Gaza, due verità
Paolo Serventi Longhi
Paolo Serventi Longhi racconta: "La missione della Federazione Internazionale dei Giornalisti ci ha consentito in brevissimo tempo di raccogliere moltissimi dati e informazioni rispetto ai quali giornalisti provenienti da diversi paesi, espressioni di culture e giornalismi assai diversi, hanno individuato due fatti certi".
Due giorni e mezzo non sono molti per comprendere e raccontare una realtà difficile come quella della striscia di Gaza dopo i bombardamenti e l’attacco di terra di Israele. Certo, è molto corretto affermare, comunque, che si comprende davvero solo ciò che si vede, perché si riesce almeno a distinguere i racconti onesti dalla propaganda e dalle mistificazioni unilaterali. Quando c’è un giornalista esiste una chance di conoscere la realtà. E la guerra nella striscia si è combattuta con pochissimi giornalisti presenti.
La missione della Federazione Internazionale dei Giornalisti, guidata dal segretario generale Aidan White, ci ha consentito in brevissimo tempo di raccogliere moltissimi dati e informazioni rispetto ai quali giornalisti provenienti da diversi paesi, espressioni di culture e giornalismi assai diversi, hanno individuato due fatti certi:
– I bombardamenti israeliani sono stati pesantissimi in un territorio densamente popolato, un grande campo di rifugiati trasformato in una enorme città. I dati forniti dalla sanità palestinese sul numero dei morti e dei feriti possono non essere precisi all’unità, ma solo per difetto, anche perché molti corpi devono ancora essere trovati ed altri sono stati seppelliti come e dove capitava. Abbiamo visitato, filmato e fotografato decine di palazzi (grandi e piccoli), edifici civili, moschee, baracche, ma anche autoveicoli e strade, campi e capannoni, completamente sconvolti dalle bombe. Molti di queste costruzioni sono annerite dalle bombe al fosforo. Hanno attaccato dal cielo e dal mare, soprattutto per colpire la popolazione civile perché la struttura abitativa di Gaza, simile ad una enorme periferia di una grande città, non può consentire di individuare singoli gruppi di uomini più o meno armati che agiscono prevalentemente di notte, mentre di giorno svolgono normali attività. Tutti, ripeto tutti, gli intervistati dichiarano che le bombe dell’aviazione e della marina di Israele hanno colpito quasi dappertutto a caso, soprattutto per fare vittime civili, per suscitare una reazione popolare contro Hamas individuato come movimento terrorista e criminale. Le truppe di terra, poi, non avevano nessuna regola di ingaggio, nel senso che entravano nella striscia, posizionavano gli armamenti e sparavano alzo zero contro qualunque cosa si muovesse, come dimostrano le due ore sotto il tiro di una piccola unità israeliana dal collega del Corriere della Sera Lorenzo Cremonesi, prima che riuscisse a fermare la sparatoria. Vivo davvero per miracolo. Allo stesso tempo pochi obiettivi sono stati chiaramente scelti e centrali: qualche ufficio pubblico, ma soprattutto edifici dell’Unswar (Nazioni Unite) e sedi di radio, tv e giornali. Sono stati completamente distrutti due palazzi dove si trovavano le redazioni dei media più importanti di Gaza, ma anche gli uffici di corrispondenza di emittenti e giornali dei più importanti network mondiali. Quattro giornalisti e telereporter sono stati uccisi e 35 feriti.
– La striscia, nella quale siamo entrati giovedì 22 gennaio pochi giorni dopo l’inizio della tregua, è sotto il completo, assoluto controllo politico e militare di Hamas. Dal varco di Rafah verso l’Egitto, fino alla frontiera nord, la presenza militarizzata degli uomini di Hamas è totale, aggressiva ed alla luce del sole. Le istituzioni civili sono in mano del movimento. Le pur flebili voci di protesta dei civili contro il lancio dei missili, non a caso proseguito anche sotto i bombardamenti, vengono represse anche con violenza. I giornalisti indipendenti palestinesi, ad esempio, sono stati intimiditi e minacciati, soprattutto dopo la fine dei bombardamenti. L’informazione locale vive nel terrore, tanto che lo stesso Sindacato dei giornalisti palestinesi ha dovuto cessare ogni attività di tutela dei colleghi 24 ore prima dell’arrivo della delegazione del sindacato mondiale. Per fare un esempio del clima, un componente della delegazione è stato minacciato da un militante di Hamas con la pistola per aver fotografato un ragazzo fermato per strada, bendato e portato via con una jeep da un gruppo di miliziani. Episodi che, ci è stato detto, si ripetono di frequente soprattutto dopo l’inizio della tregua. Ogni altra forma di organizzazione, da parte di persone legate a Fatah, è repressa e punita.
Due facce della stessa guerra rispetto alle quali la documentazione non è contestabile. Si può parlare di una reazione israeliana al lancio dei missili, ma non si può negare che sia stata assurdamente sproporzionata e con pochissimi obiettivi militari colpiti.
La delegazione dell’IFJ ha chiesto una inchiesta urgente delle Nazioni Unite sulle violazioni della legge internazionale umanitaria e della risoluzione dell’ONU per la protezione dell’informazione da parte di Israele, ed ha giudicato intollerabili le intimidazioni di Hamas. La Federazione mondiale dei giornalisti ha chiesto, in una conferenza stampa al Cairo, un grande sforzo di generosità per esprimere la concreta solidarietà ai giornalisti palestinesi a Gaza e nel West Bank, specie per sostenere le famiglie dei caduti e dei feriti. Ifj ha anche chiesto che il mondo dell’informazione si mobiliti per indurre i governi e le istituzioni internazionali a fare ogni sforzo per difendere l’indipendenza dei media e la sicurezza dei giornalisti, per quanto possibile. Specie nell’attuale drammatica divisione del popolo palestinese.
Fonte: Articolo21
26 gennaio 2009