Gerusalemme, palestinesi nel panico
NEAR EAST NEWS AGENCY
Le nuove norme del Ministero degli Interni possono essere considerate innocenti e benintenzionate dal momento che colpiscono gli abitanti della zona araba della citta’?
di Amira Hass – Haaretz
La settimana scorsa i residenti palestinesi di Gerusalemme Est sono stati colti da un vero panico: coloro che hanno rinnovato le loro carte d’identità presso il Ministero degli Interni a Gerusalemme nel mese di luglio hanno scoperto che agli usuali particolari di identificazione erano stati aggiunti due nuovi elementi. Il primo, “Status”, accanto al quale si dice “Di soggiorno per residente permanente”; e il secondo, “Valido finché”, e accanto ad esso una data equivalente a 10 anni dal giorno in cui il documento è stato stampato. Una fotografia del nuovo documento è girata su Facebook e alcuni hanno dedotto che la data di scadenza si riferisce al loro Status di residenti permanenti di Gerusalemme.
Quindi prima di tutto un segnale di “via libera”: Quelle due nuove aggiunte compaiono non solo nelle nuove carte d’identità dei residenti palestinesi di Gerusalemme, ma su ogni nuova carta d’identità, a causa delle nuove norme che sono state approvate nel maggio del 2012 e che sono entrate in vigore il 1° luglio di quest’anno. Esse prevedono anche la sostituzione del documento se è stracciato o se c’è stato un cambiamento nei dati personali. La data di scadenza non ha alcuna connessione con lo Status: Lo Status di residente permanente, come quella di cittadino, non viene annullato quando scade la carta di Identità.
Questo è ciò che promettono alla popolazione le autorità di immigrazione e di frontiera. Hanno spiegato pure che l’aggiunta di “Status” sulla carta d’identità questa volta è rivolto “questa volta” ai residenti temporanei e non ai palestinesi residenti permanenti. E’ pensato per evitare che i residenti temporanei – che principalmente non sono palestinesi – continuino a vivere indisturbati nel paese e utilizzino per vari motivi la loro carta d’identità anche dopo la scadenza del loro diritto di residenza. L’aggiunta di “Status” faciliterà la loro individuazione. Ma a causa della norma di standardizzazione, ogni aggiunta compare su tutte le carte d’identità, che siano quelle dei cittadini, dei residenti permanenti o dei residenti temporanei. Sfruttare ogni apertura.
In breve, le autorità di immigrazione e di frontiera hanno detto alla popolazione che non c’è motivo di panico. Davvero? I 46 anni di “Gerusalemme unita” dimostrano che i palestinesi residenti nella città hanno tutte le ragioni del mondo per sospettare di qualsiasi cambiamento amministrativo o burocratico presumibilmente innocente e supporre che le autorità israeliane stiano progettando di sfruttare ogni possibile apertura e pretesto per continuare coerentemente con la loro politica, che non è un segreto: di espellere dalla loro città e dalla loro patria quanti più palestinesi gerosolimitani sia possibile. E la popolazione ebraica israeliana collabora, in gran parte, grazie alla sua mancanza di interesse.
Per non essere espulsi, i gerosolimitani devono pure dimostrare ai funzionari del Ministero degli Interni che il centro della loro vita è nella capitale (che è molto avaro quando si tratta di fornire ai palestinesi opportunità di servizi, di lavoro e abitative municipali). I funzionari che obbediscono entusiasticamente agli ordini dei loro padroni al governo, chiedono ai palestinesi di portare un sacco di prove, di documenti e di carte. Ogni richiesta al Ministero degli Interni è l’occasione per un funzionario per maltrattare i palestinesi un po’ di più e richiedere un altro documento, un’altra prova, un’altra via Dolorosa burocratica, legale ed emotiva.
