Herat, Jalalabad, Mazar, Kabul: gli incontri con la società civile
Emanuele Giordana - Lettera22
La conclusione dell’ultimo progetto di Afgana per rafforzare il ruolo della società civile afgana: tre seminari e una conferenza internazionale.
Si apre domani all'università di Herat il primo seminario internazionale di studi sulla società civile afgana, organizzato dalla rete Afgana (www.afgana.org) e dal consorzio di Ong, con capofila Arcs, nel quadro del progetto finanziato dalla DGCS MAE “Afghanistan: attività di formazione e di sostegno alla società civile afgana nel processo di ricostruzione e riconciliazione nazionale (AID 9572)”. All’incontro parteciperanno ricercatori afgani, italiani e internazionali.
Il seminario “Società civile afgana in transizione: ruolo, prospettive, sfide, opportunità” vedrà interventi, tra gli altri, di Mirwais Wardak (Afghanistan: PRTO, Peace Training and Research Organization) e Elizabeth Winter (Regno Unito: LSE, London School of Economicczds), considerati tra i più importanti ricercatori su questo tema.
Tra i relatori italiani, Giuliano Battiston, già autore del primo studio italiano sulla società civile afghana, presenterà i risultati della ricerca “La società civile afghana: pace, giustizia e aspettative per il post-2014”.
In questo stesso contesto, sono stati realizzati anche i dibattiti che si sono tenuti nei giorni scorsi in diverse città afgane (Kabul, Mazar-i-Sharif, Jalalabad), organizzati dalle associazioni locali partner con il sostegno delle università delle città coinvolte. Negli incontri, alcuni esponenti della società civile italiana hanno discusso tematiche centrali per il rafforzamento del processo di democratizzazione del Paese come diritti, lavoro dignitoso, pace, conflitti, partecipazione attiva dei cittadini e rapporto con la rappresentanza istituzionale locale, beni comuni, legalità.
Queste attività sono accompagnate da una mostra del fotografo Romano Martinis, con una lunga esperienza in aree di conflitto, che dal 2007 ha documentato in diverse zone del Paese i molti aspetti su cui la società civile è impegnata. Si tratta della seconda mostra esposta nel recentissimo centro ACKU (Afghan Center at Kabul University), inaugurato nel 2013 e frutto dell'impegno di Nancy Dupree, che ha donato alla fondazione 70mila documenti sull'Afghanistan, raccolti con il marito in decenni di lavoro.
Le associazioni sociali e italiane e le Ong aderenti alla rete Afgana riaffermano e rafforzano con queste iniziative il loro sostegno alle associazioni per i diritti umani, fondazioni di ricerca, reti di donne, Ong afgane, "terza forza" di un Paese stretto tra talebani e signori della guerra.
Afgana auspica che il governo italiano, che ha contribuito al finanziamento di queste attività, continui a investire ancora sul processo di democratizzazione nel Paese e sul rafforzamento delle istanze sociali, pilastro di una vera ricostruzione e garanzia di diritti futuri dopo il ritiro militare. A tal proposito la rete Afgana ha lanciato alle forze politiche la proposta di riconvertire il 30% del risparmio ottenuto col ritiro militare in attività di cooperazione.
Afgana è una rete informale della società civile italiana – ne fanno parte Ong, associazioni, sindacati, ricercatori, cittadini – nata il 26 marzo 2007 dopo l’appello “Un percorso per la pace e la giustizia in Afghanistan: riflessioni e proposte della società civile” per creare un forum proprio sul ruolo della società civile italiana in Afghanistan.
Il dibattito nel nostro paese, infatti, troppo spesso resta focalizzato sulla presenza militare straniera, le cui implicazioni tornano alla ribalta ad ogni rifinanziamento della legge sulle missioni all’estero: “Molto si è detto dell’Afghanistan – si legge nell’Appello – poco però del popolo afgano, dei suoi bisogni, di come viene percepita la presenza occidentale”. Oltre al desiderio di uscire dalla guerra, bisogna cercare di capire cosa fare per e dopo la pace, e soprattutto quale sostegno può arrivare dalla società civile italiana alla sua sorella afgana.
Alla base di Afgana c’è la convinzione che il diretto coinvolgimento delle organizzazioni della società civile, rappresentative delle molteplici realtà presenti nel tessuto sociale afgano, sia una priorità oggi e anche nel prossimo futuro.
Del resto, nonostante negli ultimi trent’anni l’Afghanistan sia stato umiliato dalla guerra, di recente l’associazionismo afgano ha dato prova di un grande impegno per la ricostruzione del tessuto sociale del paese. A maggior ragione appare necessario, in questo momento, uno sforzo congiunto per creare maggiori opportunità di dialogo fra tutti i settori sociali, lavorando insieme per individuare obiettivi condivisi ed elaborando programmi rispetto ai quali tutte le realtà sociali si sentano veramente parte in causa.
La responsabilizzazione della società civile, insomma, è essenziale per avviare una ricostruzione sociale davvero condivisa e per vedere garantiti i diritti umani. La voce della società civile, quindi, ha bisogno di essere ascoltata da tutte le istituzioni nazionali e internazionali. Per questo motivo Afgana si sta impegnando nell’organizzazione di una Conferenza della società civile afgana che sarà il primo passo per la costruzione in Afghanistan di una Casa della società civile.
Fonte: www.afgana.org
5 giugno 2013