Giulietti: Manovra non equa!


La redazione


“Senza patrimoniale, tassazione capitale scudati e asta per le frequenze non c’è equità”. L’intervento dell’Onorevole Giulietti durante la seduta della Camera dei Deputati del 14 dicembre 2011.


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Giulietti: Manovra non equa!

Signor Presidente, le chiedo subito scusa di eventuali schematismi e semplificazioni perché, mai come in questo momento, bisogna stare alla larga dalle frasi fatte e dalle semplificazioni. Un grazie alla Commissione tutta, comunque collocata, per il lavoro svolto non solo in questa occasione, perché il Parlamento non ha lavorato solo in queste ore, ma anche nei decenni precedenti. Mi pare corretto ringraziare comunque il presidente della Commissione ed i relatori.
Io le parlo e mi rivolgo al Governo a nome di una rete di associazioni raccolte attorno all'articolo 21 – il cui presidente è Federico Orlando, storico collaboratore di Indro Montanelli – che da anni si battono tra grandi disattenzioni perché l'Italia abbandoni in Europa la maglia nera in materia di libertà dei media, di conflitto di interessi, di autonomia dell'autorità, di quel poco che resta, D'Andrea, del servizio pubblico, travolto dal ridicolo e dall'inefficienza e di contrasto ad ogni forma di bavaglio, di censura e di oscurità. Questo primato ci è stato conferito in modo formale dalle principali agenzie internazionali e non revocato. Del resto, anche questo Governo – mi dispiace che manchino il Presidente Monti ed il Ministro Passera, ma avremo modo di dirglielo direttamente – avrà già avuto modo di apprezzare – per citare lo stesso Presidente – come sia più facile combattere Bill Gates in Europa, che non indire una banale asta per le frequenze in Italia.
Al di là del voto e del più probabile non voto finale, non volendo far parte di alcun tavolo della maggioranza o delle opposizioni, ci sembra giusto svolgere qui alcune riflessioni. Diciamo che non ci iscriveremo alla lista dei pentiti: non Pag. 53servono i pentiti, non siamo pentiti di aver votato la fiducia e non crediamo neanche alle banalità sul complotto plutogiudaico massonico e non ci pentiamo neanche di aver dato conforto alla saggia azione del Presidente Napolitano.
Ho la sensazione che sia sparita dalla memoria collettiva di quest'Aula lo stato di degrado nel quale ci eravamo trovati e francamente non ci pentiamo di aver dato una mano a chiudere una pagina disastrosa della storia d'Italia dal punto di vista etico e politico.
Allo stesso modo, non riteniamo un accidente la sobrietà del Governo, ma la sostanza di un buon ordinamento democratico e del corretto funzionamento delle istituzioni.
Riteniamo essenziale che vi sia, finalmente, il senso del fallimento di una crisi etica e sociale negata, e negata attraverso battute, volgarità e clownerie che non possono essere cancellate dalla memoria individuale e collettiva. Si negava l'esistenza della crisi, e questo ha acuito l'entità della crisi.
Non ci pare poca cosa il rientro dell'Italia sulla scena comunitaria, e non si tratta solo di vuota retorica sulla missione e la dignità nazionale. Sempre in politica estera – capisco che la materia, ormai, sia quasi cancellata dalla nostra discussione – abbiamo apprezzato l'azione del Ministro Terzi per portare alla definizione di una politica più vigorosa della tutela dei diritti umani, per esempio nei confronti della Siria e della sua brutale azione repressiva. Non ci sfuggono neanche le modifiche apportate in queste ore, con grande fatica, dalla Commissione bilancio.
Tuttavia, così come abbiamo trovato eticamente apprezzabile da parte del Governo un'attenzione all'uso del pubblico denaro, il tentativo di porre fine al regime dei doppi incarichi, l'attenzione ai costi della politica, che non è un tema rimuovibile con facili battute, signor Presidente, proprio perché abbiamo apprezzato questa tensione etica e proprio perché voteremo sempre e comunque a favore di provvedimenti di questa natura, dobbiamo dire al sottosegretario D'Andrea, con altrettanta chiarezza, che il modo in cui si è affrontato il tema dei costi della politica, con un finto emendamento demagogico, non ci è piaciuto. È stato un modo furbo e propagandistico, indegno della grandezza dei traguardi che ci siamo dati.
