Giornata contro lo sfruttamento del lavoro minorile: 500mila vittime in Italia
Alessandro Graziadei
Un’occasione per rilanciare l’azione e l’impegno a favore dei diritti dei minori, troppo spesso vittime di sfruttamento, non solo all’estero, ma anche in Europa e in Italia.
L'associazione Save The Children denuncia in un rapporto che il fenomeno nel nostro paese riguarda 500mila bambini che lavorano nel sommerso. Vittime di racket, malavita, reti internazionali dedite alla tratta di uomini e merci. Il fenomeno dello sfruttamento sul lavoro dei minori non è limitato ai minori di origine straniera: le ricerche condotte fanno rilevare anche la presenza di numerosi minori di origine italiana, in particolare nel sud Italia. Save the Children sollecita perciò il Governo italiano a una precisa assunzione di responsabilità su questo problema, attraverso l'adozione di un piano d'azione per monitorare e combattere il fenomeno, secondo quanto previsto convenzioni internazionali in tema di sfruttamento del lavoro minorile. Save the Children ha in particolare chiesto di attivare, presso ogni Prefettura, Comitati di contrasto allo sfruttamento sul lavoro dei minori, e il potenziamento dei sistemi di protezione per le vittime e per i minori a rischio, garantendo un sostegno continuativo all'avvio di percorsi flessibili di reinserimento scolastico, di formazione e di lavoro. Per il Cesvi, ong impegnata dal 1985 in moltissimi progetti dedicati all’infanzia, la ragione profonda per l’eliminazione del lavoro minorile è costituita “dal diritto di ogni bambino ad un’educazione libera e full-time e dalla constatazione che spesso i minori subiscono forme di sfruttamento anche nei 163 Paesi che hanno sottoscritto la Convenzione ILO 182 contro le peggiori forma di lavoro minorile”. La frequenza di un corso scolastico rappresenta anche per (ILO) – che quest’anno celebrerà la giornata contro lo sfruttamento minorile con eventi in più di 50 paesi – la vera soluzione al loro sfruttamento: “ad iniziare dai paesi che pur definiti avanzati non permettono sempre l’accesso all’istruzione gratuita ed obbligatoria”. Per l’ILO anche da un punto di vista meramente produttivo, le nazioni capaci di impegnarsi nel garantire una scolarizzazione alle nuove generazioni beneficerebbero, nel lungo periodo, di non pochi vantaggi: “ogni anno in più che i ragazzi fino a 14 anni passano a scuola, anziché al lavoro, si traduce infatti in un investimento economico non indifferente che supera di sei volte quelle ottenute dai lavoratori precocissimi”. Del resto, ricorda il Cesvi è il secondo Obiettivo del millennio, "Garantire l’istruzione primaria universale" a indicarci la strada per celebrare questa giornata: “Ogni essere umano dovrebbe avere l’opportunità di avere una vita migliore. Sfortunatamente molti bambini nel mondo crescono senza opportunità perchè gli sono negati i diritti di base e perfino la possibilità di frequentare la scuola primaria. Condizione necessaria per porre fine in modo sostenibile alla povertà e per assicurare pace e sicurezza per tutti è che i cittadini di ogni nazione siano in grado di fare scelte educative”. Oggi “Governi, Organizzazioni internazionali, società civile, genitori, tutti – ha continuato il Cesvi – possono fare qualcosa per affermare e garantire il diritto all’educazione di qualità, aderente ai bisogni di crescita dei minori. L’educazione obbligatoria gratuita crea le condizioni affinché i minori siano in grado di costruire una vita migliore, aumenta le possibilità di ottenere un lavoro più qualificato e fornisce più strumenti ai singoli e alla società per interrompere il ciclo della povertà. Questo impegno va mantenuto anche nelle situazioni d’emergenza e nei paesi in via di sviluppo ovviando all’interruzione dei servizi scolastici”. Da anni Cesvi con Le Case del Sorriso (.pdf) ha individuato e messo in pratica una propria strategia di intervento per affrontare la grave situazione di abbandono e mancanza di protezione che coinvolge i bambini e giovani dei paesi poveri. “Le Case del Sorriso rappresentano il filo conduttore per promuovere i diritti dei bambini e dei giovani in condizioni di disagio attraverso strutture che accolgono ed accompagnano i minori in condizioni di difficoltà”. Se sul piano europeo esistono leggi, controlli e una bozza di "Principi per i Parlamentari" promossa dall’UNICEF che impegnano questi ultimi ad avere come riferimento nel loro lavoro la Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia adottando in ciascuna sessione almeno un’azione dalla parte dei bambini, “in molti paesi vi sono delle leggi che pur proibendo il lavoro forzato, normalmente non vengono rispettate, se non per brevi periodi dopo le ispezioni. […] Inoltre, i genitori non sono sempre consapevoli dell’importanza dell’educazione”. Proprio per fare il punto della situazione e prevenire il lavoro minorile il Programma internazionale dell'ILO per l'eliminazione del lavoro minorile (IPEC) emetterà in occasione della giornata di oggi anche lo studio intitolato "Bambini e lavori pericolosi: quello che sappiamo, che cosa dobbiamo fare" che analizza le tendenze più recenti e le stime dei bambini impiegati nei lavori pericolosi in settori come l'agricoltura, l'estrazione mineraria, la raccolta dei rifiuti, ma anche nel lavoro domestico, "con una serie di raccomandazioni politiche per affrontare questo problema”, che come abbiamo già visto su Unimondo in occasione della Giornata contro la schiavitù infantile il 16 aprile è estremamente attuale e tutt’altro che risolto. Del resto per ILO, quello ricordato in questo 12 giugno, è un problema che riguarda tutti, perché contrastare tutte le forme di lavoro minorile contribuisce anche a promuovere i diritti fondamentali del lavoro in generale, come previsto dalla Convenzione ILO 138, ratificata da 149 Paesi, e che garantisce il diritto ad un lavoro dignitoso e non pericoloso. “Nell’affrontare questi temi – ha spiegato il Cesvi – è fondamentale far conoscere le condizioni di lavoro dei minori ed affermare che i bambini e i giovani non sono destinatari passivi di azioni di solidarietà e protezione, ma soggetti attivi che godono di diritti e vanno messi in condizione di esprimersi sulla natura del lavoro che svolgono e sulle speranze che coltivano”. Con questi criteri di protagonismo giovanile si muove dagli anni ’70 anche il movimento Niños y Adolescentes Trabajadores (NAT’s) dove sono gli stessi bambini lavoratori, che, presa consapevolezza della propria situazione e dei propri diritti (come fece di Iqbal Masih) grazie al supporto di educatori adulti che fungono da facilitatori, rivendicano i propri diritti civili e sociali operando direttamente sul territorio e lottando contro i soprusi, le discriminazioni e le ingiustizie mediante la pratica collettiva ed esperienze di solidarietà e scolarizzazione. Quanto basta per poter continuare a pensare che continuando sulla strada dei diritti e della scolarizzazione sarà possibile eliminare qualsiasi forma di sfruttamento minorile.
Fonte: www.unimondo.org
12 Giugno 2011