Giornata a sostegno delle vittime della tortura: in Italia “manca” il reato
Alessandro Graziadei
Oggi 26 giugno è una data doppiamente importante. Si celebra, infatti, sia la Giornata internazionale a sostegno delle vittime della tortura, sia la Giornata contro l’uso e il traffico di sostanze stupefacenti.
Oggi 26 giugno è una data doppiamente importante. Si celebra, infatti, sia la Giornata internazionale a sostegno delle vittime della tortura, sia la Giornata contro l’uso e il traffico di sostanze stupefacenti. Entrambe le giornate, oltre ad essere un’opportunità per esprimere solidarietà alle vittime di queste piaghe e alle loro famiglie, vogliono porre le basi per una futura società libera dalla tortura e dalledroghe attraverso la sensibilizzazione e la prevenzione. Ma la strada è ancora lunga in entrambi i campi.
Per quanto riguarda la tortura, la scelta di questa data specifica non è stata casuale, infatti, il 26 giugno 1987 è entrata in vigore la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura. Questo documento internazionale, che ha reso il divieto all'utilizzo della tortura un diritto inderogabile, è stato firmato da 132 dei 193 paesi membri dell'ONU. “Un numero assolutamente inadeguato per Amensty International che da 50 anni si occupa del tema a livello internazionale – se si pensa che questa pratica criminale rappresenta una delle più crudeli violazioni dei diritti umani”.
Del resto non serve ricordare gli episodi di Guantanamo o alcune drammatiche testimonianze raccolte da Romano Nobile nel libro “La tortura nel Bel Paese”, per rendersi conto di come la pratica della tortura non sia un’esclusiva dei regimi dittatoriali o militari e che la violazione dell’articolo 5 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo per il quale Nessun individuo può essere sottoposto a trattamento o punizioni crudeli, inumane o degradanti…, sia ancora troppo frequente.
Nel codice penale italiano, inoltre, non esiste ancora il reato specifico di tortura, un’assenza che permette agli atti di tortura o ai maltrattamenti di cui per esempio possono venire accusati pubblici ufficiali, di essere perseguiti come reati ordinari, quali per esempio l’abuso d'ufficio o le lesioni personali.
“L’Italia – ha denunciato Amnesty nel Rapporto annuale 2011 – ha rifiutato di introdurre il reato di tortura nella legislazione nazionale”, respingendo così le raccomandazioni dell'ONU sulla ratifica del Protocollo opzionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura che avrebbe previsto dal 2006 l'adozione di meccanismi di prevenzione e controllo della tortura e dei maltrattamenti disumani e degradanti. E la conseguenza più eclatante di questa inottemperanza, secondo Amnesty, è stata la caduta in prescrizione di molte accuse ad iniziare dai fatti del G8 di Genova. “A marzo e maggio 2010 – ha raccontato l'organizzazione umanitaria – la corte d'appello di Genova ha emesso verdetti di seconda istanza nei processi sulle torture e sugli altri maltrattamenti perpetrati da agenti delle forze di polizia e di sicurezza contro i manifestanti. A fine anno rimaneva aperta l'opportunità di presentare ricorsi presso la Corte di cassazione” ma “la corte ha riconosciuto che la maggior parte dei reati occorsi nel centro di detenzione temporanea di Bolzaneto, tra cui lesioni personali gravi, ispezioni e perquisizioni arbitrarie, erano ormai prescritti”. Se l’Italia – ha concluso Amnesty – avesse introdotto il reato di tortura nel codice penale, “la prescrizione non si sarebbe potuta applicare”.
Una lacuna grave, perché “Chiunque – ha ricordato il Consiglio Italiano per i Rifugiati(CIR) che dal 1996 è impegnato in progetti di accoglienza e cura della vittime di tortura – ha diritto a vivere libero dalla minaccia della tortura e per questo il sistema giuridico internazionale proibisce il suo utilizzo in qualsiasi circostanza”.
Il CIR con il progetto InViTo (Integrazione Vittime di Tortura) attraverso il finanziamento del Fondo Europeo per i Rifugiati e del Fondo Volontario della Nazioni Unite per le Vittime di Tortura partecipa alla rete coordinata dall’International Rehabilitation Centre for Torture Victims (IRCT) che ha base in Danimarca e raccoglie 140 organizzazioni indipendenti in 70 paesi. Il progetto, che si caratterizza per un approccio multidisciplinare e integrato, “prevede attività di assistenza sociale, promuovendo percorsi di accoglienza adeguati e accompagnando il processo di integrazione scolastica, sanitaria, lavorativa e abitativa” anche a molti rifugiati vittime di tortura.
InViTo prevede anche assistenza medica e psicologica e la gestione di laboratori di riabilitazione psico-sociale in ambiti che vanno dal teatro alla musicoterapia. Quest’anno il 27 giugno 2011 per celebrare la Giornata internazionale a Sostegno delle Vittime di Tortura un gruppo di attori e attici rifugiati metteranno in scena al Teatro Ambra Jovinelli di Roma alle ore 21.00 lo spettacolo “Sulle tracce delle conchiglie” in memoria di Ken Saro Wiwa, lo scrittore nigeriano condannato a morte nel 1995 in seguito alle sue battaglie contro i danni ambientali provocati in Nigeria dalla multinazionali del petrolio.
Un modo per aiutare le vittime delle torture e anche per informare, perché, malgrado la sua stigmatizzazione ufficiale, la tortura non é ancora stata sconfitta e continua ad infliggere sofferenze fisiche e psichiche a numerosi individui tanto da costituire una della maggiori sfide della comunità internazionale, da affrontare su diversi piani, al pari della lotta al traffico e al consumo di sostenne stupefacenti.
Come? La società civile impegnata a festeggiare questa “doppia” giornata non ha dubbi: “A livello giuridico – ha concluso il CIR – con la creazione di un sistema internazionale di prevenzione e repressione davvero efficace; a livello sociale tramite il sostegno alle vittime e l'informazione”. Per questo motivo il 26 giugno è diventato, a livello internazionale, un momento di aggregazione, durante il quale associazioni e gruppi organizzano e partecipano a eventi di sensibilizzazione e di denuncia, perché una della azioni di maggiore portata nella battaglia contro la tortura e contro le droghe è “il far sapere”.
Fonte: Unimondo.org
26 giugno 2011