Gaza, il silenzio degli indifferenti


Michaela De Marco


A Gaza continua l’offensiva israeliana: oltre 280 morti. Centinaia di palestinesi in fuga sfondano il confine con l’Egitto, e il mondo intero resta a guardare…


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Gaza, il silenzio degli indifferenti

Dal Cairo – A Gaza il bilancio dei morti continua a salire. Israele è appena entrata nella Striscia. Si parla di trecento morti. Chi non è caduto sotto i colpi dell’assedio viene punito oggi dalle armi israeliane. Il mondo intero resta a guardare, impegnato nel balletto delle responsabilità, che a seconda delle parti politiche rimbalza da Hamas a “Israelamerica”. La stessa dirigenza palestinese resta divisa, affogata in un fiume di parole. Anzi, pare che Fatah stia raccogliendo i buoni frutti di questo massacro. Come riporta l’agenzia Infopal, Hamas risulterà infine ulteriormente isolata, e un funzionario dell'Anp ha dichiarato al quotidiano israeliano The Jerusalem Post che l'autorità nazionale palestinese è pronta a tornare nella Striscia di Gaza e ad assumerne il controllo, se "Israele riuscirà a liberarsi del regime di Hamas". Un altro funzionario ha fatto sapere che il partito Al Fatah, del presidente palestinese Abu Mazen, ha dato istruzione a tutti i suoi membri presenti a Gaza di tenersi pronti a tornare al potere. Hamas dal canto suo giura vendetta, ma fin’ora niente, o quasi niente. In occidente si parla ancora di “risposta israeliana” al “terrorismo” palestinese, nonostante sia chiaro che l’attacco iniziato sabato sia il risultato di una gestazione di mesi, e nonostante sia evidente che i primi trasgressori della tregua pattuita siano stati gli israeliani.
Non solo le potenze occidentali, ma anche i “fratelli arabi”, assumono pose drammaticamente dispiaciute, ma non muovono un dito. “Non vogliono problemi”, mi spiega questa mattina un giornalista de Al-Badil (“Il Cambiamento”, un quotidiano indipendente egiziano), “Loro sono stanchi di lottare contro i mulini a vento, sanno che la guerra contro Israele è una guerra persa in partenza. Sanno anche che il vero obbiettivo della dirigenza sionista sia quello di far fuori i palestinesi per prendersi tutta la terra e vivere in pace. In diversi discorsi pubblici e in diversi documenti questo obbiettivo viene esplicitamente dichiarato. I nostri regimi restano a guardare questo genocidio. Perché è un genocidio in piena regola, appoggiato dalle potenze occidentali, che persino dinanzi a questo attacco così palesemente ingiusto da parte sionista, hanno manifestato il loro sostegno al regime israeliano. I palestinesi sono soli. Mubarak l’altro ieri ha incontrato la Livni, le ha stretto la mano, ieri ha aperto le frontiere ai palestinesi, per poi chiuderle oggi e ospitare Abou Mazen, che s’è accordato con i sionisti per far fuori Hamas”. Un militante del partito islamico egiziano Al-Amal afferma: “Il nostro regime è debole, non può fornire risposte adeguate a queste ingiustizie. Il governo ha bisogno dei soldi statunitensi, deve dunque soddisfare le esigenze statunitensi nell’area”, un suo collega interviene e spiega: “Il governo egiziano s’atteggia da intermediario, ma non è così, sta dove stanno gli Stati Uniti, ossia dalla parte di Israele. Mubarak e Condoleeza Rice stanno attaccati al telefono continuamente, come due fidanzatini. Ecco perché appoggia Abou Mazen e lo ha invitato a Cairo oggi, perché è l’unico leader palestinese riconosciuto dall’occidente. Un corrotto, un venduto. Agli occidentali piacciono i tipi corruttibili”. Un attivista del movimento Kifaya (movimento laico contro il governo) dichiara: “Gamal, il figlio dell’attuale presidente, è addirittura più aperto a negoziazioni con parte sionista, deve prepararsi il terreno a diventare il nuovo presidente, ha bisogno dell’appoggio statunitense”.
Seif El-Islam, figlio del fondatore dell’organizzazione islamista egiziana dei Fratelli Musulmani, Hassan el-Banna, mi spiega con i fatti l’approccio ambiguo del governo egiziano (e dei governi arabi in generale) nei confronti dell’intera questione: “Ieri sera avevamo approntato camion pieni di aiuti umanitari da inviare a Rafah. Non sono mai usciti dal Cairo. Davanti al Sindacato dei Medici sono arrivate le forze di sicurezza e hanno impedito il passaggio”.
Davanti al Sindacato degli avvocati, un manifestante mi spiega: “Nei prossimi giorni procederemo con le manifestazioni, se partecipassero tutti gli egiziani il governo sarebbe costretto a capitolare. Le pressioni interne sono addirittura più pericolose di quelle esterne”.
Ma l’Egitto tace. Tace il governo. Tace il popolo. Davanti al chiasso mosso da Israele e da tutte le potenze occidentali, gli egiziani sono rimasti in silenzio. Le strade del cairo questa mattina erano invase dal traffico di sempre, le entrate dei cinema erano ostruite, i ristoranti e i caffè inaccessibili, come sempre. Gli egiziani questa mattina hanno scelto di non partecipare alle manifestazioni organizzate dalla Fratellanza e dai movimenti contro il governo. Massimo un centinaio di manifestanti, con i loro slogan contro Israele, contro Fatah, contro l’America, contro l’Europa e, soprattutto, contro il Governo egiziano: i “soliti quattro gatti”, circondati da un cordone di centinaia di poliziotti, che hanno impedito ai manifestanti di uscire in strada. “Gli egiziani preferiscono starsene a casa o andare a lavoro. Niente li smuove, nemmeno un fiume di cadaveri più lungo del Nilo. Sono assillati dalle difficoltà economiche, il pensiero di come sbarcare il lunario finisce con l’avere la meglio. Poi hanno paura delle forze di sicurezza, particolarmente brutali. Poi c’è l’indifferenza, che nasce dall’ignoranza”, mi spiega un manifestante.
In Europa sono molti i gruppi di sostegno al popolo palestinese, perché non unire le forze? “Impossibile. Il governo non vuole che i gruppi egiziani (movimenti, partiti o ONG) creino dei collegamenti con l’Occidente. Teme di perdere il controllo della situazione. Non dimentichiamo la legge d’emergenza in vigore in questo paese dal lontano 1981, grazie alla quale il presidente può rinchiudere chiunque prenda iniziative contro le sue disposizioni”.
In un caffè popolare la televisione trasmette videoclip ad oltranza, chiedo al barista di sintonizzarla su un telegiornale, “No no no Habibti, la vita è già abbastanza amara”.

Fonte: Articolo21

28 dicembre 2008

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