«Gli Usa pronti ad armare l’Ucraina» Poi la frenata: spazio alla diplomazia
Massimo Gaggi - Corriere della Sera
Obama non ha ancora deciso in via definitiva. Anche Merkel contraria a un’escalation.
Fin qui l’Occidente ha sostenuto l’Ucraina nel conflitto coi separatisti filorussi con aiuti economici e un appoggio diplomatico fatto soprattutto di sanzioni nei confronti di Mosca per cercare di convincere Vladimir Putin che l’aggressione verso questa nazione avrà conseguenze insostenibili per il suo Paese.
Davanti alla nuova offensiva che sta mettendo alle corde le forze militari di Kiev, però, Barack Obama sta valutando la possibilità di rivedere la sua strategia. A due giorni dalla visita del segretario di Stato John Kerry in Ucraina, la Casa Bianca sta esaminando l’opzione sostenuta dal comandante militare della Nato, il generale Philip Breedlove, di cominciare a contrastare la Russia anche fornendo «armamenti difensivi» al governo ucraino.
La proposta, fino a ieri osteggiata da Susan Rice, il consigliere per la Sicurezza nazionale del presidente, sembra sostenuta anche dal capo di Stato Maggiore Usa, il generale Martin Dempsey e dal ministro della Difesa uscente, Chuck Hagel. Secondo il New York Times anche il capo della diplomazia americana, Kerry, sarebbe ora più aperto a considerare questo cambiamento di rotta, avviando la fornitura di quella che viene definita «lethal assitance». Ieri sera, comunque, il dipartimento di Stato ha cercato di attenuare l’impatto di queste indiscrezioni con una nota che mantiene l’enfasi sulla necessità di una soluzione diplomatica.
Intanto Angela Merkel, che pure negli ultimi tempi è stata molto dura con Putin, ha già fatto sapere che non ci sta: Berlino non fornirà armi agli ucraini e il cancelliere tedesco scandisce: «Rimango fermamente convinta che questo conflitto non si può risolvere con le armi». Aggiungendo di continuare a preferire la strada delle sanzioni per cercare di «risolvere o almeno mitigare il conflitto». Durante una visita a Budapest la Merkel, che lunedì prossimo incontrerà Obama alla Casa Bianca, ha lanciato un nuovo appello per il ripristino del «cessate il fuoco» che era stato deciso sulla base degli accordi di Minsk di settembre: una tregua mai pienamente rispettata e completamente saltata con l’offensiva invernale delle forze filorusse.
Obama non avrebbe ancora preso una decisione, ma sembra che la Rice stia rivedendo le sue posizioni alla luce di un’offensiva che Kiev non riesce a contenere nelle sue condizioni attuali, mentre le sanzioni, che pure stanno indebolendo l’economia russa, per adesso non hanno l’effetto sperato. L’impatto vero di questa strategia forse lo vedremo più in là nel tempo, ma il problema è quello dell’aggressione in corso oggi. E allora otto ex alti funzionari del governo americano compresa Michèle Flournoy, una ex del Pentagono che potrebbe diventare ministro della Difesa se nel 2016 Hillary Clinton dovesse succedere a Obama alla Casa Bianca, hanno chiesto al governo Usa di inviare con urgenza 3 miliardi di dollari di aiuti militari all’Ucraina.
Fin qui gli Usa e gli alleati occidentali si sono limitati a fornire equipaggiamenti come visori notturni a raggi infrarossi e radar in grado di localizzare la sorgente di attacchi condotti con mortai. Gli esperti, che fanno capo a due organizzazioni molto autorevoli (Brookings Institution e Atlantic Council) e tra i quali c’è anche Strobe Talbott, l’attuale capo della Brookings, che fu viceministro degli Esteri e inviato del presidente Bill Clinton nella Russia post sovietica, chiedono che al governo ucraino vengano forniti droni da ricognizione, radar più potenti capaci di localizzare le batterie missilistiche dei ribelli (o dei soldati russi camuffati) e anche missili anticarro, considerati «armi difensive».
Oggi l’esercito ucraino non ha armi di questo tipo: di razzi in grado di perforare corazze ne ha pochi e sono di vecchia generazione. Non possono fare nulla contro i carri T-80 e T-72 usati dai separatisti nell’offensiva delle ultime settimane. Gli analisti della Nato ritengono che ci siano almeno mille soldati russi a pilotarli e a sostenere l’offensiva invernale dei ribelli.
Il gruppo di esperti di Washington che ha deciso di far sentire la sua voce sostiene che l’unico modo di fermare Putin è quello di alzare il costo politico interno della sua offensiva militare. E il presidente è già in difficoltà davanti alle famiglie che vogliono notizie dei centinaia di soldati russi spariti o deceduti in circostanze misteriose.
Fonte: www.dirittiglobali.it
3 febbraio 2015