I palestinesi gerosolimitani sono stati definiti come residenti permanenti nel giugno del 1967, con l’annessione a Israele di circa 70 kmq della West Bank occupata (comprendenti Gerusalemme Est e la Città Vecchia). Nel 1974, è stato applicato loro il nuovo “regolamento per l’ingresso in Israele, come se fossero degli immigrati non-ebrei (ai quali non si applica la legge del ritorno), piuttosto che persone le cui famiglie vivevano in città e nel paese molto prima della dichiarazione di Balfour del 1917, la dichiarazione dello Stato di Israele del 1948 e la data di ingresso in Israele di importanti ministri e di primi ministri.
Atto di aggressione
Fin dall’inizio, definendoli come residenti permanenti si è compiuto un atto di aggressione. Tale aggressione è aumentata nel corso degli anni, allorquando i vari governi israeliani (Laburisti e del Likud, senza distinzione) hanno aggiunto gradualmente nuove norme e procedure, il che ha rivelato una volta per tutte che i palestinesi gerosolimitani sono solo dei “residenti condizionali”.
Questa gradualità è illustrata sulla “sequenza temporale” che appare sul sito web del Centro Israeliano per la Difesa dell’Individuo (Moked Lehaganat Haprat:
http://www.hamoked.org.il/Timelineaspex?pageid+timeLineNews)
E’ una lettura obbligata, e non c’è abbastanza spazio qui per citare le informazioni. Va solo sottolineato che i giudici della Corte Suprema non erano affatto turbati dalla politica del governo, e che l’hanno perfino spalleggiata nelle loro sentenze. Nel 1988, gli stessi (diretti dall’ex giudice della Corte Suprema Aharon Barak) hanno potenziato il punto di vista dello Stato quando hanno stabilito che un residente palestinese di Gerusalemme nato nel 1943 dal punto di vista legale si trova nella stessa posizione di un non-ebreo immigrato in Israele. In altre parole, allo Stato è consentito espellere un palestinese gerosolimitano se ha vissuto all’estero per sette o più anni, o se ha altra cittadinanza/residenza. Nel marzo 2012, ancora una volta i giudici hanno adottato questo punto di vista, quando hanno consigliato al Centro per la Difesa dell’Individuo e all’Associazione per i Diritti Civili in Israele di rinunciare a una petizione che sosteneva che le limitazioni riguardanti i residenti permanenti imprigionano di fatto i palestinesi gerosolimitani nella loro città e interferiscono con la loro vita normale.
Il panico che circonda l’obbligo di rinnovare la carta d’identità ogni 10 anni ricorda la pericolosa situazione in cui vivono tutti i palestinesi sotto il governo israeliano, che riguarda sia i gerosolimitani che quei palestinesi che sono cittadini dello Stato. Tutti vivono con lo spauracchio di una minaccia costante da parte delle autorità: verrà demolita una casa, un poliziotto maltratterà, verrà revocato un documento, sarà confiscata la terra, familiari e amici verranno separati l’uno dall’altro, verrà perduta la fonte di sostentamento a causa della mancanza di un permesso di viaggio, un giudice comminerà invece una punizione sproporzionata, una persona verrà uccisa o ferita dai rappresentanti della “legge e ordine” o dai civili, la Knesset approverà una nuova legge discriminatoria, ostile.
Il panico mostra anche che i gerosolimitani non prevedono nel prossimo decennio un cambiamento in positivo delle relazioni tra Israele e i palestinesi – per esempio, che Israele, per la pressione delle scuole di diritto universitarie e dei principali scrittori e storici, dichiarerà che il loro status di residente permanente è irrevocabile. Di certo i gerosolimitani non possono immaginare che entro 10 anni saranno in ogni caso residenti della capitale di uno Stato palestinese e cittadini di tale Stato, o cittadini con uguali diritti in uno Stato democratico.
(traduzione di Mariano Mingarelli, dell’Associazione di Amicizia Italo-Palestinese onlus) – Il testo originale puo’ essere letto al link seguente: http://www.haaretz.com/news/features/.premium-1.538510
Fonte: Nena News
6 agosto 2013