Futuro e passato
Piero Piraccini
"Tuttavia un dubbio sorge: se la situazione è così pericolosa che occorre una grande mobilitazione di popolo per salvare l’Italia, perché non organizzare tutte le forze che condividono questa necessità, anche se la strategia su alcuni punti può non essere la stessa? Qualunque provvedimento dovrà essere sostenuto da almeno il 51% dei proponenti per essere attuato, perciò dove si arriverà mai se, anziché costruire alleanze più larghe, si recidono quelle esistenti politicamente naturali? Fra alcuni mesi si tornerà a votare: un nuovo splendido isolamento sarà un aiuto a chi vuole affossare completamente la nostra Costituzione. Il recente passato lo insegna".
E’ impossibile prevedere il futuro, dote che assieme all’immortalità c’è negata e ci rende diversi dal divino, perciò non è dato sapere cosa diranno i nostri posteri, quando studieranno questi nostri tempi. Increduli, tuttavia, si chiederanno se sia vero che una nazione, l’Italia – uscita da una guerra che aveva visto l’intera Europa in fiamme e l’uso per la prima volta nella storia dell’arma atomica – che aveva messo a perno della sua ricostruzione il primato del lavoro come comune patto di cittadinanza, il principio dei diritti uguali, inalienabili ed universali, il ripudio della guerra come mezzo per risolvere i conflitti, se sia vero che ad un certo punto della sua storia sia stata governata da una classe politica “arrogante ed ignorante” (la definizione è di Margherita Hack) che al primato del lavoro aveva sostituito quello della proprietà, al principio dell’uguaglianza quello della discriminazione e delle leggi fatte per una sola persona, al ripudio della guerra l’espansione della democrazia a suon di bombe.
Se lo chiederanno e chissà se mai troveranno un perché a quel cupio dissolvi che ha pervaso gli eredi di chi quei principi li aveva scritti nella Carta Costituzionale fino a preparare, inconsapevoli, il terreno perché lo scempio d’oggi fosse reso possibile.
In pochi anni tutto rischia di essere travolto. Dalle brecce aperte dal crollo del comunismo, a seguito di una mondializzazione che ha concentrato mezzi di informazione e capitali procurando squilibri finanziari che affamano la gran parte del pianeta, in Italia sono emersi movimenti politici privi di cultura democratica e tendenzialmente eversivi rimasti all’ombra ma non inerti, che avevano costituito “il sommerso della repubblica”, senza interesse a salvaguardare il patto su cui si fonda la nostra democrazia: la Costituzione, perché ad essa estranei fin dalla sua nascita. Antifascista non per l’enunciato delle sue norme transitorie, ma perchè antifascista è il suo contenuto nel mentre richiama il patto fondativo sul lavoro oggi svalutato e precarizzato, il riconoscimento dei diritti inviolabili di ogni persona perché preesistenti alla legge dello stato il cui compito è quello di riconoscerli e di farsi carico della loro attuazione, la promozione della cultura e della ricerca, delle arti e delle scienze libere come garanzia della crescita di una società plurale, l’istituzione di scuole pubbliche per eliminare alla base le disparità fra persone provenienti da diverse classi sociali, la cessione alle Nazioni Unite del diritto a risolvere le controversie internazionali.
Dopo gli anni dell’oppressione fascista, quelle affermazioni di libertà imperniate sul rispetto delle diversità, avevano portato alla luce valori ed esperienze a lungo offese e conculcate sviluppando un clima d’attese. Il costituente Calamandrei, infatti, aveva detto che “Questo programma di Costituzione non è l’epilogo di una rivoluzione già fatta, ma ne è il preludio, l’annuncio di una rivoluzione da fare nel senso giuridico e legalitario”.
Attese tradite, con tutta evidenza.
“Salvare l’Italia”, recita giustamente lo slogan del PD alla manifestazione del 25 ottobre, perché proprio di questo si tratta. Salvare l’Italia da chi per limitare i debiti dello stato, anziché ridurre i propri onerosissimi ed eticamente insostenibili privilegi, riduce i finanziamenti alla scuola pubblica gabellandoli per riforme di cui pur ci sarebbe bisogno, licenziando e snaturando l’eccellenza della scuola primaria, togliendo risorse a chi fa ricerca all’università, favorendo l’ingresso nelle scuole del capitale privato col rischio di vedere la stessa ricerca non libera, ma condizionata al ritorno economico di chi l’ha cofinanziata.
O da chi minaccia di sgombrare le scuole occupate da studenti, spesso assieme ai loro professori, con le forze di polizia, dimenticando quale ordine cileno è sortito alcuni anni fa dallo sgombero della scuola Diaz di Genova. O, ancora, da chi non pago del clima discriminatorio instaurato che produce quotidiani atti di razzismo, vuole separare i bambini fra loro perché diversi i colori della loro pelle, col pretesto di aiutarli nella conoscenza della lingua italiana e della Costituzione che proprio loro, i proponenti, per primi calpestano.
Piero Piraccini
17 novembre 2008