I giovani dell’Ostia bella!
Libera
Il resoconto della manifestazione di Libera e Fnsi nelle parole dei giovani del territorio.
La manifestazione promossa da Libera e Federazione nazionale stampa italiana all’indomani dell’aggressione di Roberto Spada a giornalista e cameraman della trasmissione Nemo-RaiDue, ha riempito la piazza Anco Marzio di Ostia.
C’erano soprattutto cittadini, famiglie e ragazzi e ragazze dell’associazionismo e delle scuole. Il volto di una comunità che si ribella ai clan, all’odio e alle intimidazioni, una comunità che Ostia la respirano e la vivono lontana dai riflettori. Quotidianamente. Sono loro i primi a salire sul palco per aprire la manifestazione leggendo una lettera aperta alle Istituzioni, al mondo dell’informazione, alla comunità locale. Una lettera che pubblichiamo integralmente. I giovani saliti sul quel palco e quelli che erano presenti in piazza sono i veri protagonisti di un’Ostia bella, onesta che non vuole arrendersi.
“Ci siamo incontrati in questi giorni con realtà, associazioni, movimenti, studenti del territorio per condividere alcune brevi riflessioni. La testata di Spada fronte alle telecamere, la sua violenza esplicita e forse inedita in questa forma televisiva, è infatti l’occasione per raccontare Ostia e il X Municipio, quel pezzo enorme di Roma che si affaccia sul mare.
150 km quadrati di estensione e 250mila persone, uno dei luoghi più emblematici della sterminata periferia romana, il decimo municipio è innanzitutto un luogo splendido tra la foce del Tevere e le rovine del suo antico porto, tra le dune e una meravigliosa pineta, ancora nuovamente compromessa da un vile incendio. Una città di mare e insieme una borgata, che è Roma ma che non si sente tale.
Negli anni di mafia capitale, il decimo è oggi l’unico municipio di Roma sciolto per mafia. Ma nominarle, le mafie, a Ostia come in tutta Roma è sempre stato difficile. Sono state negate da tutti: segmenti del mondo dell’impresa, negate dalla politica e perfino da qualche Prefetto, nonostante esistano da tempo. Hanno radici lontane, storie complicate di rapporti e conflitti, alcuni nati qui sul litorale, altri arrivati da lontano, dalla Sicilia dei Triassi o dalla Campania dei Senese.
L’episodio che ci fa essere qui oggi, quell’attacco sfacciato a chi lavora per informare con immagini e parole, è però solo un frammento delle storie di questo territorio. E’ un frammento che ci permette, ad esempio, di dire che Ostia ponente e le persone che vi abitano hanno visto da troppo tempo negati loro diritti più essenziali. Casa, assistenza, servizi pubblici, luoghi di socialità e aggregazione. Lavoro.
Un vuoto di anni di abbandono, dove le ingiustizie crescono così come la guerra del povero contro il più povero, dove la violenza di strada si trasforma in estorsioni, traffici, controllo delle case popolari, magari tolte a chi ne ha diritto per essere vendute e comprate, e poi difese a suon di botte. Un luogo dove perfino una palestra assume un significato diverso da quello che dovrebbe avere. O dove la violenza fascista trova pericolose alleanze e si impasta con chi sfrutta i diritti calpestati e ne trae vantaggio. Si impasta con chi usa la paura con metodo, quel metodo che la magistratura ha finora riconosciuto essere quello delle organizzazioni di stampo mafioso.
Ma le inchieste di questi anni ci hanno raccontato anche altro. Seppure i processi siano ancora in corso, ci hanno permesso di capire che mafie e corruzione vivono di relazioni. Hanno bisogno di reti, collegamenti. E la sequenza di arresti è impressionante. Finiscono nelle indagini sui rapporti corruttivi L’ex direttore del Municipio, l’ex presidente, perfino l’ex commissario di Polizia. E ancora segmenti dell’impresa, prestanome, o colletti bianchi e professionisti del riciclaggio. Si guardi Il porto di Ostia, oggi uno dei sequestri più grandi della Capitale.
Una dimensione meno folkloristica del malaffare, che usa strumenti certamente più sottili, e che è forse più pericolosa perché incide sul territorio e sulle sue risorse. Una su tutte la costa e il mare, ingabbiato da sempre in questa fisionomia innaturale fatta di muri e cemento.
Raccontare questo territorio, dunque, raccontarlo sempre. Non solo nelle violenze o nell’abbandono, ma anche negli elementi positivi. Tante realtà, associazioni,movimenti e organizzazioni sindacali, piccoli e grandi che costruiscono solidarietà, giustizia, cultura, talvolta lasciati soli in battaglie troppo grandi, quando non ci sono i riflettori a mobilitare tutti e farci scendere in piazza, o quando le violenze sono meno esplicite ma altrettanto gravi. Siamo convinti che i riflettori non debbano spegnersi, ma che l’attenzione che questo territorio ha avuto sia l’occasione per raccontarlo nel profondo. Abbiamo bisogno che questa attenzione non sia figlia dell’emergenza, né della ricerca frettolosa della storia che faccia scandalo, per trovare l’etichetta originale da appiccicare a Ostia. Vorremmo invece che si costruisca un racconto attento e costante, che assuma la responsabilità di conoscere e capire. Che sia in ascolto di territori come questo, che ne raccolga desideri, preoccupazioni, dinamiche, che sveli quei legami corruttivi e di potere così difficili da scovare.
L’informazione, libera e coraggiosa, può e deve essere un alleato prezioso per chi questo territorio lo vive e prova a cambiarlo, per chi oggi si impegna per l’avanzamento dei diritti delle persone, strumento imprescindibile per sottrarre spazio alle mafie,fascisti e ai loro fiancheggiatori.”
Libera
17 novembre 2017