelli, il titolare dell'azienda, ha spiegato che i cancelli sono sempre aperti per consentire il carico e scarico dei materiali.
Ricerche della ragazza e indagini per capire se quei due uomini fossero davvero con Yara quel freddo pomeriggio in cui non e' mai tornata a casa, distante poche centinaia di metri dal palazzetto, oppure siano dei fantasmi che si sono materializzati nella memoria dei due testimoni. Mohammed Fikri, il giovane marocchino, nel frattempo cerchera' di dimenticare l'incubo in cui e' sprofondato per un esclamazione intercettata rimasta nella segreteria telefonica del cellulare di un cugino che il marocchino cercava perche' gli era debitore di 2.000 euro. Una frase inizialmente tradotta in modo sbagliato, con "Allah, perdonami, non l'ho uccisa".
Sono state le indagini disposte dallo stesso pm Ruggeri e compiute dai carabinieri a far venir meno i gravi indizi di colpevolezza e a mutare un quadro che sabato scorso aveva legittimato il fermo che il gip Vincenza Maccora ha convalidato, disponendo pero' la scarcerazione dell'immigrato. La testimonianza del suo datore di lavoro e della fidanzata, il fatto che realmente volesse andare in Marocco e non fuggire, hanno fatto il resto. E il giovane ha potuto lasciare il carcere bergamasco di via Gleno. I suoi avvocati pensano anche a un risarcimento per ingiusta detenzione e uno dei suoi legali, Roberta Barbieri, riporta una frase che il marocchino in questi terribili giorni ha ripetuto come un mantra: "Io non ho fatto niente"'.
Fonte: Rainews24
7 dicembre 2010