È un modo troppo furbo per affrontare una grande questione. Non ci è piaciuto affatto l'uso di questo tema per sviare l'attenzione dal tema dell'equità, della giustizia sociale, della mancata patrimoniale, della vergogna della mancata asta per le frequenze: sono costi della politica che andavano affrontati!
Non si può buttare la palla in tribuna, quando si ha paura di affrontare questi che sono costi della politica e costi per i cittadini. Su questo, bisogna essere seri reciprocamente: io voterò sempre i provvedimenti, quando arriveranno, ma non Pag. 55facciamo finta che questo sia l'unico capitolo dei costi della politica. Non è stato un modo positivo, ma astuto, da vecchia politica.
Troviamo singolare che non sia stata prodotta una sola disposizione relativa a questi costi della politica, a seguito di un diritto di veto che è stato esercitato su questi temi e che, ancora una volta, è stato subito. Però, bisogna fare nomi e cognomi, non ci si può nascondere dietro un dito. Non ci piace il clima di chi vorrebbe imporre una sorta di pensiero unico e dividere, così, il mondo tra un gruppo di sedicenti illuminati e un branco di corrotti, dediti alla difesa di interessi loschi ed incapaci di tutelare l'interesse generale.
Questa strada, se qualcuno l'ha pensata, è di grande rischio per le istituzioni democratiche. Non ci piace questo circuito perverso tra malapolitica e antipolitica, che potrebbe colpire non i privilegi, ma stritolare l'ordinamento democratico, svuotare il principio di uguaglianza, annullare il principio di responsabilità individuale, reintroducendo una sorta di oligarchia censuaria, stravolgendo l'idea stessa della rappresentanza politica e sociale.
È un grande tema che discute l'Occidente e che non può essere ridotto a piccoli espedienti, con il rischio di impedire che si assumano provvedimenti seri e radicali. Allora, impugnate pure la ramazza, ma impugnatela sul serio, sempre, comunque, contro ogni privilegio, contro ogni forma di oligarchia e di società chiusa. Vi domando: perché non vi è la patrimoniale? Vi è stato, forse, un gruppo di parlamentari che si è ribellato alla patrimoniale? Perché manca questo principio?
Perché la manovra sui capitali scudati è così timida nei modi e nelle quantità? Chi si è opposto ad un'altra manovra? E non potevano essere recepite norme più stringenti in materia di contrasto della corruzione e delle mafie, a cominciare dal codice sulle incandidabilità? Perché non si possono citare le parole «spese militari» e affrontare il tema del blocco della costruzione dei cacciabombardieri, fortemente chiesto da un vasto schieramento di religiosi e di laici, che non può neanche più essere citato? Quale gruppo ha impedito che si discutesse di ciò?
Chi vi ha impedito di indire l'asta per le frequenze? È un punto scandaloso di mancata equità! Ma vi sembra normale che un capo partito, nonché proprietario di una delle imprese Pag. 56coinvolte, possa dire: «Tanto l'asta andrà deserta»? E le pare normale che nessuno apra bocca? Le pare normale che nessuno parli dei costi della politica? E non è un costo della politica non affrontare l'asta delle frequenze? È un costo enorme!
Non so quantificarlo. Fatela l'asta, poi si vedrà, ma non farla significa arrendersi ai santuari della conservazione. Questo è un costo della politica che non viene assolutamente sfiorato ed è grave.
Avreste anche potuto prevedere una tassa postuma per chi avrà gratis le concessioni. Le faccio un esempio. Perché si danno dei contributi diretti sotto forma di frequenza ai grandi gruppi e si tagliano in gran parte i contributi diretti alle piccole radio, alle piccole televisioni e ai giornali? Emittenti antimafia come Telejato, o Radio Siani, o la radio di Peppino Impastato, o giornali di questo mondo rischiano la chiusura! Per loro non vi sarà contribuzione diretta, mentre per i forti questa permane. Non è tollerabile! Perché questo non è stato fatto? Eppure il Presidente Napolitano, che segue con grande attenzione questi temi, aveva detto di fare attenzione a non incidere su un pluralismo già povero e di tenere alta l'attenzione per mantenere la più ampia circolazione di opinioni. Questo mentre il servizio pubblico è travolto da una crisi senza precedenti che dovrebbe indurre il Governo ad un immediato commissariamento, per consentire la sopravvivenza di un grande patrimonio che, se dovesse cadere, stravolgerebbe centinaia di imprese. Perché non lo si fa? Perché è un costo della politica. Così come è un costo della politica il fatto di avere raggiunto un'eventuale intesa per non sfiorare l'intero settore delle comunicazioni. È un costo della politica scaricato sui cittadini. In questo settore tutto rischia di proseguire come prima.
