Gerusalemme: si apre tra proteste la conferenza Cospe


NEAR EAST NEWS AGENCY


Andrà avanti per tre giorni il contestato incontro sul turismo sostenibile, sotto l’egida dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico. Intanto un parlamentare israeliano propone di vietare guide turistiche palestinesi nella Città Santa.


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Gerusalemme: si apre tra proteste la conferenza Cospe

Gerusalemme,  20 ottobre 2010, Nena News – Che i turisti abbiano una prospettiva israeliana della Terra Santa. Questo vuole Gideon Ezra, parlamentare israeliano di Kadina e insieme a lui altri membri della Knesset (del Likud, Shas , National Uninion e persino un deputato del Meretz, la sinistra sionista).
Con la formulazione dell’ennesimo disegno di legge discriminatorio nei confronti della popolazione araba di Gerusalemme: vietare che a guidare i turisti tra vicoli e meraviglie della Città Santa siano residenti palestinesi. Perché gli abitanti di Gerusalemme Est, pur essendo guide abilitate dal Ministro del Turismo Israeliano, «non rappresenterebbero in modo appropriato –secondo Ezra – gli interessi nazionali di Israele». Il disegno di legge propone quindi che a guidare gruppi di turisti superiori alle 11 persone o con più di un veicolo, siano solo cittadini israeliani, e non residenti di Gerusalemme Est, la zona araba occupata nel 1967 e subito dopo annessa unilateralmente allo Stato di Israele.
La notizia è stata diffusa dal quotidiano Haaretz alla vigilia dell’apertura oggi a Gerusalemme (fino al 22 ottobre) della contestata (dai palestinesi e non solo) conferenza sul turismo sostenibile voluta dalla OCSE, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico.
Da giugno diverse associazioni della società civile palestinese, prime tra tutte l’Alternative Tourism Group, la Campagna per il diritto di ingresso nei territori occupati e il comitato palestinese della BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni) protestano contro la scelta della OCSE di svolgere la conferenza proprio a Gerusalemme. Enfatizzando proprio l’uso strumentale che Israele fa del turismo e dell’archeologia, ricordando che molti siti archeologici sono stati di fatto confiscati da Israele e ora sono oggetto di una promozione turistica sui siti internet israeliani, pur trovandosi in un territorio palestinese occupato come sanciscono le risoluzioni internazionali. Sottolineando che la decisione di un’organizzazione internazionale di dare vita ad una conferenza istituzionale di tale portata a Gerusalemme, significa di fatto riconoscere come legittima l’occupazione israeliana e l’annessione della zona araba della città, in aperta contraddizione con il diritto internazionale.
Le polemiche si sono inasprite dopo le recenti dichiarazioni del Ministro del Turismo israeliano. Sats Misezhnikov ha affermato che la scelta del luogo per ospitare la conferenza, «equivale a una dichiarazione insita del fatto che Gerusalemme è la capitale internazionalmente riconosciuta di Israele». Dichiarazioni alle quali ha risposto il segretario della OCSE Angel Durria inviando un messaggio al premier isareliano Netanyahu protestando contro le affermazioni del ministro, bollate come «inaccetabili».
In ogni caso la scelta di Gerusalemme come città ospitante della conferenza OCSE racchiude non pochi significati politici e quindi  continua a suscitare le proteste non solo delle rappresentanze istituzionali palestinesi, ma anche delle diplomazie europee e non. Tanto che oggi alla conferenza Svezia, Irlanda Turchia e Sud Africa non saranno presenti: nei casi della Turchia e della Svezia con un esplicito riconoscimento al fatto che dietro alla scelta di non partecipare c’è una motivazione politica. La Spagna che aveva inizialmente detto che non avrebbe partecipato, invierà dei partecipanti al meeting.
Secondo un comunicato apparso sul sito della BDS (la campagna internazionale di boicottaggio di Israele sino a quando non rispetterà le risoluzioni riguardanti il popolo palestinese), altri paesi pur non boicottando l’evento, invieranno non i ministri del turismo ma delegati rappresentativamente meno significativi. Da Atene per esempio dovrebbe partecipare un membro dello staff del centro di informazione turistico greco, fa sapere il comitato della BDS.
Il Consiglio legislativo palestinese ha fatto appello nei mesi passati ai diversi paesi membri della OCSE per il boicottaggio dell’incontro. «Organizzare la conferenza (sul turismo sostenibile) a Gerusalemme significa legittimare l’occupazione e anche legalizzare un sistema che usa il turismo e l’archeologia per rafforzare la presenza ebraica a Gerusalemme Est», ha  detto il Ministro del Turismo palestinese.
Un punto evidenziato anche da due acuti analisti politici , Sam Bahour e Charles Shamas, in un articolo apparso in proposito sul quotidiano britannico «The Guardian».
Tale conferenza rappresenta la sconfitta del diritto internazionale, ricordano gli autori. Perché in questo modo, un’organizzazione di 33 stati membri avalla le azioni di un ministero (quello del turismo israeliano) che ha unilateralmente esteso la propria giurisdizione, attraverso l’occupazione, su Gerusalemme Est, Golan e gran parte dei siti turistici della Cisgiordania. Un ministero, aggiungono Bahour e Shamas, che cita alcuni luoghi archeologici e di interesse artistico come siti israeliani (la Cupola della Roccia terzo luogo sacro dell’Islam e la Chiesa del Santo Sepolcro, tanto per fare un esempio) e pubblicizza strutture ricettive e servizi turistici che sono di fatto negli insediamenti colonici costruiti da Israele nei Territori occupati in violazione delle leggi internazionali. L’OCSE, concludono i due analisti, dimentica che la stessa Gerusalemme è il luogo dove «una aperta discriminazione» contro la popolazione araba viene eseguita quotidianamente dalle autorità israeliane in termini di accesso ai servizi, all’educazione, ai permessi di costruzione, al sistema sanitario e alle infrastrutture.
E non va dimenticato che la scelta di Gerusalemme per la conferenza sul turismo segue la ben più grave decisione di accogliere  Israele nell’organizzazione lo scorso 27 maggio, ossia di un paese che nella presentazione della propria candidatura ufficiale a stato membro ha incluso i dati demografici ed economici relativi agli insediamenti colonici presenti in Cisgiordania.
Dando uno sguardo approfondito al programma dei delegati alla conferenza sul turismo sostenibile, tra le attività  previste per i partecipanti, si elenca «un giro nella Tel Aviv romantica e Bauhaus», un tour a Gerusalemme, all’Israel Museum  Ein Kerem, l’Università ebraica e il quartiere Ben Yehuda. E’ prevista una escusione sul Mar Morto e al sito storico-archeologico di Masada. Non vi è traccia nel programma della zona araba della città e dei residenti palestinesi a Gerusalemme.

Fonte: Nena News

20 ottobre 2010

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