Il futuro è in noi prima di essere accaduto
Piero Piraccini
Tanta gente il 25 Aprile, tante famiglie in ogni piazza d’Italia, spesso attorno ai monumenti della Resistenza. Tanta ad ascoltare chi parlava della guerra di liberazione, del dopoguerra, del tentativo fallito (ma quanti morti, intanto) di cambiare l’Italia col terrorismo (dei terroristi sappiamo quasi tutto, degli ideatori quasi nulla), della forza di quella libertà che […]
Tanta gente il 25 Aprile, tante famiglie in ogni piazza d’Italia, spesso attorno ai monumenti della Resistenza. Tanta ad ascoltare chi parlava della guerra di liberazione, del dopoguerra, del tentativo fallito (ma quanti morti, intanto) di cambiare l’Italia col terrorismo (dei terroristi sappiamo quasi tutto, degli ideatori quasi nulla), della forza di quella libertà che ha generato la Costituzione e la democrazia.
Con tutti i suoi limiti, certo, ma sempre di democrazia si tratta. Non aveva forse detto Terracini che“chi conosce la vana attesa estenuante di un lavoro da cui trarre i mezzi di vita si attendeva che l’Assemblea esaudisse le sue ispirazioni. Ma noi sappiamo di avere posto nella Costituzione, parole che impegnano la Repubblica a non ignorare più quelle attese e ad apprestare gli strumenti giuridici per soddisfarle”.
E a seguire, Calamandrei: “Questa non è l’epilogo di una rivoluzione già fatta, ma ne è il preludio, l’annuncio di una rivoluzione nel senso giuridico e legalitario ancora da fare”.
E poi ancora tanta gente il 1° Maggio, tante famiglie quasi timorose del pericolo che incombe sulle conquiste del dopoguerra quando, finiti gli orrori ma memore di quelli, una nuova alba per l’Italia e per l’umanità intera si era concretata in eventi che hanno costituito lo spartiacque della storia: le Nazioni Unite, la Costituzione Italiana entrata poi nelle fabbriche con lo Statuto dei lavoratori, la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
Quelli si sono rivelati anni di svolta perché erano entrate in crisi tre categorie che avevano guidato la storia umana: la sovranità, la guerra, la disuguaglianza.
La sovranità non riconosceva un potere superiore a ogni altro potere ma la nascita degli stati e, quindi, di tanti sovrani, imponeva la necessità di norme dirimenti i conflitti. E intanto era sovrana la guerra, assunta a strumento fondante dello stato, criterio per la sua identificazione. La disuguaglianza, poi, coincideva con la storia dell’umanità: liberi e schiavi, padrone e servo, bianco e negro, uomo e donna,
…Oggi, per qualcuno, italiani e no. Bene, la Costituzione Italiana nasce in un’Italia che veniva dalla monarchia, dal fascismo, dalla guerra, dal dominio di classe mentre in essa si dichiara che è una repubblica democratica fondata sul lavoro, sull’uguaglianza, sul ripudio della guerra.
Lo Statuto dell’ONU sottrae agli stati il potere di dichiarare guerra a ogni altro stato, e dichiara il suo compito: liberare le generazioni del futuro da quel flagello che nel corso del secolo ha prodotto sofferenze inenarrabili all’umanità, mentre dai suoi 111 articoli si espunge financo la parola guerra.
La Dichiarazione Universale dichiara l’inalienabilità di ogni diritto, a partire da quello dell’uguaglianza e della libertà per ogni essere umano fin dalla nascita, e la necessità di riconoscerli a garanzia della pace nel mondo, pena il ricorso alla violenza da parte di chi quei diritti se li vede sottratti.
Quei tre eventi costituiscono la storia di un percorso di liberazione fatto di pensieri, lotte, sconfitte e, infine, di norme giuridiche, punti di non ritorno che è compito della politica difendere essendone il prodotto.
Scriveva Rilke: “Il futuro è in noi per trasformarsi in noi prima di essere accaduto”.
Ben altra è risultata la storia, invece. Ma che tempi sono questi, quando un ministro della repubblica diserta volutamente i luoghi in cui si festeggia la liberazione della libertà?
Costruire la pace dal quartiere all’ONU, titolava una Marcia della Pace.
Ecco, proprio a questo obiettivo, nel ricordo delle tragedie subite e dei diritti con fatica conquistati, ci richiamano le prossime elezioni europee, perché l’Europa è nata con questa finalità: costruire la pace. E non c’è limite finora dimostrato nella sua azione che possa offuscarne il significato.
Piero Piraccini