Francesco e le donne


Padre Ernesto Balducci


E’ difficile immaginare come sarà il mondo quando a guardarlo non saranno soltanto i maschi.


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Francesco e le donne

E’ difficile immaginare come sarà il mondo quando a guardarlo non saranno soltanto i maschi. Perchè una cosa è certa: l’occhio che fino a oggi ha guardato il mondo, per dargli una forma e un senso, è l’occhio maschile. Anche la donna ha imparato a guardarsi e ad atteggiarsi secondo le esigenze dell’occhio maschile. Oggi che il mondo guardato dal maschio è diventato un mondo invivibile, siamo in grado di avvertire che, se mai ci dovrà essere un mondo libero dalla violenza, in cui il rispetto della vita sia il principio primo della nuova “religio naturalis” dell’umanità, allora sarà già venuto alla luce e definitivamente eliminato quell’oscuro fomite che si annida nella nostra struttura biopsichica e che ha il suo primo atto, esercitato  o concupito, nella violenza sessuale contro la donna. Anche le donne modello, di cui la cultura maschilista, sacra e profana, ha arricchito la nostra memoria, non ci persuadono più: a costruire quei modelli, perfino il modello di Maria Vergine, è stato il maschio, nel suo ininterrotto dominio del mondo.

Quei modelli rimandano sempre, in un modo o nell’altro, si tratti di Taide o di Teresa di Lisieux, all’occhio invisibile a volte, sempre onnipresente, che avvilisce le donne o le esalta secondo l’astuta versatilità dell’eros.

Se qualcuno apparve nel passato che intese sottrarsi ai meccanismi della cultura – sempre e dovunque cultura maschilista – per proporre un rapporto maschio-femmina del tutto svincolato da  quel nesso strutturale che ci governa, provvidero presto i suoi seguaci a ricondurre la trasgressione dentro l’ordine vigente. Dalle righe e tra le righe del Vangelo, ci è facile intuire che, nella forma di vita e nella predicazione, Gesù di Nazareth trasgredì in pieno il codice maschilista, caro ai legalisti, ai libertini e agli asceti e sollevò la donna alla piena dignità di persona. Ma appena egli diventò una memoria, il suo insegnamento venne integrato sostanzialmente dentro le rigide esigenze della cultura del mondo grecoromano, modificata quel tanto che le ha consentito di dirsi cultura cristiana. Francesco d’Assisi non era Gesù, anche nel senso che era molto più integrato del Maestro nella cultura del suo tempo. E come potremmo meravigliarcene? Tuttavia il suo ritorno al vangelo “sine glossa” cioè senza le aggiunte interpretative fatte da mano maschile, non poteva non coinvolgere in radice il suo modo di pensare e di trattare la donna. Solo che egli dovette inventare la sua nuova forma vitae all’interno di un’istituzione la cui dottrina sulla donna rientrava nel capitolo del “contemptus mundi” e dentro un quadro sociale dove, ad esempio, era del tutto inconcepibile che le donne potessero far propria la vita dei Minori, dediti al lavoro manuale, alla convivenza senza nessuna garanzia di privatezza, alla mobilità senza fissa dimora. Donne del genere erano pensabili, ma solo come prostitute.

La cultura ha una sua coesione sistemica, nel senso che i suoi elementi giuridici, economici, etici e religiosi si condizionano a vicenda, in modo che, se uno di essi muta, il sistema reagisce per reintegrarlo o per espellerlo. Non si muta il rapporto con la donna lasciando intatti gli altri elementi del sistema culturale. A Francesco è avvenuto, in certa misura, quel che avvenne a Gesù. La memoria che abbiamo di lui è quasi per intero quella che ci hanno tramandato i suoi discepoli. E i suoi discepoli, pur nel proposito di rispettare la verità delle cose, l’hanno narrata in modo conforme alla cultura del tempo anche perchè si proponevano scopi di edificazione e di consolidamento della disciplina conventuale. Solo che non hanno potuto sopprimere dalla vita affettiva di Francesco donne come Chiara e come Giacomina dei Settesoli. E quello che ci hanno raccontato ci basta per avanzare fondatamente la congettura che quando, dopo la conversione, Francesco lasciò il mondo, non lasciò, come forse si proponeva, la donna. La ritrovò; e non soltanto, com’era presumibile, dentro la sfera delle sue rigidissime battaglie ascetiche, cioè come insidia, ma al di sopra, a quel livello dove i suoi occhi contemplavano la luce dell’ “Altissimo onnipotente bon Signore”, che ha fatto buone tutte le cose – anche le donne, dunque – e dove le creature sono tra loro in un rapporto di amore in cui non entra la dinamica necessitante della biologia né l’impulso aggressivo della libidine, in cui, insomma, anche senza nulla concedere alla bipolarità genitale, l’uomo e la donna si integrano in vista di quella totalità umana a cui allude misteriosamente la Bibbia quando dice che Dio creò l’uomo, “e lo creò maschio e femmina”. Ma l’occhio di Dio, lo si dovrebbe sapere, non è maschile come lo era quello di Innocenzo III, che amava chiamarsi suo vicario.

(da “Francesco d’Assisi”, Edizioni Cultura della pace, 1989)

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