Per questo – mi avvio alla conclusione – voteremo tutte le proposte emendative che saranno presentate in quest'Aula e che andranno in questa direzione di giustizia e di equità, non con un atteggiamento malevolo, ma di stimolo positivo, un invito ad esplicitare le difficoltà e a non arrendersi di fronte a grandi traguardi. Per questo, sottosegretario D'Andrea, prima di dichiarare il voto finale ci attendiamo una risposta anche fuori dall'Aula. Può il Ministro Passera dire come intende affrontare le questioni che sono state sospese? Si può dire dove, come e quando sarà riaperto il dialogo con le parti Pag. 57sociali? Si può indicare, a prescindere da questa discussione, come si affronterà il tema dell'equità o il tema dell'asta? Non vogliamo le risposte solo in quest'Aula, ma anche in altra sede, anche con provvedimenti successivi.
Qual è il cammino di marcia che ridà forza alla politica e al concetto di equità? È necessario un percorso che riduca le diseguaglianze delle opportunità e dei redditi, con gradualismo e con realismo, ma senza concessioni alla demagogia di vario segno.
Anche il tentativo di fare credere – lei viene dalla politica e lo sa – che vi è un solo pensiero possibile, una sola via, una sola manovra economica, fa parte dei rituali retorici della demagogia, della «fuffa» ideologica e della resa morale allo spirito dei tempi. Non vi è mai una sola via. Quando vi è una sola via è morta la politica che, invece, è confronto tra opzioni diverse. Non vi sono scelte obbligate, vi sono scelte meditate che, come tali, vanno discusse. Ecco perché il voto di fiducia e la tagliola ci trovano comunque contrari. Ci trovavano contrari prima, ci trovano contrari adesso.
Non chiediamo di meglio che di essere sfidati su questo tema, ossia quello della pulizia, della questione morale, della tensione etica, temi che non possono mai essere disgiunti dalla questione democratica, dalla giustizia sociale, dalla definizione delle modalità che consentano ad ogni gruppo politico e sociale di competere nel futuro. Anche i gruppi che hanno di meno, anche chi non ha conflitti di interesse deve potere partecipare alla vita politica e alla competizione politica, pena lo stravolgimento della democrazia parlamentare e del principio di rappresentanza. Anche se impopolare questo tema va affrontato.
Concludo, signor Presidente, con una richiesta che rivolgo all'onorevole Lupi, al Presidente di quest'Aula e allo stesso sottosegretario D'Andrea: il Presidente della Repubblica, in uno degli appelli meno ascoltati, ci ha invitati a non abbassare la guardia contro le morti sul lavoro che rappresentano una strage continua, ultimo un ragazzo morto a Trieste durante la costruzione del palco del concerto di Jovanotti. Napolitano ha detto: «Non sono tragiche fatalità, spesso vi sono delle responsabilità». Per questo occorre insistere sulla prevenzione, sulla sicurezza, sulla formazione e sul potenziamento delle attività ispettive. Chiedo al Governo di raccogliere la proposta di una procura nazionale contro le morti sul lavoro e contro Pag. 58gli infortuni che è nata a Torino, di aumentare da subito, con un gesto simbolico, gli stanziamenti e i potenziamenti n questa materia. Costruiamo su questo, al di là del voto, una grande alleanza perché stiamo parlando di una strage che prosegue, talvolta in un clima di indifferenza. Almeno nei nostri interventi non usiamo più l'espressione «tragica fatalità», e eliminiamone anche un'altra – è un appello che faccio a me stesso – ossia quella brutale di «morti bianche».

Fonte: Articolo21

14 dicembre 2011

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