Hollande a Bangui, sfide e critiche


Misna


Impedire la frammentazione del paese, ristabilire l’autorità dello Stato e far riallacciare il dialogo tra le parti. 714.000 civili sono stati costretti alla fuga, 50.000 hanno necessità urgenti in cibo, acqua potabile e servizi igienico-sanitari.


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Impedire la frammentazione del paese, ristabilire l’autorità dello Stato e far riallacciare il dialogo tra le parti: di passaggio a Bangui, il presidente François Hollande è tornato sulle motivazioni dell’operazione Sangaris, prorogata oltre la scadenza iniziale di sei mesi. “Grazie a voi, migliaia di vite sono già state salvate (…). La situazione nella capitale è migliorata in modo significativo, ma i crimini commessi non devono in alcun modo rimanere impuniti” ha detto il capo dello Stato francese rivolgendosi ai soldati dell’operazione cominciata lo scorso dicembre, che a pieno regime arriverà a 2000 uomini. Sulla carta le truppe dispiegate da Parigi dovrebbero rimanere fino alle elezioni generali in agenda per febbraio 2015. In queste ore il presidente Hollande incontrerà la sua omologa centrafricana Catherine Samba-Panza e massimi dirigenti delle tre comunità religiose del paese, impegnati in un difficile processo di sensibilizzazione e dialogo.

Ma a Bangui il capo dello Stato dell’ex potenza coloniale è stato anche accolto dalle critiche delle popolazioni dei quartieri musulmani. Con un cartello affisso all’ingresso del quartiere Pk5, i residenti dicono “No alla Francia” e tornano ad accusare i militari di Sangaris di “non fare nulla” per impedire violenze e saccheggi delle milizie di autodifesa Anti-Balaka, cominciati lo scorso dicembre. “Non serve a nulla venire qui, siamo già tutti morti” hanno detto esponenti della comunità minoritaria alla vigilia della visita di Hollande. Nelle ultime ore rinforzi francesi provenienti dal Ciad sono arrivati a Bangui.

Due giorni fa la presidente centrafricana ha chiesto espressamente alle forze francesi e ai contingenti della missione panafricana Misca di “attuare pienamente il mandato assegnato dall’Onu per bloccare gli elementi incontrollati tutt’ora attivi, con l’obiettivo di mantenere il caos”. In risposta all’appello della Samba-Panza, ieri il comandante di Sangaris, il generale Francisco Soriano, ha sottolineato che “i centrafricani devono partecipare alla ricostruzione del proprio paese, non possono aspettare tutto dalla comunità internazionale”.

Intanto, in dichiarazioni rilasciate alla radio locale Ndeke Luka, sia in francese che in lingua locale sango, il coordinatore autoproclamato degli Anti-Balaka, l’ex ministro Patrice Edouard Ngaissona, ha negato la notizia del suo arresto nel vicino Congo, rilanciata da fonti di sicurezza di Brazzaville e dalla Misca. “Sono qui, non ho mai lasciato il paese (…). Del resto che cosa avrei fatto per essere arrestato?” ha aggiunto il capo milizia.

A lanciare l’allarme per la situazione umanitaria “che si sta deteriorando di giorno in giorno” è la Federazione internazionale delle Società della Croce Rossa e della Mezzaluna rossa. “Con l’inizio della stagione delle piogge, dobbiamo agire subito per evitare epidemie di malaria e altre patologie gravi (…). In tutto 714.000 civili sono stati costretti alla fuga, tra sfollati interni e rifugiati nei paesi vicini” si legge nel comunicato diffuso dalla Croce Rossa locale, precisando che almeno 50.000 persone hanno necessità urgenti in cibo, acqua potabile e servizi igienico-sanitari. Oltre la mancanza di fondi, l’organizzazione medico-sanitaria ha deplorato problemi di sicurezza “che rendono estremamente difficile il lavoro dei volontari, impossibilitati a raggiungere le popolazioni nelle zone più remote”.

Fonte: www.misna.org
28 febbraio 2014

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