Governo, don Albanesi: “Sarà vera equità solo se si riparte da chi soffre”
Redattore Sociale
Il commento del presidente della Comunità di Capodarco dopo il discorso programmatico del nuovo primo ministro. “Il dubbio è che Monti si riferisca solo alla crescita, senza pensare a chi già soffriva prima della crisi”.
FERMO – Il presidente della Comunità di Capodarco, don Vinicio Albanesi, ha commentato il discorso programmatico al Senato tenuto dal nuovo presidente del Consiglio, Mario Monti. Ecco la sua analisi.
“Nel discorso programmatico del nuovo governo Monti – scrive don Albanesi – emerge chiaramente il binomio crescita-equità. Due i passaggi significativi: l’esplicito riferimento ai lavoratori che perdono lavoro (alcuni oggi sono tutelati con ammortizzatori sociali, altri no) e il lavoro da offrire ai giovani e alle donne.
La ministra del welfare ha la delega anche sul lavoro. Il dubbio fondato è che l’equità si riferisca solo al lavoro e quindi alla crescita. Se così fosse si ripeterebbe – ancora una volta – l’abbandono di ampie fasce di cittadini che, per circostanze non dipendenti dalla propria volontà, rimarrebbero agli ultimi posti della fila, senza alcuna speranza di miglioramento.
E’ evidente che senza la crescita nessuna prospettiva positiva è possibile, ma l’equità, se così è, va estesa a tutti i cittadini, compresi (sarebbe meglio dire a partire da) coloro che sono in enorme difficoltà, perché fuori dai circuiti della produzione-consumo. Si dimentica spesso che nella crisi chi già soffriva, soffre ancora di più.
Sono due i grandi mondi lasciati oramai da decenni lontani dalle tutele. Primi sono i poveri. L’Istat si affanna ogni anno ad aggiornare i dati sulla povertà in Italia. L’ultimo rapporto dice che un milione di famiglie in Italia vive in “assoluta” povertà, senza contare quelle che vivono una povertà “relativa”. Da decenni nessuno ha mai posto l’attenzione su questo doloroso fenomeno. Gli ultimi rapporti dichiarano che un bambino su cinque in Italia è povero. Quando un bambino è povero le speranze di dignità si riducono alla sopravvivenza.
Si risponderà che prima bisogna pensare alle crescita, poi all’equità. Sempre così, sia nei momenti floridi (lo faremo, è la dichiarazione), sia nei momenti di magra (non possiamo farlo). Senza dimenticare quel mondo sub umano composto da irregolari (ex carcerati, vagabondi, immigrati irregolari, malati psichiatrici, tossicodipendenti…) che vaga per i territori, sopravvivendo alla giornata.
Il secondo mondo è quello delle famiglie. Tema caro a tutti, lasciato nei fatti alle circostanze di ogni nucleo. E’ stato posto l’accento recentemente sui rischi demografici dell’Italia che invecchia, con una natalità che non permette il ricambio generazionale, ma nessun supporto alla natalità è stato pensato.
Non esiste una politica attenta alle famiglie. I carichi pesanti (scarsa natalità, figli disoccupati, situazioni irregolari, anziani non autosufficienti) non hanno aiuti, né risposte.
Quale dunque sarà l’equità promessa? E’ stato detto che l’Italia ha bisogno di riforme strutturali. Non vorremmo aspettare ancora, dopo decenni di parole”.
Fonte: www.redattoresociale.it
18 Novembre 2011